Festa della Promessa 2009

Festa della Promessa 2009

Care sorelle e cari fratelli


 


È una grande gioia carissimi fidanzati accogliervi per la “festa della promessa”. Ci stringiamo assieme a San Valentino perché scenda sul vostro amore la benedizione del Signore. Come voi sapete, San Valentino è vissuto a Terni tanti secoli fa, ma la sua fama di protettore dei fidanzati ha traversato i secoli ed è giunta sino a noi. Fu un vescovo esemplare. Spese, infatti, la sua vita per aiutare gli altri: guariva i malati, soccorreva i poveri, era attento ai bambini ed ebbe un’attenzione particolare ai giovani. C’è un episodio che vi riguarda: due giovani, una ragazza di Terni e un militare romano, si erano innamorati e volevano sposarsi. Ma c’era una grave difficoltà: lei era cristiana e lui pagano. Valentino, vista la sincerità del loro amore, li aiutò a superare le difficoltà e a prepararsi così per il matrimonio. La ragazza purtroppo si ammala gravemente, e il giovane per non staccarsi da lei volle comunque sposarla, nonostante sapesse che la malattia gliel’avrebbe tolta. San Valentino era riuscito a coronare il loro sogno di amore.


Cari amici fidanzati, voi siete venuti qui perché volete chiedere a san Valentino che benedica il vostro amore, e che lo renda forte e bello, capace di resistere alle difficoltà e che vi leghi per tutta la vita. Certo, siete ben coscienti che non mancano i problemi sia nella vita di fidanzamento sia in quella matrimoniale. E forse proprio perché intuite la necessità di una amore saldo, ancor prima di sposarvi venite a chiedere l’aiuto a San Valentino. E, in questa festa della promessa, in certo modo anticipate le parole che vi scambierete il giorno del matrimonio: “Io accolgo te come mia sposa, mio sposo, e ti prometto di esserti fedele sempre, nella buona e nella cattiva sorte, e di amarti e rispettarti per tutta la vita”. Non sono parole leggere, effimere, che restano fin che restano. Sono parole che vi uniscono facendo di voi un cuor solo e un’anima sola. C’è in esse un senso di perennità che dura più dei nostri umori, più delle difficoltà, più di ogni ostacolo.


Sappiamo per esperienza personale però che siamo deboli, fragili e non poco egocentrici. Ciascuno di noi è portato a pensare più a sé che agli altri, più al proprio io che a chi ci sta accanto. E guai se lasciamo crescere nei nostri cuori quest’erba velenosa dell’amore solo per noi stessi. E’ un erba che cresce in fretta e seppellisce anche i pensieri più belli. E, purtroppo, il clima che respiriamo concorre alla sua crescita: siamo spinti a ripiegarci su di noi stessi, a porre al centro il nostro “io”, ad aver paura degli altri, pensando che possono rubarci la vita, la felicità. Tutto ci spinge a pensare che la felicità sia soddisfare se stessi a qualsiasi costo. Per questo oggi è più difficile di ieri volersi bene, appunto perché è più facile farsi gli affari propri, offendere, odiare, tradire.


San Valentino ci fa comprendere che l’amore non è anzitutto pensare a sé ma all’altro. Se siamo capaci di pensare un po’ meno a noi e un po’ più agli altri, l’amore che viviamo diviene più forte, ci fa capire gli uni gli altri, ci sostiene nei momenti difficili, ci rende pronti al perdono, ci rende più capaci di costruisce un futuro stabile. L’amore che è sbocciato nel nostro cuore ha bisogno di essere riempito di forza dal Signore stesso, ha bisogno della preghiera, ha bisogno della benedizione di Dio. E voi lo avete intuito. Per questo siete qui, ancor prima di sposarvi. L’amore non è scontato, richiede attenzione, fedeltà, umiltà, pazienza. E’ come una lingua nuova che va praticata. Sì, dobbiamo praticare la lingua dell’amore, una lingua molto diversa da quella che si parla normalmente nelle nostre città e nei nostri paesi. La lingua dell’amore è la tenerezza per chi ci sta accanto, è la passione per rendere il mondo più bello, è la compassione per i più poveri e i più deboli, è l’impegno per rendere il mondo più giusto, più pacifico. Se ci abituiamo a parlare questa lingua anche l’amore tra voi diviene più ricco e più bello.



La lingua dell’amore è quella che parlava Gesù, è la lingua del Vangelo. Abbiamo ascoltato dall’evangelista Marco cosa avveniva a Cafarnao quando arrivava Gesù. Si creava immediatamente un clima nuovo, di festa, di speranza, di amore. E da subito. Infatti, appena Gesù entra nella casa di Pietro, gli presentano la malata, e Gesù la guarisce. La giornata prosegue e – nota l’evangelista – “dopo il tramonto del sole, portavano a lui tutti i malati e gli indemoniati. E tutta la città era radunata davanti alla porta”. Era tramontato il sole ma non l’amore di Gesù: si faceva buio nella città di Cafarnao, ma non nei cuori di quelle centinaia di persone che si accalcavano davanti a quella porta. Viene spontaneo pensare ai milioni di persone colpite dalla guerra e dalla fame e che non trovano una porta a cui bussare; come pure stanno davanti ai nostri occhi migliaia e di stranieri ai quali viene chiusa la porta in faccia; e non possiamo non pensare ai tanti lavoratori precari che stanno rischiando il posto di lavoro per la crisi incombente e tra essi vengono in mente i tanti giovani fidanzai che non possono sposarsi a causa di questa crisi.


 


E permettetemi di rivolgere un pensiero ad Eluana Englaro. Come non sentirla qui, accanto a noi, accanto a voi che in questa “festa della promessa” giustamente scegliete per l’amore, per la vita e non certo per la morte? La sentiamo vicina in un abbraccio tenero mentre sta vivendo il momento forse più difficile della sua vita. Noi, con la nostra preghiera, vogliamo portarla, “prima del tramonto”, assieme a quei tanti malati di cui parla il Vangelo di Marco, davanti alla porta del Signore perché non sia abbandonata alla morte, perché non le sia negato quel che ogni uomo ha diritto di avere: il nutrimento e la bevanda. Penso con riconoscenza e tenerezza a quella casa dove le suore per 16 anni, giorno dopo giorno, l’hanno accudita, nutrita e accarezzata con un amore che appare incomprensibile agli occhi degli uomini e che peraltro non viene neppure considerato. Quelle parole d’amore per Eluana espresse dalle suore, con delicatezza e pacatezza, proprio mentre veniva tolta da quella casa per portarla alla morte, mi hanno commosso profondamente. L’amore cristiano, cari fidanzati, è un amore che non abbandona mai e che accompagna sempre a Gesù, che è Signore della vita. E’ questo amore che ha guidato San Valentino nella sua vita e che noi oggi chiediamo sia donato a tutti.


Sì, tutti abbiamo bisogno di questo amore. In questa festa della promessa, San Valentino è tornato nuovamente e sta in mezzo a voi, cari fidanzati, e vi conduce davanti alla porta della casa di Gesù perché riceviate almeno una goccia del suo amore. E’ un amore che fa pensare agli altri prima che a sé, è un amore che è capace di dare la vita per gli altri. Possa il Signore concedervi ogni giorno una goccia di questo suo amore.



Per parte mia, vi ricorderò nelle mie preghiere; metterò i vostri nomi sull’altare e ogni giorno chiederò al Signore di benedirvi. Fatemi sapere quando vi sposerete e vi invierò un benedizione particolare. E vi auguro che possiate camminare sempre sulla via dell’amore. Non è una via facile, ma è l’unica che porta alla felicità vera. Non abbandonatela, questa via, per seguirne altre. Purtroppo sono numerose le vie ingannevoli, non seguitele. Un piccolo libretto che vi consegnerò al termine della Santa Messa accompagnerà queste mie parole; ha come titolo “La via dell’amore”. E’ un breve commento alla parabola evangelica del buon samaritano. Portatelo con voi, leggetelo e conservate nel cuore le parole di Gesù. Ne gusterete la gioia e la forza. San Valentino vi aiuti a perseverare sulla via dell’amore che già gustate in questo giorno.