Superare la paura con le armi della fede

Superare la paura con le armi della fede

L’atteggiamento dei cristiani di fronte a guerra e terrorismo

Superare la paura con le armi della fede

 


E’ stata una Pasqua “blindata”. E non mancano i motivi: il panorama del mondo è fosco e preoccupante. Molti sono presi da un angoscioso senso di insicurezza e di paura. Noi cristiani cosa possiamo fare? Come vivere in un tempo di paura? Ci sentiamo irrilevanti e impotenti. Alla paura si aggiunge il pessimismo. Ma ambedue spingono a rinchiudersi, a estraniarsi da un mondo troppo complesso e pericoloso. Sembra tramontato per sempre il sogno di un universo senza violenza e senza guerra. Pessimismo, impotenza, ripiegamento, impegno a occuparsi solo degli affari propri hanno inesorabilmente eroso il sogno di un mondo pacificato. All’individualismo dei comportamenti personali corrisponde il ripiegamento delle istituzioni. Ed è facile che anche le stesse comunità cristiane si lascino prendere da un’eccessiva autoreferenzialità, e quindi da un clima asettico di fronte alle tragedie del mondo. Intanto, si parla sempre più della necessità, o comunque dell’inevitabilità,della guerra, deducendole dalla forza cogente della ragione (così qualcuno scrive). Ma in una realtà come questa non c’è spazio ne per il dialogo, ne per il confronto, ne per la pietà e neppure perla pace. E lo chiamiamo realismo. Ma è venuta la Pasqua. Le prime parole del Risorto ai discepoli impauriti,”blindati” nel cenacolo, furono: «Non abbiate paura». Parole che vengono da Gesù, non da noi. Per questo il problema della fede diventa decisivo in un mondo difficile, in cui la paura sembra bloccare ogni speranza. Non dobbiamo dimenticare le parole di Gesù ai discepoli: «Abbiate fede in Dio! Chi dicesse a questo monte: Levati e gettati in mare,senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato» (Me 11,22). La fede dei credenti può spostare le montagne. Eppure, spesso i cristiani restano ai piedi delle montagne, come intimiditi: si rinuncia così a lottare per la pace, anche di fronte alle montagne di odio e di armamenti; si rinuncia a guardare oltre le montagne massicce che sembrano chiudere l’orizzonte a ogni sguardo di speranza. Tutti abbiamo paura. Ma un richiamo generico al coraggio non fa superare la cultura della paura. È necessario ripartire dalla fede, che porta al di là delle frontiere dei divieti, dei timori, delle intimidazioni. La fede fa sperare l’impossibile, e spinge a sognare quel mondo di pace che il Risorto ha già inaugurato.La fede rende forti i credenti di fronte a ogni male, anche alla guerra. Dietrich Bonhoeffer, un pastore protestante martirizzato dai nazisti, scriveva alcuni decenni fa: «Cristo fa l’uomo non soltanto buono, ma forte. Questa forza non è l’arroganza, non è l’aggressività, non è la prepotenza, non sono i giudizi, non è la forza gridata delle campagne elettorali, delle guerre, di chi fa carriera, di chi guadagna molto, di chi si impone o di chi si umilia, ma è la forza dell’amore. Più forte della morte, dell’odio, delle malattie, della povertà, delle dittature, del potere è l’amore». n cuore di un Vangelo che porta la pace sta proprio nella fede dei discepoli su Gesù che ha vinto il male e la morte. La risurrezione annuncia che Dio non si è rassegnato alla morte, e neppure alla violenza, alla guerra, al terrorismo; che non si è rassegnato a un mondo senza pace, senza misericordia e senza pietà. La Pasqua appena passata chiede ai credenti di lasciarsi coinvolgere dalla forza della risurrezione già operante nella creazione, il Vangelo conosce bene la violenza e il male, ma non è rassegnato. È anche questo il senso delle ferite presenti nel corpo di Gesù risorto. n Corpo di Cristo è ancora ferito: e sono le ferite del mondo intero, quelle delle vittime della guerra in Irak, quelle del genocidio ruandese di dieci anni fa,dei tanti conflitti dimenticati, dei malati di Aids, dei bambini sfruttati, della piccola Maria di Città di Castello uccisa e del piccolo Jacopo di Modena abbandonato. .. e così oltre. Cristo risorto è ancora ferito. E a noi,irretiti dalla paura, Gesù continua a dirci come a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato, e non essere più incredulo ma credente» (Cv20,27). La Pasqua chiede anche a noi di superare la paura, sporcandoci le mani con le ferite del mondo.



Famiglia Cristiana n. 17 del 23 aprile 2004