San Valentino 2012 – Celebrazione del pontificale

Omelia di San Valentino

Signor sindaco di Terni, Autorità tutte, carissimi sacerdoti e diaconi, care sorelle e fratelli,

la festa di San Valentino è sempre un’occasione propizia per raccoglierci assieme e invocare anzitutto la benedizione di Dio sull’intera città di Terni. San Valentino ne è come l’angelo mandato da Dio. Terni ne ha bisogno, oggi soprattutto. Ci troviamo infatti di fronte ad un altro passaggio cruciale per il nostro futuro. E dobbiamo affrontarlo senza lasciarci prendere dalla rassegnazione e dal ripiegamento su noi stessi. E’ invece urgente avere più tensione spirituale, più intelligenza, più passione e più generosità. Ma questo richiede che vengano messe in discussione molte delle scelte di questi ultimi anni e affrettarci verso nuovi orizzonti.

Il Vangelo ci parla del buon pastore: egli conosce le pecore, le porta verso un pascolo erboso, le difende dagli attacchi dei lupi e spende la sua vita per esse, per ciascuna di esse, al punto da lasciare le novantanove se deve trovare la centesima smarrita. E’ ciò di cui Terni ha bisogno. E il Vangelo mette in guardia da uno spirito mercenario che porta a pensare a se stessi senza tener conto delle pecore. Il mercenario non esita ad abbandonarle se deve accaparrare per sé. Mi chiedo se non dobbiamo riscoprire nuove passioni; avere nuove visioni; elaborare nuove scelte politiche; mettere in atto più attente e generose prassi amministrative. L’inerzia si avvicina ad uno spirito mercenario. Così pure, ad esempio, se mettiamo in campo idee improvvisate o se riproponiamo progetti già falliti. Deve crescere in noi un amore più robusto per la città.

E’ una scelta sia spirituale, del cuore, che culturale, della mente. Sarebbe irresponsabile restare con gli occhi chiusi di fronte disagio di tanti, soprattutto dei giovani che spesso appaiono come pecore senza pastore. I tempi non sono facili; sono anzi molto difficili. E tuttavia qualche opportunità non manca. Penso, per fare un solo esempio, al polo chimico e alle sue potenzialità. Ma quanta tristezza nel constatare lentezze e mancanza di coordinamento! E il tempo non lavora per noi. E’ urgente non dilazionare. Meglio allora una generosità che straborda che una litigiosità che rallenta. E la nuova situazione delle acciaierie richiede pensosità e solidarietà davvero d’acciaio.

Per questo, cari amici, insisto sulla necessità di avere più generosità e più intelligenza o, se volete, un amore più generoso e attento per la città. Per fare un esempio: non ameremmo certo Terni se attribuissimo solo ad altri – alla crisi finanziaria, alla crisi economica, alle decisioni dei governi e delle grandi imprese multinazionali – la responsabilità per la cruciale situazione in cui versa. Certo, non tutto dipende da noi ma alcuni nostri ritardi pesano non poco. Penso alla difficoltà con cui si prende congedo da un modo vecchio ed ideologico di leggere la storia della città; penso ai ritardi e alle lentezze con cui si reagisce da parte delle amministrazioni pubbliche agli stimoli e alle urgenze poste dal mondo dell’economia e della produzione; penso alla percezione di un sempre più diffuso atteggiamento remissivo, direi quasi di subalternità che pervade molti dei gruppi dirigenti della città. C’è bisogno di più generosità e di più cultura soprattutto da parte dei gruppi dirigenti.

E permettete che fermi un poco l’attenzione proprio su quest’ultimo punto. La questione dei gruppi dirigenti di tutte le sfere sociali della città, infatti, mi pare essenziale se vogliamo assicurare la crescita e la ripresa di Terni. Lo abbiamo già sottolineato in altre occasioni: senza gruppi dirigenti forti, autorevoli, espressione di sfere sociali della città altrettanto forti ed autonome, non si apre lo spazio per una ripresa della città, quello spazio che consente a Terni di mantenere le potenzialità e l’autorevolezza di una città consapevole del proprio passato e aperta alle sfide del futuro. Se per un verso la città è ciò che tutti insieme riusciamo a costruire è anche vero che la funzione dei suoi gruppi dirigenti è essenziale per individuare i traguardi, per dare un senso al raggiungimento di questi traguardi, per rinforzare l’identità della città, per motivare l’impegno di tutti. E’ invece percepibile la sensazione diffusa di una perdita di forza che porta a conservare stancamente uno spirito di subalternità piuttosto che di autonomia, a solidificare un atteggiamento di miope diffidenza nei confronti della logica dell’apertura e della competizione. Non ci si rinnova scegliendo una scontata cooptazione piuttosto che una salutare competizione.

Rispetto al passato recente dobbiamo anche prendere atto di un’ulteriore trasformazione che sembra attraversare la città. Alla tradizionale presenza pervasiva dei gruppi dirigenti della politica – che contrasta comunque con quella visione aperta e poliarchica di città che abbiamo più volte richiamato come propria di una visione cristianamente ispirata – si va affiancando un processo in parte diverso, nel quale la politica perde progressivamente terreno e si rinchiude nella difesa degli interessi degli addetti ai lavori. Sì, la politica si è abbassata troppo, mentre è indispensabile che acquisisca una qualità più alta, pena un indebolimento cronico della città e la fine delle sue possibilità di rinnovamento. Subalternità e chiusura impediscono alla politica di svolgere il proprio servizio alla città, rendono il futuro di Terni sempre più dipendente da decisioni che la città subisce senza contribuire a costruire.

Benedetto XVI ha invocato per i cristiani l’avvento di una nuova generazione di laici impegnati in politica. Dobbiamo chiederlo anche per Terni e non solo per i cristiani. Un cambio generazionale appare sempre più ineludibile. E’ vero che la generazione non è fatta semplicemente dall’anagrafe, o dal tempo esteriore o dalla semplice coincidenza cronologica, quanto da un tempo interiore, da un’appartenenza, da una memoria. Tempo interiore, appartenenza, memoria con cui dunque anche gli uomini e le donne di questa città hanno pensato e continuano a pensare agli interrogativi e alle sfide che attendono il futuro di Terni. Ad uno sguardo attento appare però sempre più evidente come un’intera generazione si stia avvicinando alla conclusione del suo periodo di responsabilità pubblica. I contenuti della sua memoria, i suoi gesti, le sue emozioni sono parte importante della storia della città. Ma possono ancora garantirne il cambiamento? D’altra parte se è vero che non è l’anagrafe a fare la generazione è anche vero che, nel ciclo della vita, ogni generazione “anagrafica” elabora un suo ruolo peculiare, intesse con gli avvenimenti del suo tempo un dialogo del tutto speciale, fatto di elementi ricorrenti e di novità. Gli elementi ricorrenti sono quelli propri del tempo anagrafico, le novità sono quelle proprie del tempo storico.

E’ un insegnamento che anche la Scrittura ci consegna. Basti pensare a Pietro nella sua predica di Pentecoste (At 2,17). Riprendendo il profeta Gioele, l’apostolo evoca una specifica vocazione profetica per le generazioni più giovani, direi quasi un loro ruolo critico. Mentre per le generazioni di mezzo, quelle che hanno in mano le decisioni fondamentali per il destino della città, quelle che hanno il dovere di ideare e realizzare progetti, parla della capacità di costruire visioni, qualcosa cioè che sia in grado motivare il cammino ai più giovani e di fornire un senso all’impegno di tutti. Ecco il compito delle classi dirigenti. Esse sono al servizio della città quando riescono a costruire istituzioni, modi di comportamento, regole, che sono capaci di afferrare il cambiamento e di accompagnarlo. E per far questo abbiamo bisogno dello sguardo del Vangelo, dell’abitudine alla libertà, di attuare relazioni autentiche costruite nella verità e che siano di coesione e non di divisione. Una coesione che nasce dalla maturità, dall’autonomia, dalla capacità di elaborazione che libera da un atteggiamento di subalternità che indebolisce l’ideazione e la realizzazione delle risposte concrete ai problemi della città.

Dobbiamo sollecitare l’impegno per un’alleanza tra tutte le componenti vitali della città per riprogettare il suo futuro. Ben vengano quindi il colloquio, il dialogo, la collaborazione. Ben venga un pensiero strategico e non di breve periodo. Ma questo richiede anche una fase di grande rinnovamento dei suoi gruppi dirigenti. Insisto su questo tema perché se guardiamo le dinamiche con le quali le città affrontano e vincono la sfida contro il ripiegamento e il declino, ci accorgiamo che un posto essenziale spetta ai loro gruppi dirigenti, qualunque sia il contesto esterno, qualunque sia la congiuntura economica nazionale o internazionale. Le città sono il cuore dei grandi processi di cambiamento globale e i loro gruppi dirigenti sono il movimento primario di questi processi. Ecco perché senza un adeguato rinnovamento Terni rischia un periodo molto difficile, segnato dalla sua spersonalizzazione come città, e aggrappato alla speranza che altri crescano anche per nostro conto. Non possiamo pensare in questo modo il futuro di questa nostra città. Il rinnovamento dei gruppi dirigenti e l’affacciarsi di una nuova generazione di laici cristiani o comunque di uomini di buona volontà impegnati per la città sono essenziali.

Si potrebbe dire che è stato così anche per la Chiesa nella grande stagione conciliare. Fu un tempo di straordinario rinnovamento, reso possibile da un maturo, equilibrato ed esteso processo di cambiamento anche generazionale nel quale hanno trovato spazio la revisione critica, la riforma, il governo e il sogno. Quest’anno ricordiamo i cinquanta anni dell’apertura del Vaticano II. Mi auguro che la nostra Chiesa diocesana possa rivivere quella straordinaria primavera conciliare. Sento particolarmente vicine a noi, alla nostra Chiesa diocesana, le parole che Giovanni XXIII pronunciò quasi come suo testamento: “Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l’uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere anzitutto e ovunque i diritti della persona umana e non solamente quelli della Chiesa cattolica. Non è il Vangelo che cambia: siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio… E’ giunto il momento di riconoscere i segni dei tempi, di coglierne l’opportunità e di guardare lontano”.

Così Giovanni XXIII. Su questa scia, su quella di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, come pure di Benedetto XVI, vogliamo continuare anche noi. Il Concilio ci invita a comprendere meglio il Vangelo e a cogliere i “segni dei tempi”. In questo modo ritroveremo la forza e l’audacia per costruire un futuro nuovo per la nostra città. Preghiamo oggi il Signore per Terni. Preghiamo per i suoi figli più anziani perché possano vedere una nuova primavera per essa; preghiamo per noi, figli più adulti di questa città, perché possiamo essere più generosi sulla via della giustizia e dell’amore per tutti; preghiamo per i figli più giovani di Terni perché possano sperare in un futuro più sereno e possibilmente tra noi; preghiamo per i nostri bambini perché possano vedere una città migliore di quella di oggi. E San Valentino, angelo di Terni, vegli su di noi e su tutta la città, sul suo oggi e sul suo domani. Amen.