San Valentino 2009
Carissimo mons. Gualdrini, distinte autorità, carissimi sacerdoti, care sorelle e fratelli tutti,
la festa del patrono è sempre una occasione opportuna per riscoprire quel legame profondo che ci unisce tutti e che ci permette di vivere quella indispensabile dialettica tra le diverse anime e culture della nostra città senza lacerazioni. Sì, vorrei dire che San Valentino ci richiama tutti a servire il bene comune della città come la stella polare del nostro impegno. Anche la Chiesa diocesana è chiamata a confrontarsi con lealtà e passione sul suo servizio per il bene comune della città. Il Patrono – che a tutti ripropone il primato di questo orizzonte – ci aiuta perciò a riscoprire questa tensione che rende virtuosa quell’indispensabile confronto tra le diverse componenti che costituiscono la città.
Questo anno, la memoria di San Valentino, mi spinge a proporre alla nostra riflessione il grande tema delle giovani generazioni. Domenica scorsa la celebrazione della “festa della promessa”, a cui hanno partecipato alcune centinaia di coppie di fidanzati, mi ha convinto ancor più dell’urgenza di riflettere sull’indispensabile rapporto che c’è tra le giovani generazioni e il futuro della nostra città. Questa questione, in verità, è risuonata in maniera robusta anche durante il convegno del 14 giugno dello scorso anno. Dicemmo allora che sarebbe stato opportuno durante il mese valentiniano ricavare un tempo per riflettere sulla città, un tempo in cui pensare al suo presente e al suo futuro. Abbiamo chiamato questo tempo “festa della città” per sottolineare quel clima di passione per la città che l’amore suscita ogni volta che viene vissuto, sapendo che comporta necessariamente dibattito, dialettica, magari anche sofferenza, non certo indifferenza e passività o egocentrismo e chiusure nel proprio particolare che sono il veleno che uccide in radice ogni convivenza umana.
Anche la Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci spinge ad una nuova attenzione alle giovani generazioni. Dio, ci ha ricordato il primo libro di Samuele, in un momento particolarmente importante per la storia del suo popolo, scelse per la sua guida il più giovane dei figli Eliab: Davide. Era ancora un ragazzo e stava pascolando il gregge nei campi. Ma fu atteso da tutti prima di mettersi a tavola per il pranza: su di lui si era posato lo sguardo di Dio e gli altri dovettero fare altrettanto. Anche Pietro, nel giorno di Pentecoste, (At 2,17), parlando agli ascoltatori su quella piazza di Gerusalemme richiamò le parole del profeta Gioèle: “i vostri figli e le vostre figlie profeteranno; i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno sogni”. Sì, la Parola di Dio sembra suggerire anche a noi di rivolgere i nostri occhi verso le giovani generazioni per accoglierle, per promuoverle, per assecondarle, aiutarle, per lasciare loro lo spazio del futuro. Penso allo straordinario movimento di giovani che Giovanni paolo II ha suscitato nel mondo per la sua attenzione a questa generazione nascente. Lo stesso San Valentino in verità è una testimonianza preziosa della fiducia che dobbiamo dare alle giovani generazioni perché si impegnino con intelligenza e generosità per il bene comune, nella famiglia, nella scuola, nella politica, nella Chiesa. Credo sia necessario porre sulle nuove generazioni un’attenzione ben maggiore di quella che ordinariamente abbiamo. Anzi, è indispensabile una scelta coraggiosa ed audace in loro favore. Ed è urgente farla con sollecitudine se vogliamo guardare con speranza il nostro futuro. A Terni tale questione resta forse ancora un po’ nascosta, ma non per questo è meno pressante. Ne abbiamo una percezione quando parliamo con i giovani di Terni, quando raccogliamo i loro desideri e – troppo spesso – le loro delusioni per le opportunità che come città offriamo loro. Mi ha invece sorpreso qualche giorno fa – in un seminario filosofico – vedere il loro fortissimo interesse sulle questioni centrali dell’esistenza. Questo mi fa pensare che ci sono attese belle tra i nostri giovani, ci sono sogni. Ma dobbiamo farcene carico tutti: dalle istituzioni di governo locale alle imprese, dalle scuole alle famiglie, dalle organizzazioni ecclesiali ai partiti ai sindacati. Tutti. La questione generazionale, che certamente coinvolge l’intero paese, a Terni presenta a mio avviso alcune peculiarità da non trascurare. Faccio un solo esempio: la nostra città sta invecchiando e restringendo il suo futuro: ci sono più anziani che giovani. E per di più molti giovani vedono il loro futuro fuori. So bene che stiamo parlando di una questione complessa e non può essere affrontata superficialmente. Ma proprio per questo sento la responsabilità di proporla alla attenzione di tutti perché sia affrontata con saggezza, con tempestività, con realismo. Vorrei perciò offrire alcuni spunti che a me paiono particolarmente importanti.
Il primo è quello che vede la questione generazionale intrecciarsi a quella dei gruppi dirigenti della città. Ne ho già parlato altre volte con molti di voi, sia in privato che in pubblico. Terni ha grandi potenzialità, ma deve fare uno sforzo collettivo più esplicito per mettere in moto le energie che siano in grado di sviluppare queste potenzialità. E questo è un compito a cui sono chiamati soprattutto i gruppi dirigenti della città, tutti i gruppi dirigenti. Sì, il ricambio generazionale va messo a tema con maggiore coraggio, con maggiore audacia. Ovviamente, non stiamo parlando semplicemente di un problema di età anagrafica, bensì di un processo, che è peraltro fisiologico: ogni generazione ha la sua sfida da affrontare e da vincere. E quando cambia la sfida, se vogliamo vincerla a beneficio del bene comune della città, inesorabilmente debbono cambiare anche le generazioni chiamate ad affrontarla. Se questo non avviene si rischia una sorta di vischioso avvitamento della realtà sociale della città. Sì, se non c’è ricambio generazionale è difficile reinventare la città, è più difficile mettere la cultura al primo posto, investire sulla scuola e sull’università, dare impulso al lavoro locale di costruzione delle competenze, scommettere sulla creatività, fare tesoro del ruolo pubblico dell’esperienza di fede cristiana. Dobbiamo chiederci – e la domanda non è retorica – se non sia venuto il tempo di una generazione nuova, non cresciuta tra i muri delle ideologie, che non ha paura del ruolo pubblico dell’esperienza religiosa, che vive la globalizzazione come risorsa e non come minaccia, che ama l’apertura e non la chiusura, che si trova più a suo agio con la speranza piuttosto che con la paura. E ancora: non è venuto il tempo, anche a Terni, – e qui mi rivolgo in particolare alla nostra comunità cristiana – di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, come ricordava Benedetto XVI nel suo recente viaggio pastorale in Sardegna?
La questione generazionale si incrocia, inoltre, con la questione educativa. Il confronto tra le generazioni, che ovviamente è fatto anche di conflitto e di sostituzione, è tanto più fecondo per la formazione dei giovani e per la loro educazione quanto più le generazioni adulte dispongono non solo di idee e di grandi progetti ma anche di testimoni autorevoli e credibili. Sì, abbiamo bisogno di adulti che siano credibili. Il problema giovanile è rappresentato da noi adulti, soprattutto quando siamo poco credibili, poco esemplari. L’esperienza, ormai quasi decennale, di vescovo a Terni mi ha fatto vedere che non mancano per i nostri giovani testimoni autorevoli, nelle famiglie, nelle esperienze di amicizia, nelle scuole, nelle comunità religiose. E tuttavia dobbiamo chiederci con non poca preoccupazione: ma i nostri giovani si identificano, anche per un attimo, con un giovane politico, con un giovane imprenditore, con un giovane professore, con un giovane prete? Ecco che la questione generazionale torna ad essere una questione non semplicemente legata al dato anagrafico. Noi adulti dobbiamo essere autorevoli sia nel lavoro che negli ideali della vita. Non può esserci un serio e fecondo confronto generazionale, e quindi virtuoso processo di ricambio tra generazioni, se Terni non lascia spazio e visibilità a testimoni autorevoli, se non riconosce il ruolo di questi testimoni, se non prende definitivamente congedo dai suoi vecchi miti (ideologici, sociali, economici) che offuscano il presente e rendono assai difficile pensare un futuro più ricco e abbondante. La profezia delle giovani generazioni è legata alla sapienza della generazione precedente. Anzi, possiamo dire che non c’è profezia delle giovani generazioni se non ci sono generazioni adulte capaci di sognare, se non ci sono adulti capaci di essere testimoni credibili, se non ci sono gruppi dirigenti capaci di entusiasmare, di motivare, di emozionare, di rompere gli equilibri consolidati, di rendere concreta la forza del bene comune di Terni accanto alla parzialità degli interessi individuali o di gruppo, di definire traguardi ambiziosi per tutta la città.
In questo orizzonte si comprende quanto la questione generazionale sia legata anche a quella formativa che vorrei focalizzare oggi sulla la centralità della scuola, lasciando ad altro momento il compito affidato alla famiglia; un compito divenuto sempre più difficile eppure sempre più indilazionabile. C’è uno smarrimento che preoccupa. I giovani sono legati alla famiglia, ma spesso l’autorevolezza dei genitori è decisamente appannata. E’ urgentissimo una riflessione in questo campo e sono lieto che talune iniziative sono state avviate. Ma tornando alla questione della scuola, la realtà ci dice che ogni scenario futuro – a Terni come in tutte le società – mette al centro il ruolo della scuola come fattore primario per la crescita della stessa città. Dalla scuola dipendono la formazione delle nuove generazioni, la loro creatività, la loro capacità di innovazione. Non solo. La scuola è anche un canale irrinunciabile per la mobilità sociale come per ogni fenomeno di integrazione sociale, soprattutto in una città come Terni profondamente segnata dalla presenza di molte comunità di origine straniera. Ormai iniziano ano ad essere numerosi i ragazzi stranieri nelle nostre scuole; è una straordinaria opportunità per far crescere la nostra città con un nuovo orizzonte. La scuola ha poi un ruolo nella questione generazionale che non è legato semplicemente agli studenti. Ad essere decisivo oggi è anche il ruolo dei giovani professori, quelli tra i quali è più intensa la volontà di costruire, rinnovandola, un’identità professionale forte, aperta, disponibile, autorevole. Giovani generazioni di insegnanti che non vogliono finire con il fare i burocrati dell’organizzazione scolastica ma che vogliono continuare a crescere, a maturare, a migliorare per far crescere, migliorare e maturare la scuola. E anche in questo campo dobbiamo lavorare, come città, a confronto con altre aree del paese: a Terni abbiamo infatti pochi giovani professori. Forse è necessario investire più risorse sulla scuola e non metterla in difficoltà: lo dico a tutti noi, dai governi locali alla stessa comunità ecclesiale, passando per le imprese e per l’università. Su questo punto avremo ancora occasione di riflettere nel seminario “la scuola e la città” organizzato, all’interno della “festa della città”, nei prossimi giorni.
La questione generazionale è altresì anche una questione economica. Non è questo il momento per fermarsi a riflettere su come la crisi che stiamo traversando, e di cui forse ancora non conosciamo gli esiti, si abbatta sul futuro delle nuove generazioni. Penso sarà necessario porvi attenzione e presto. Anche le Chiese dell’Umbria stanno riflettendo su questo in vista di una iniziativa straordinaria di solidarietà. Ma vorrei porre qui un altro interrogativo più legato ai temi precedenti: quanto il mondo dell’economia valorizza le capacità e la qualificazione dei giovani disponibili nella nostra città o da attrarre da altre città? Penso in particolar alle potenzialità delle giovani donne, da tempo più istruite e più formate dei loro coetanei. Insomma, stiamo lavorando per i giovani o contro i giovani? Abbiamo la percezione che mortificare le loro risorse può voler dire impedire a questa città un futuro migliore? Pensiamo al danno che arrechiamo alla città trascurando le risorse di quelle che vengono definite le “generazioni digitali”, in primo luogo nel mondo dell’impresa e più in generale nella sfera economica? I nostri imprenditori hanno ripensato il loro modo di valorizzare i talenti? Si impegnano a far crescere le capacità delle persone che lavorano nell’impresa e, in questo modo, le capacità dell’intera città? Hanno la percezione della loro grande responsabilità per il bene comune della città? Mi pare significativo che i giovani imprenditori della città si siano dati appuntamento, come spinti da questa nuova prospettiva, nelle prossime settimane per contribuire pubblicamente a questa irrinunciabile riflessione corale.
Infine, lasciate che leghi la questione generazionale anche alla Chiesa. E’ urgente all’interno della comunità ecclesiale mettersi nuovamente in ascolto delle giovani generazioni e dare loro grande fiducia. Il ritardo con cui stiamo affrontando la questione giovanile mi pesa molto. E’ urgente mettersi in ascolto delle domande delle giovani generazioni e consentire che trovino dentro le nostre comunità ecclesiali accoglienza, dignità, riconoscimento ma anche confronto, irrinunciabile educazione al discernimento e al giudizio, giusto senso della tradizione e critica, anche severa, se necessario. Tutti assistiamo con grande preoccupazione alle ferite profonde che si abbattono sui giovani fin dall’adolescenza: penso alla schiavitù della droga e dell’alcool, penso alla solitudine profonda di molti giovani che li rende preda di qualsiasi sirena, penso alla noia che li porta a scelte assurde, dal bullismo sino alla morte.
Care sorelle e cari fratelli, cari sacerdoti, occorrono scelte non compiacenti, che siano immuni da ogni indulgenza e da ogni sterile giovanilismo. Come ho accennato per la vita civile, anche per quella ecclesiale è vero che i problemi delle giovani generazioni spesso sono la conseguenza dei comportamenti educativi degli adulti. Abbandonare ogni preoccupazione per un futuro comune, affievolire ogni speranza, vivere senza aspirazioni alte, non avere sogni e ambizioni significa costringere i nostri giovani a non immaginare possibile un futuro più alto, più grande. Ma rischiamo di essere noi a tirarli in basso. Abbiamo bisogno di costruire luoghi di crescita robusta: penso all’indispensabile rilancio degli oratori, ma anche ad una nuova vitalità delle associazioni giovanili tradizionali e dei nuovi movimenti. E’ nelle nuove generazioni che passa il futuro anche delle nostre comunità ecclesiali.
Care sorelle e cari fratelli, sono convinto che ci troviamo ad un passaggio importante della storia di Terni. Non possiamo rassegnarci a convivere con le nostre debolezze, né possiamo lasciare ad altri il compito di neutralizzare i segni di un non impossibile crepuscolo. Dobbiamo invece praticare e diffondere una nuova fiducia partendo da quella per le nuove generazioni. Gesù stesso ce lo insegna. L’episodio evangelico che abbiamo ascoltato ci richiama a questa nuova responsabilità. I discepoli non erano riusciti a guarire quel giovane che il padre aveva portato loro. Gesù, invece, se lo fece portare davanti e lo guarì ridandogli quella forza che non aveva più. Al disappunto dei discepoli di non essere riusciti loro, Gesù rispose: “Se avrete fede pari ad un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterebbe”(Mt 17, 20). Gesù fa questa celebre affermazione proprio in rapporto alla guarigione di un giovane.
Care sorelle e cari fratelli, se abbiamo fede, se siamo un po’ più audaci, se ci prendiamo cura delle nuove generazioni con più generosità anche noi potremo spostare quelle montagne che rischiano di rinchiuderci nella conca e che impediscono ai giovani di costruire una città più larga. San Valentino, che ebbe a cuore i giovani del suo tempo, ci aiuti a far crescere nuove generazioni che siano capaci di dare alla nostra città un nuovo slancio, una nuova prospettiva, un nuovo futuro. Essi stessi sono chiamati a prendersi le loro responsabilità, ma sarà difficile che possano farlo senza la nostra sapienza e la nostra fiducia. San Valentino sta davanti a noi e continua ad invitarci a seguire il suo esempio perché la Terni di questo inizio di secolo ritrovi un nuovo slancio, un nuovo futuro.