San Giovenale 2007

San Giovenale 2007

 


Care sorelle e cari fratelli,


 


anche questo anno ci ritroviamo assieme per celebrare la festa di San Giovenale. E’ una festa a cui tutti teniamo molto. Siamo venuti in tanti. Saluto il sindaco e le autorità per la loro presenza e tutti voi cari sacerdoti e fedeli. Facciamo bene a celebrare la festa del Patrono perché ci fa tornare alla fonte da cui è scaturita la vita di questa nostra città. E vogliamo comprendere il senso di questa festa, per poterla vivere in maniera bella e seria. E la prima cosa da fare per comprenderla è fermare la nostra attenzione su chi festeggiamo. Sarebbe triste una festa senza ricordare il festeggiato o, peggio ancora, dimenticandolo. 


Chi era Giovenale? Come sapete Giovenale era nato a Cartagine, in Africa. E si narra che intraprese gli studi di medicina. Era ancora giovane quando fu attratto dal Vangelo e si convertì divenendo cristiano e sacerdote. Ben preso si scatenò una persecuzione contro i cristiani e Giovenale fuggì da Cartagine – come tanti africani oggi lasciano i loro paesi dilaniati dalla guerra o dalla fame – e venne a Roma. Qui fu ospite di una nobildonna romana, Filadelfia, la quale fu colpita dalla sapienza di questo giovane. E quando venne a sapere che la piccola comunità cristiana di Narni aveva bisogno di un vescovo per organizzarsi, ella propose  come candidato a papa Damaso il giovane Giovenale. Il papa accettò la proposta e nel 368 lo consacrò vescovo di Narni. La comunità lo accolse all’inizio con qualche perplessità, ma ben presto si rese conto dell’animo pastorale del vescovo. Giovenale conosceva bene le parole di Paolo agli anziani di Efeso: “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge in mezzo al quale lo Spirito santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio che egli si è acquistata con il suo sangue”. Per questo si impegnò a predicare il Vangelo con generosità e coraggio. Ben lontano dalle nostre pigrizie e dalle nostre lentezze. Molti narnesi si convertirono al Vangelo e chiedevano il Battesimo: si narra che in un giorno furono battezzati 2000 narnesi. Giovenale fece costruire subito una prima chiesa che dedicò a san Valentino, il vescovo di Terni che era stato martirizzato a Roma alla fine del secolo precedente. L’opera pastorale di Giovenale era instancabile, nonostante le forti opposizioni che incontrava da parte di coloro che adoravano idoli muti. Giovenale era venuto per predicare il Vangelo e cambiare quindi il cuore degli uomini. Non si trattava di portare nuovi idoli da adorare ma di mostrare a tutti l’amore di Dioi, di parlare a tutti dell’amore di Gesù e di seguirlo assieme nell’amore. Egli continuava quel che Gesù aveva fatto, tanto da poter dire le parole stesse di Gesù che abbiamo ascoltate dal Vangelo: “Padre…io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro”. Giovenale continuava a organizzare la comunità cristiana di Narni e la spingeva a testimoniare con generosità l’amore di Gesù. Quella comunità cristiana divenne in effetti un lievito di amore, di pace, di fraternità in una Narni talora divisa e litigiosa. E quando all’inizio delle invasioni barbariche Narni fu assediata da un esercito, Giovenale organizzò la difesa. Ma come? Invitò i cristiani a raccogliersi in preghiera, a invocare da Dio l’aiuto per l’intera città. Giovenale credeva nella forza della preghiera. E oggi ce lo ricorda. In effetti, una tempesta terribile si abbatté sugli invasori i quali furono costretti a togliere l’assedio e a fuggire. L’intera città si radunò nell’oratorio di San Valentino ove Giovenale celebrò una Messa di ringraziamento. E in quella occasione si ripeté il miracolo della moltiplicazione del pane e del vino consacrati, tanta era la gente intervenuta. Giovenale era davvero il “difensore della città”. E la difese con la preghiera e l’amore. Egli non pensò a salvare se stesso e neppure a pensare solo ai suoi fedeli, il suo amore comprendeva tutti, anche chi gli era nemico. Giovenale morì nel 376 ma non cessò di proteggere Narni e chiunque lo invocava.


Ecco chi è il festeggiato. Un credente che ha dato la sua vita perché il Vangelo cambiasse i cuori dei narnesi e così la città fosse salva. Se oggi noi lo ricordiamo è perché vogliamo apprendere da lui questa lezione: vogliamo salvare la nostra vita e quella di Narni. A che servirebbe una festa fatta di abiti antichi e di folclore che mettiamo da parte appena è finita e tutto continua come sempre? C’è bisogno invece di scendere nelle profondità di questa nostra città, di toccare il cuore di Narni, un cuore che parla di preghiera, di impegno, di amore, di perdono, di generosità, di abbattimento di idoli muti e di crescita del senso del bene comune da promuovere. Ieri sera, durante la consegna dei ceri, parlavo dell’urgenza di far crescere l’amore e la solidarietà tra noi per impedire l’avanzare di un clima di violenza che può travolgere tutti e tutto come la cronaca nazionale e internazionale ci mostra. Ciascuno di noi deve riscoprire il rispetto – ieri sera dicevo la “devozione” per l’altro, la devozione per ogni persona; come pure è necessario scoprire la devozione anche per l’ambiente. Questa attenzione all’altro deve partire già all’interno delle nostre famiglie: c’è bisogno di più amore tra genitori, di più amore tra genitori e figli, di più amore tra fratelli. E non c’è bisogno forse di più serenità dentro le nostre case, nelle scuole tra i ragazzi e i giovani, nelle strade, nelle piazze, nei luoghi di lavoro? Cari amici, vorrei ricordare ancora una volta, oggi, festa di San Giovenale, le tragedie che si sono abbattute tra noi per il mancato rispetto di quegli operai che sono morti sul lavoro. Ancora una volta desidero dire alle loro famiglie che le siamo vicini ed è proprio l’amore per loro che ci spinge a levare in alto ancora una volta il grido perché si interrompa questa infernale catena di morte. Queste morti non avvengono per caso, sono troppe e troppo frequenti per non essere il frutto di una colpevole e perversa catena. C’è bisogno di una legislazione più adeguata e più severa contro ogni abuso. Ma è urgente anche una nuova cultura del lavoro che coinvolga tutti e che metta la dignità dell’uomo al centro dell’attenzione. Se, invece, al primo posto nella scala dei valori c’è il guadagnare ad ogni costo, è inevitabile che il profitto divenga un terribile altare – come lo erano gli idoli pagani di un tempo, quelli contro Giovenale lottava – su cui si sacrificano vite innocenti. Tutti, care sorelle e acri fratelli, dobbiamo reagire con decisione e con scelte concrete, ciascuno secondo le sue responsabilità. Il futuro sarà più sereno se ciascuno di noi lascia crescere nel proprio cuore uno spirito nuovo, più solidale, più attento agli altri. Esempi in questo senso ne abbiamo. Ne cito solo uno, quello che riguarda il polo chimico di Nera Monitoro. Sono lieto che abbiamo scongiurato la chiusura di uno degli stabilimenti di quell’area. E’ una buona notizia che ci aiuta a sperare, ma soprattutto ci spinge a unirci ancor più per rendere questo momento positivo una opportunità per un nuovo sviluppo dell’area. Anche in questo caso, un sussulto di creatività può significare per tutti una pagina nuova di sviluppo per questo delicato settore della vita di Narni. Ma è così anche per vari altri campi.


Care sorelle e cari fratelli, quest’anno la nostra Chiesa diocesana è impegnata nella riflessione sull’amore. Mercoledì santo ho ricevuto le osservazioni – anche le vostre – che sono state fatte alla bozza della Lettera Pastorale sulla carità. Nel mese di ottobre prossimo spero di consegnare a tutta la diocesi questa lettera. E vorrei che tutti “ripartissimo dall’amore”. Così fece anche il vescovo Giovenale. L’amore per Narni lo spinse, ad esempio, a radunare la comunità cristiana per salvare la città dall’assedio. E nella Messa di ringraziamento avvenne il successivo miracolo: la moltiplicazione del pane e del vino. Quella Messa divenne la fonte di un amore nuovo e abbondante. Vorrei che a Narni continuasse questo miracolo: il miracolo della moltiplicazione dell’amore. Vorrei che la Messa della domenica divenisse come la fontana di amore che continua a effondere acqua e ognuno che ne ha bisogno possa venire e attingere. Non importa com’è e quanta sete abbia. Quel che conta è venire e bere. Il suo cuore stesso diventerà una piccola fonte di amore per tutti.