Santa Firmina 2005

Santa Firmina 2005


Era il 24 novembre del 304 quando la giovane Firmina fu martirizzata dal Prefetto romano di Amelia, Magenzio. Dopo numerosi tormenti, appesa con i capelli alla colonna (la tradizione vuole che sia quella posta all’ingresso del Duomo), mentre veniva torturata con le fiamme, Firmina morì pregando il Signore per sé e per i suoi persecutori. Molti vedendola morire in quel modo si convertirono al Vangelo. Nessuno l’aiutava, ma il Signore non l’abbandonò, come abbiamo ascoltato dal libro dei Proverbi: Mi assalivano ovunque ma nessuno mi aiutava…allora mi ricordai delle tue misericordie Signore”. Sono passati 17 secoli da allora e anche noi ci riuniamo attorno a lei perché è un esempio di come amare il Signore, anche in mezzo ai sacrifici, ai problemi, alle difficoltà della vita.

Santa Firmina è un esempio bello. Noi, spesso così tiepidi verso il Signore dobbiamo ricordarci di lei. A noi basta poco per dimenticarci di Gesù; lei, invece, neppure le fiamme riuscirono ad allontanarla da Lui! Noi facilmente ci allontaniamo da Gesù: senza problemi tralasciamo la preghiera; una piccola difficoltà ci fa saltare la Messa; siamo tutti preoccupati solo per le nostre cose; facciamo poca carità; siamo pronti a dire maldicenze e a offendere. Santa Firmina, anche in mezzo ai tormenti, non ha smesso di pregare e di voler bene. Guardiamola, perciò, questa nostra santa patrona. Fissiamo lo sguardo su di lei. La sua testimonianza di amore è preziosissima in questo tempo in cui l’amore è raro. È difficile amare Gesù e quindi è difficile amare gli altri. Guardiamo Santa Firmina e imitiamola. Facciamo certo molto bene a gloriarcene. Ma a che serve se non riscopriamo l’amore che lei aveva per Gesù? In questo tempo, rattristato dalla violenza, abbiamo bisogno di ritrovare l’amore. E Firmina ci aiuta. Lasciamoci toccare il cuore dal Vangelo come lei fece. Pensate che Olimpiade vide come amava Gesù, anche in mezzo alle sofferenze, e ne fu colpito. Si convertì all’amore e divenne persino martire. E tanti altri, vedendo il suo coraggio e il suo amore, si avvicinarono a Gesù.
Firmina era una giovane romana, forse figlia del Prefetto di Roma. Lasciò la città per ritirarsi qui ad Amelia. Con una nave partì da Ostia per dirigersi verso Civitavecchia. Durante la traversata si levò una terribile tempesta che stava per travolgere la nave. Firmina pregò il Signore e la tempesta cessò. Firmina, giunta a Civitavecchia, si diresse ad Amelia, ove si ritirò nella sua villa. Si scatenò presto la persecuzione di Diocleziano contro i cristiani. Il prefetto della città, Olimpiade, la fece catturare; ma, appena la vide, se ne invaghì e cercò di sedurla. Firmina non solo resistette, arrivò persino a convertirlo. Vedete? Una giovane ha fatto cambiare vita ad un altro giovane! E’ questa la via del Vangelo: ciascuno deve parlare ad un altro del Vangelo, ciascuno deve aiutare l’altro a scoprire Gesù. E Olimpiade fu a tal punto convinto che subì il martirio prima della stessa Firmina. Il nuovo prefetto di Amelia, Magenzio, voleva far tornare indietro Olimpiade, ma non ci riuscì. E lo fece uccidere. Firmina, quando gli fu detto che anche lei avrebbe fatto quella stessa fine, se non avesse abiurato, rispose che Olimpiade aveva obbedito al Vangelo: egli, prefetto della città, aveva in verità trovato il vero tesoro, aveva venduto tutto per acquistarlo. E il tesoro era il Vangelo.

Care sorelle e cari fratelli, anche noi abbiamo ricevuto questo tesoro. Ma forse lo consideriamo poco. Guardiamo Firmina e Olimpiade. Essi sono davanti a noi per esortarci ancora una volta a riscoprire il Vangelo. Quel piccolo libro fu la loro forza. Il Vangelo, infatti, rende gli uomini non solo buoni ma anche forti, forti nell’amore e nella misericordia. Sì, chi ascolta il Vangelo è capace di amare davvero. E l’amore è più forte della morte. È questo il senso della frase evangelica che dice “chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita la conserverà per la vita eterna”. Sembrano parole incomprensibili, ma se le consideriamo bene ci accorgiamo che sono invece molto umane. Il Vangelo dicendo amare la propria vita intende dire che pensa solo a sé, chi si preoccupa solo per sé alla fine si perde, non è felice affatto. Mentre la felicità è spendere la propria vita per amare, per voler bene, per aiutare, per rendere felici gli altri. Firmina e Olimpiade, scegliendo il Vangelo hanno dato la loro vita per aiutare gli altri. Pensate continuano ad aiutare anche noi. E quanta gente hanno aiutato in questi 17 secoli!

Quando, alla fine del IX secolo, il vescovo di Amelia, Pasquale, ritrovò i loro corpi e li portò nella città di Amelia per accoglierli nella cattedrale, al loro ingresso si raccolse una grande folla. Si racconta: “Quando i corpi di Firmina e Olimpiade furono vicini alla città, una grande folla formata da uomini, donne, bambini, persone sane e inferme con fiori e palme andò incontro al sacro corteo, lodando, benedicendo e glorificando il Signore che aveva concesso una grazia tanto grande alla città di Amelia”. E continua il racconto: “Persone possedute dal demonio si calmarono; i lebbrosi guarirono; i ciechi videro; i muti parlarono; i paralitici camminarono. Tutti i malati, i deboli e gli sfiduciati che erano venuti in Amelia ritornarono nelle loro abitazioni guariti ed esauditi. Una gioia immensa era negli animi di tutti”. Care sorelle e cari fratelli, quel che accadde in quel lontano giorno attorno ai corpi di Firmina e Olimpiade può continuare anche oggi se imitiamo il loro amore per Gesù e per tutti.
Abbiamo terminato di celebrare il centenario della loro morte. Vorrei che nell’anno che viene continuassero i frutti dell’amore. Vi consegnerò gli Atti degli Apostoli perché ci accompagnino nei giorni che verranno. Vorrei che in questo anno crescesse in noi l’amore per Gesù presente nell’Eucarestia, nella Sua Parola e nei più poveri. Se parteciperemo alla Messa della Domenica, se ogni girono ci ricordiamo di leggere un piccolo brano degli Atti, se allarghiamo il nostro cuore ai poveri, ai malati e a chiunque ha bisogno di un aiuto e di una parola di conforto, sentiremo tutti un “gioia immensa” come la sentirono quei nostri padri che si avvicinarono a Firmina e Olimpiade.