Santa Fermina
Quest’anno la festa di Santa Firmina coincide con la chiusura dell’anno liturgico. Il Vangelo ci presenta Gesù alla fine della storia, come re dell’universo, nel momento del giudizio universale. La scena è grandiosa. Gesù, sul trono regale, è “accompagnato da tutti i suoi angeli”. E davanti a lui sono convocate “tutte le genti”. Sì, tutti, cristiani e non cristiani, credenti e non credenti, appartenenti a questa e a quella razza, vissuti prima e dopo Cristo. Tutti i popoli sono lì, senza distinzione alcuna. Davanti a Dio infatti non ci sono e distinzioni. L’apostolo Pietro lo dice chiaramente in una delle sue prime prediche: “Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto” (At 10, 34). Sarebbe importante, care sorelle e cari fratelli, che noi tutti ricordassimo sempre queste parole e guardassimo pertanto gli uomini con gli occhi di Dio, non con i nostri spesso guidati dai limiti induriti della nazionalità, dei confini, delle culture di appartenenza. Un po’ più di universalità nel cuore renderebbe tutti più giusti e più tolleranti.
Ma almeno alla fine dei tempi, quando tutti staremo davanti a Dio, vedremo con i suoi occhi. Non saranno più importanti le tante e a volte drammatiche divisioni createsi sulla terra: tutti saremo uguali davanti al Signore. Una sola distinzione apparirà, e verrà manifestata da Dio stesso. In verità, questa divisione c’era già, anche se noi non la vedevamo, tanto era deconsiderata. Il Giudice, scrive Matteo, divide gli uni dagli altri, come il pastore divide le pecore dai capri. E metterà gli uni a destra e gli altri a sinistra. La divisione non passa tra un popolo e l’altro, tra una cultura e l’altra, tra un’appartenenza e l’altra; e neppure tra credenti e non credenti. No, la divisione passerà all’interno degli stessi popoli, all’interno delle stesse culture, all’interno delle stesse persone; per cui accade che una parte di noi stessi starà a sinistra e un’altra parte a destra di Gesù. Il criterio della divisione non si basa sulle diversità ideologiche, culturali, e neppure religiose, ma sul rapporto che ognuno ha avuto con i poveri, potremmo dire con i “poveri-cristi”. E di noi si salverà quella parte e quel tempo di vita che ci hanno visti dare da mangiare a chi aveva fame, dare da bere a chi aveva sete, vestire chi era nudo, visitare chi era carcerato. Gesù stesso dice: “Avevo fame e mi hai dato da mangiare, avevo sete e mi hai dato da bere…”.
Ma chi oggi, qui ad Amelia chiede pane? Chi chiede acqua? Chi è malato e chiede di essere visitato? Permettetemi che, in questo giorno di Santa Firmina, la nostra attenzione si rivolga verso i giovani, i coetanei di Santa Firmina. Lei era giovane di età, ma fortissima nell’amore per Gesù e per gli altri. E non morì perché tornava sbandata da una discoteca del sabato sera. No, diede la vita perché gli altri trovassero la felicità. Care sorelle e cari fratelli, la festa di Santa Firmina – fra due anni celebreremo il diciassettesimo centenario – richiama con particolare forza la nostra responsabilità nei confronti dei giovani. E’ vero; si potrebbe dire che qui ad Amelia non ci sono gravissimi problemi nel versante giovanile. Non è accaduto tra noi quel che è avvenuto a Novi Ligure, o quel che è accaduto a Brescia ove quel branco di giovani ha ucciso una ragazza, o a Cogne. E neppure è capitato qui quel che in questo mese è successo a Terni, ove due ben due giovani si sono tolti la vita. L’elenco è lungo e tristissimo.
Ad Amelia non siamo a questo punto. Eppure non mancano i problemi sul versante giovanile. Voi tutti sapete quanto sia grave e preoccupante la questione della disoccupazione nel nostro territorio, e sono certo che siamo anche preoccupati per il manifestarsi di cedimenti alla tossicodipendenza. Ma quel che più deve farci pensare, care sorelle e cari fratelli, è forse quel senso di apatia e di disinteresse che vedo crescere ed espandersi tra i nostri giovani. Preoccupa quel senso di vuoto che sembra radicarsi sempre più nella loro vita. E tutti sappiamo bene che nel vuoto cresce ogni sorta di erba amara e velenosa; che nel vuoto ciascuno è come spinto con violenza a pensare solo a se stesso e a vivere in modo esasperato le proprie giornate. Quando si è presi dal senso del vuoto scompare non solo il senso del bene comune, ma anche il valore stesso della vita, il senso dell’esistenza come impegno per gli altri, il senso di responsabilità per la costruzione di un futuro comune. E soprattutto scompare l’amore. Scompare non perché i giovani non ne sentano il bisogno. Tutt’altro. Il problema è che forse non trovano risposta al fortissimo bisogno di affetto, di comprensione, di amore che essi hanno.
Oggi, Santa Firmina viene a chiederci di far rivivere l’amore qui ad Amelia, come lei lo sentiva. A che servirebbe ricordarla, anche come patrona, se non viviamo quel che lei viveva? Tutti dobbiamo interrogarci, e con urgenza, di fronte al presente e al futuro dei nostri giovani. Tutti, genitori, istituzioni pubbliche e private, diocesi, comunità parrocchiali, singoli credenti. Sì, dobbiamo interrogarci noi credenti e chiederci: perché solo 3 giovani su 30 vengono a Messa? Ed anche le istituzioni pubbliche: perché tanti giovani vanno fuori in cerca di luoghi e di momenti di incontro? E poi anche la scuola e la famiglia debbono chiedersi come svolgono l’opera educativa. Vorrei, care sorelle e cari fratelli, che in questo tempo ci sentissimo tutti chiamati ad uno scatto di amore e di passione per i nostri giovani. Non lasciamoli soli. Hanno bisogno di amore, di compagnia.
E voi giovani che state qui in questa celebrazione, prendete esempio da Firmina, giovane forte, libera, piena di passione e di amore per gli altri. Nei giorni prossimi inaugureremo qui il Centro giovanile. Desidero sia per voi un luogo di crescita e di amore. Chiamate tutti a venire, sia un luogo ove ritrovarsi, ma soprattutto un luogo ove crescere nell’amore.