Veglia di Pentecoste

Veglia di Pentecoste

 


“Tutti erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui”(Atti 1, 14). Così i discepoli vissero durante i cinquanta giorni dopo la Pasqua. Gesù aveva detto loro: “voi restate in città finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”(Luca 24, 49). Ed essi, ogni giorno si raccoglievano nella “sala al piano superiore, grande, con divani e cuscini” (Luca 22, 12). Anche noi, care sorelle cari fratelli, ci siamo radunati questa sera nella nostra “sala bella, al piano superiore”. Sì questa nostra cattedrale, dedicata alla Madre del Signore, ci raccoglie tutti assieme nella preghiera perché, con Maria, ci prepariamo a celebrare la Pentecoste. Siamo in tanti e veniamo da varie parti della nostra diocesi; ciascuno di noi ha una sua storia, una sua tradizione, un suo carattere, una sua esperienza e, forse, come i discepoli di allora, anche noi pur avendo incontrato Gesù risorto, siamo più o meno come nei giorni della passione, poveri uomini impauriti e decisamente limitati. Continuavano a stare assieme ma, considerando di qual pasta erano fatti, cosa potevano aggiungere l’uno accanto all’altro? forse mettere insieme la loro povertà, i loro limiti, il loro peccato, e poco altro.


Ma c’era una cosa preziosa che li faceva stare assieme: l’esperienza della Pasqua.  Forse, tra le parole del maestro che più ricordavano c’erano queste: “Dove sono riuniti due o tre nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 28). Fin dal primo giorno, in effetti, le misero in pratica: perseveravano nello stare insieme in preghiera, assieme alla Madre di Gesù. Al cinquantesimo giorno, mentre si trovavano assieme, esattamente come questa sera, venne all’improvviso un rombo come di vento che si abbatté sulla casa e la riempi tutta. Con il vento apparvero anche “lingue come di fuoco che si dividevano e si posavano su ciascuno”. Vento e fuoco, simboleggiano lo Spirito Santo che scendeva su di loro e prendeva possesso dei loro cuori: da quel momento quegli uomini, spaventati e prigionieri di se stessi, vennero scossi come da un terremoto; uscirono dal chiuso della loro vita, dal luogo abituale della loro riunione,  e furono capaci persino di parlare lingue che non conoscevano: erano le lingue del mondo intero. Fu grande, infatti, lo stupore di coloro che li ascoltavano. Si chiedevano: “Costoro che parlano non sono forse tutti galilei? E allora com’è che li sentiamo parlare la nostra lingua nativa?” (Atti 2, 7-8).


L’autore degli Atti elenca i paesi di origine di coloro che si erano radunati a Gerusalemme. Venivano da ogni parte del mondo allora conosciuto. C’erano tutti; eppure ognuno sentiva annunciare il Vangelo, l’unica Parola, nella propria lingua. E’ esattamente l’opposto di quello che accadde a Babele. A Gerusalemme, in quel giorno, nessuno prevalse su un altro: i tanti popoli presenti, senza rinunciare alla loro cultura e alle loro tradizioni, ascoltarono lo stesso Vangelo, sebbene ciascuno nella propria lingua. La Gerusalemme della comunione iniziava a cancellare la Babele della confusione orgogliosa. Non a caso, perciò, l’evento della Pentecoste sta all’origine della Chiesa, anzi dà inizio alla Chiesa e ne specifica la vocazione: ogni comunità cristiana, deve essere tutti i giorni una Pentecoste. E’ lo Spirito, infatti, che aiuta i discepoli ad uscire da se stessi e a renderli testimoni sino ai confini della terra e capaci di annunciare lo stesso Vangelo in lingue e culture diverse. La comunione non annulla la diversità. Oggi, in un mondo (anche quello che più esplicitamente si richiama alla tradizione cristiana) che somiglia molto più a Babele che a Gerusalemme, è sempre più urgente che si realizzi il miracolo della Pentecoste.


E’ urgente che avvenga una Pentecoste tra le nazioni. Troppo spesso, l’affermazione di se stessi a qualsiasi costo porta a quella confusione che conosce solo la lingua delle armi. E’ necessario che la Pentecoste si realizzi a ogni livello di convivenza umana, da quelle più piccole alle più grandi. Non basta il terremoto che ha fatto crollare i muri delle ideologie che si dividevano il mondo; c’è bisogno di un altro terremoto spirituale, che passi dentro il cuore dei singoli individui, di ognuno di noi, che sconfigga i particolarismi ciechi e violenti. Allo spirito dell’individualismo deve subentrare lo Spirito di comunione. In tal senso la Pentecoste non è, non può essere relegata ad solo un giorno; deve estendersi per tutto l’anno. L’esperienza dello Spirito e dell’amore di Dio apre i cuori, fa scavalcare i confini angusti e trasfigura la Babele che è in noi in una nuova Gerusalemme.