La giornata del creato

La giornata del creato

 La Carta Ecumenica, dei dodici capitoli di cui è composta, dedica il nono alla “salvaguardia della creazione”. Credo che sia sempre più evidente la centralità della questione, anche perché mette in causa la concezione stessa della vita, del modo di organizzare l’esistenza  sia personale che associata. I cristiani sono implicati in prima persona in questa frontiera. Ed è stato opportuno e lungimirante che le Chiese cristiane, nella Carta Ecumenica, abbiano trovato un significativo accordo per promuovere tutte quelle iniziative tese alla salvaguardia del creato. In tale contesto la nostra Commissione aveva previsto per il mese di Novembre una giornata ecumenica in accordo con il metropolita Zervos e il prof. Giampiccoli. Abbiamo però pensato, anche per ipotizzare un’eventuale stabilità della data, di rinviarla in all’inizio dell’anno prossimo.

 Un impegno comune


Siamo ben coscienti che le nostre comunità debbono crescere nella coscienza di questa nuova dimensione della vita del pianeta. Dalla consapevolezza dei problemi che la questione ecologica comporta può nascere anche una opportuna e adeguata reazione. Già da alcuni anni, in verità, si discute attorno a questo tema. Sui “limiti dello sviluppo” ne aveva già parlato, nel lontano 1972, il Club di Roma: gli scienziati affermavano che lo sfruttamento della natura mediante la produzione tecnica non poteva essere portato avanti all’infinito. Sono passati esattamente trenta anni e siamo più o meno tutti concordi nel dire che la distruzione dell’ambiente, ad opera appunto del sistema economico mondiale, rappresenta un serio rischio per la sopravvivenza stessa dell’umanità. Le cifre relative alla “crisi ecologica” sono eloquenti per documentare la drammaticità della situazione. Senza addentrarci nella tragica sequenza delle statistiche e delle previsioni, basti solo dire che se il numero delle automobili circolanti sul pianeta fosse lo stesso di quello esistente in America e in Germania, con le relative emissioni di gas nell’atmosfera, l’intera umanità sarebbe già morta per asfissia. E’ solo un piccolo esempio e già da esso si dovrebbero ricavare non poche indicazioni. Tale situazione porterebbe a dire che non è possibile estendere su scala mondiale il livello di vita che vige in Occidente. Per di più tale benessere può essere garantito solo a spese delle popolazioni del Terzo Mondo, le quali sarebbero costrette a restare sempre in basso, anzi a scender ancora.


Si comprende la verità dell’affermazione di Indira Gandhi che, di fronte all’inarrestabile allargamento della disparità tra paesi ricchi e paesi poveri, affermava: “la povertà è il peggiore inquinamento” (Poverty is the worst pollution). A tale affermazione si potrebbe aggiungere che il più grave di tutti gli inquinamenti è la corruzione che genera la povertà. Si aprirebbe a questo punto un lungo e delicatissimo capitolo sul rapporto tra l’ecologia e la scelta prioritaria dei poveri da parte dei governi e delle istituzioni internazionali. Certo è che il destino dei poveri e la sorte stessa del pianeta sono ormai strettamente collegati. E’ anche per la loro liberazione che dobbiamo interrompere il circolo vizioso che porta alla distruzione della natura. In ogni caso, la via per uscire da questo circolo diabolico non è il ritorno al passato, peraltro impossibile, e neppure un illusorio blocco della scienza e dello sviluppo. Si debbono, invece, individuare strade nuove e coraggiose per un corretto rapporto con la natura. Tutti, laici e credenti, debbono riproporre i valori religiosi e umanistici che fanno parte del secolare patrimonio culturale comune.


Hans Jonas, filosofo tedesco che tra i primi si è posto il problema ecologico nei lontani anni ‘70, faceva notare già allora la necessità di un’etica che sostenesse la civiltà tecnologica. Ma forse non basta. Il problema è di tali proporzioni che va chiamata in causa anche una nuova ascesi, un nuovo stile di vita e, a mio avviso, una più cosciente dimensione religiosa. Jonas faceva riferimento a ciò che significò l’inizio del cristianesimo per la società dell’epoca: “All’inizio del Cristianesimo vi furono uomini che sotto l’influsso di una potente religione ultraterrena fecero di tutto per l’ascesi. Per amore della vita terrena ciò non è mai stato fatto. C’è solo in particolari momenti, quando un popolo è in pericolo e i giovani fremono per difendere la patria. Non so se è possibile ottenere senza religione trascendente un’ascesi nella massa, laddove il pericolo non è così chiaro come su una nave che affonda, ma si estende per decenni e attraverso i continenti”. A parere di Jonas nulla è possibile senza una profonda rivoluzione delle coscienze.


Da parte sua, Giovanni Paolo II non ha timore nel dire che “alla radice della distruzione dell’ambiente naturale c’è un errore antropologico, purtroppo diffuso nel nostro tempo” (Centesimus annus, 37). L’uomo pensa di poter disporre arbitrariamente della terra, assoggettandola senza riserve alla sua volontà, come se essa non avesse una sua propria forma e una destinazione anteriore datale da Dio, che l’uomo può, sì, sviluppare, ma non tradire. Fin dalle prime pagine della Bibbia l’uomo è chiamato a dominare la terra. “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente” (Genesi 1, 28), disse Dio ai progenitori. E’ chiaro l’invito ad esercitare autorità e dominio sul creato. E il libro della Sapienza ricorda: “Dio dei Padri e Signore di misericordia…con la tua sapienza hai formato l’uomo, perché domini sulle creature che tu hai fatto, e governi il mondo con santità e giustizia” (9, 1.2-3). Ma tale dominio non è senza regole, deve anzi essere fatto “con santità e giustizia”. Ci sono scienziati, ed anche teologi, che mettono in guardia da un senso di “dominio” totale che l’uomo occidentale avrebbe tratto dalla tradizione ebraico-cristiana per essere, appunto, padrone assoluto della natura. Moltman, ad esempio, per correggere questa concezione invita a concepire l’uomo in maniera più integrata alla natura: un uomo che sia parte del creato; giunge ad individuare una sorta di “spiritualità cosmica”. E’ senza dubbio una interessante linea di pensiero che potrebbe portare anche a visitare gli spazi della mistica. In ogni caso, è auspicabile approfondire la prospettiva aperta dalla teologia della creazione e del patto che Dio ha stabilito tra l’uomo e la natura.


 Una nuova coscienza


 


Senza addentrarmi in questo campo tutti constatiamo però che oggi il potere dell’uomo sulla natura è enorme e può giungere sino alla distruzione stessa del creato. In tale orizzonte, le chiese cristiane sono chiamate ad approfondire e allargare la riflessione per promuovere nelle coscienze un modo nuovo di rapportarsi all’ambiente. Siamo ancora ai primi passi. E si deve al Patriarca Ecumenico, Bartolomeo I, assieme alle Chiese ortodosse, la scelta di celebrare il primo settembre, inizio dell’anno liturgico, la giornata di riflessione per la salvaguardia del creato. Non mancano teologi che hanno iniziato a tracciare alcune prospettive per una teologia dell’ambiente.


Tutto ciò favorisce ovviamente la crescita di una nuova coscienza di fronte alla bellezza del creato che fa sentire ancor più fortemente lo scandalo e lo sdegno per la manipolazione arbitraria della creazione. E’ urgente pertanto stimolare e sostenere una “conversione ecologica” perché la signoria dell’uomo sulla natura non sia più “assoluta” e torni ad essere il “riflesso reale dell’unica e infinita signoria di Dio”. Questo significa che è necessario allargare l’orizzonte da una ecologia solo “fisica” ad un’ecologia anche “umana”, come più volte Giovanni Paolo II afferma. Mentre si stigmatizza la distruzione dell’ambiente naturale è necessario opporsi anche alla distruzione, ancor più grave, dell’ambiente umano, cui peraltro si è lontani dal prestare la necessaria attenzione. Sappiamo bene che non è possibile separare l’attenzione all’ambiente senza tener presente anche quello antropologico e sociale. Una nuova e corretta coscienza circa i problemi ecologici richiede l’allargamento verso una coscienza universale. E’ sempre più necessario mettere al centro delle preoccupazioni non più solo la “sicurezza nazionale” ma anche la “sicurezza naturale”. Questo porta a dire che va garantito uno sviluppo sostenibile (sustaineble devellopment) nel Terzo Mondo e una politica di sicurezza naturale (environmental security) nel Primo Mondo.


Scrivevano i vescovi cattolici tedeschi: “Sempre più si vede che la crisi dell’ambiente nasconde in sé una profonda dimensione religiosa: le molteplici sfide mettono in discussione idee di vita e scopi primari della società. Questo porta ad una nuova ricerca di risposte alla domanda su cosa renda la vita degna di essere vissuta, sensata e capace di futuro. Nella sua dimensione esistenziale la problematica legata all’ambiente risveglia in modo particolare il desiderio di un creato riconciliato al di là di tutte le promesse del progresso e ha portato ad un nuovo interesse per le domande sul senso ed il futuro (Commissione per le questioni sociali e della società, Agire per il futuro del creato, 22 ottobre 1998).


 La giornata del creato: l’acqua


 Tra i problemi più drammatici, nel contesto ambientale, sta emergendo sempre più quella dell’acqua. Anche qui, non mi dilungo. E’ certo però che si tratta di un problema ignorato dai più. E’ invece drammatico. Pochi sanno, ad esempio, che proprio la questione dell’acqua sta all’origine del conflitto isarelo-palestinese. E, ancora una volta c’è una sorta di emblematicità. In questo conflitto si nasconde il grande dramma del futuro del pianeta. Qualche anno fa, Ismail Serageldin, vice presidente della banca Mondiale, affermava che le guerre nel XXI secolo saranno guerre per l’acqua. Si riferiva al fatto che le fonti di acqua stanno calando pericolosissimamente. In meno di trenta anni l’acqua è diminuita del 40 per cento. E gli scienziati ci avvertono che, intorno al 2020, quando ad abitare la terra saremo circa 8 milioni, il numero di coloro che non potranno accedere all’acqua potabile sarà di 3 miliardi. Ovviamente, gli stati più forti stanno già sfruttando la situazione per trasformare questa risorsa in bene commerciabile. Ma l’assenza di acqua creerà squilibri ben più forti e traumatici che il petrolio. Vandania Shiva, economista e scrittrice indiana, titola uno dei capitoli del suo ultimo libro “Le guerre dell’acqua” “Ecologia della pace”.


In tale contesto si inserisce la celebrazione della giornata per l’acqua che si terrà a Terni nell’aprile prossimo. E’ una iniziativa che vuole aiutare una crescita di coscienza di questo tema nelle nostre comunità ecclesiali. E’ da tener presente che in alcune regioni italiane il problema dell’acqua è già da ora non poco drammatico. Mi pare particolarmente riuscita la giornata di ringraziamento promossa dall’arcivescovo Naro a Monreale sulla difesa dell’ambiente e sull’acqua come dono, non merce. Credo, peraltro, che l’approccio ecumenico a tale problema sia più che opportuno. E’, senza dubbio, tra quei campi in cui l’unità è particolarmente chiara e profonda. Se solo potessimo dare un cenno al tema dell’acqua nella prospettiva biblica – ma non è ora il momento – comprenderemmo la ricchezza del patrimonio spirituale e culturale del cristianesimo su questo argomento. Tale convinzione dovrebbe spingere ancor più le nostre comunità cristiane ad assumersi le proprie responsabilità in materia. Debbono essere coinvolte ovviamente le nostre diocesi, le altre confessioni cristiane, ma anche i credenti di altre religioni ed i laici. E’ un tema centrale per la sopravvivenza stessa del pianeta. Vi manderemo ulteriori notizie sia per notificarci lo svolgimento della giornata sia per eventuali sussidi per gli approfondimenti.


Vorrei chiudere con le parole con cui lo starets Zosimo esortava i suoi discepoli all’amore per tutta la creazione: “Miei fratelli, non temete il peccato, amate l’uomo anche nel peccato, c’è in lui l’immagine dell’amore divino. Amate tutta la creazione insieme e in tutti i suoi elementi, ogni foglia, ogni solco, gli animali e le piante. Amando ogni cosa, voi comprenderete il mistero di Dio nelle cose. E avendolo compreso ne trarrete vantaggio ogni giorno. E finirete per amare il mondo intero di un amore universale”.


 “L’acqua è fonte di tutte le forme di vita” (Il Corano)

Il Gange è un ponte sacro verso il divino (per questo si buttano nel fiume le ceneri dei defunti)… ha 108 nomi sacri.

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