Veglia di Pasqua
Veglia di Pasqua
Questa santa celebrazione è iniziata alle porte della cattedrale, quasi a voler imitare le donne di cui parla il Vangelo. Esse di buon mattino, quand’era ancora buio, andarono verso il sepolcro di Gesù. Fu l’affetto che le legava a quel maestro a spingerle verso quella tomba. Era ormai passato un intero giorno da quando lo avevano sepolto, e volevano compiere un ultimo gesto di tenerezza e di affetto. Il loro cuore era profondamente triste e il loro animo ormai rassegnato; una pietra pesante, pesante come la morte, stava lì, con la sua freddezza e la sua mole, a separarle per sempre da quel maestro, da quell’amico che le aveva capite e le aveva salvate da una vita senza senso.
Nessuna di loro lo aveva tradito e abbandonato come avevano invece fatto i discepoli, ma anch’esse erano convinte che ormai non c’era più nulla da fare. La splendida avventura con Gesù era definitivamente chiusa. E cosa poteva significare la tristezza di quel gruppetto di uomini e donne rimasti più o meno fedeli, di fronte al sollievo che la morte di Gesù aveva portato alla grande maggioranza degli abitanti di Gerusalemme? Tutto era finito. Per quelle donne restava solo un problema: come togliere la pietra pesante che chiudeva il sepolcro. Non sapevano che Gesù, come era vissuto da vivo così si comportava anche da morto. Potremmo dire che neppure da morto pensò a se stesso. La tradizione della Chiesa vuole che nel giorno del Sabato Santo Gesù sia sceso agli inferi. Si! E’ sceso a chiamare e a liberare tutti coloro che lo avevano preceduto in questo mondo, da Adamo sino al Battista, per condurli tutti assieme a lui nel suo regno. Anche a loro disse: “Oggi, sarete con me in paradiso”. Ma Gesù continua a scendere anche negli inferni di questo mondo, nei luoghi dimenticati, là dove la vita è come sotto terra, là dove gli uomini e le donne sono schiacciati dal male, dall’ingiustizia, dalla guerra, dall’oblio, dalla dimenticanza, dalla crudeltà, dalla morte violenta, ingiusta.
Queste donne – una assoluta minoranza, allora come oggi – ci stanno davanti questa notte e ci conducono accanto al sepolcro di Cristo e ai sepolcri dei tanti “poveri cristi” di oggi, sui quali il male continua ad accanirsi. E’ la loro compassione – non la presunta giustizia o la cosiddetta saggezza degli uomini – che ci fa guardare con occhi nuovi gli oppressi di questo mondo; sono esse a farci spendere tempo e denaro (non ci dice il Vangelo che andarono a comprare gli aromi?) per alleviare le ferite dei deboli, dei poveri, dei dimenticati; sono esse a farci uscire da noi stessi, persino dai nostri dolori, per incamminarci verso chiunque ha bisogno di aiuto.
La risurrezione parte di qui, da una tomba, dalle tante tombe degli uomini, dai tanti luoghi di dolore e di afflizione. Se non sentiamo la preoccupazione – la stessa di quelle donne – di recarci verso questi luoghi di dolore; se non entriamo dentro le ferite che il male procura agli uomini, non potremo comprendere cos’è la resurrezione, e neppure capire l’annuncio di questa notte. Quelle donne, come accade per noi, vedono due angeli apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. A loro, impaurite, essi dicono: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato”. E’ un annuncio breve, semplice, eppure sconvolge letteralmente la terra (nei Vangeli si parla di un terremoto). La storia di Gesù non è finita con la sua morte, come avviene in ogni storia umana. E la morte in croce, avvenuta non con un attentato ma con un preciso itinerario legale, voleva allontanare definitivamente anche il solo ricordo di Gesù. Ma quelle donne videro che la sua tomba era spalancata. Il Signore Iddio aveva sollevato dalla morte il suo Figlio sottraendo il suo corpo alla corruzione. Questa è la Pasqua! E’ il passaggio di Gesù dal buio della morte alla luce della vita. Un passaggio difficile ove Gesù e il “male” si sono affrontati in un estremo duello: ha vinto l’amore di Dio. Da questa notte il bene può vincere il male. Il progetto violento del principe del male, che trova spesso negli uomini solerti alleati, è stato sconfitto; l’amore ha vinto l’odio, il bene ha sconfitto il male, la compassione ha superato la cattiveria, la tenerezza l’ingiustizia, la disponibilità l’orgoglio, l’amicizia l’insensibilità.
In un mondo in cui la compassione è sempre più rara e l’affermazione violenta dell’ io diviene legge inesorabile, l’annuncio della Pasqua è davvero un annuncio benedetto. E benedetti sono quelli che lo accolgono e con fretta lo spargono, come seme buono, nelle vie del mondo. Quelle donne non si fermarono al sepolcro; andarono subito ad annunziare agli Undici e agli altri quello che avevano visto e udito. Il Vangelo di Pasqua mette fretta, fa correre, fa cambiare il passo, fa superare barriere, fa vincere ogni paura. Questo nostro povero mondo, violento e violentato, ha urgente bisogno di compassione, di amore, di solidarietà, di risurrezione; ha bisogno che quel piccolo gruppo di donne riprenda a correre in fretta per annunciare a tutti che il crocifisso è risorto, che l’amore sconfigge ogni male, anche la morte. Care sorelle e cari fratelli vorrei che la nostra diocesi – lo scorso anno paragonavo le tre cattedrali di Terni, Narni e Amelia, alle tre donne – vorrei che tutta la nostra diocesi avesse oggi la gioia di quelle tre donne: sentiremmo anche noi la fretta di comunicarla a tutti. Questo pulpito che simboleggia la tomba vuota stia in questa cattedrale a ricordarcelo. C’è al centro l’angelo bianco di cui parlano i Vangeli. Egli sta seduto sulla pietra pesante divenuta ora pulpito del Vangelo della risurrezione. Da un lato sono rappresentate le tre donne e dall’altro Pietro e Giovanni che, accorsi, guardano dentro il sepolcro vuoto. Accostiamoci alle donne e ai due discepoli, facciamo loro corona, e assieme a loro gioiamo e a tutti diciamo: “Cristo è risorto, non muore più, Alleluia, Alleluia, Alleluia!”