San Giovenale 2006

San Giovenale 2006

Signor Sindaco, autorità, carissimi sacerdoti, sorelle e fratelli,


 


è bello ritrovarci assieme oggi attorno a San Giovenale patrono della nostra città di Narni. Diciassette secoli ci separano da questo vescovo, eppure continuiamo a riunirci attorno a lui in


questa cattedrale. E non facciamo un semplice ricordo storico o un passeggero gesto di devozione. C’è una ragione più profonda che ci spinge a venire in cattedrale: tutti la intuiamo anche se ogni volta dobbiamo come ricomprenderne la ragione. Non è infatti una presenza stanca, quella di San Giovenale, ma una presenza viva, che parla ancora. Già ieri sera, al termine della rievocazione della consegna dei ceri da parte delle varie “arti e mestieri” della città e dei castelli del contado al santo patrono, accennavo al bisogno che abbiamo di scendere nel profondo della nostra storia sino ad arrivare alla testimonianza di san Giovenale per poter guardare avanti con maggiore slancio il nostro futuro. Tutti, indistintamente, sappiamo che senza questa memoria Narni sarebbe mutilata. Sì, senza San Giovenale la nostra città resterebbe come orfana del padre. Ecco perché è bene che attorno a lui ci raccogliamo tutti come per riprendere nuovo vigore. Certo, la sua storia è esemplare, ed è bene ricordarla e meditarla. E sono particolarmente grato agli autori e a chi ha collaborato con loro alla realizzazione del volume illustrato sulla vita di San Giovenale. È bello e ci aiuta a  ripercorrere questi secoli di storia che legano San Giovenale a Narni e alla sua storia.


La tradizione vuole che Giovenale sia venuto da Cartagine, dall’Africa come tanti ancora oggi vengono in Italia per sfuggire alla guerra o comunque per cercare una vita più serena. Giunto a Roma fu poi mandato da Papa Damaso come vescovo a Narni perché guidasse la piccola comunità cristiana che qui era sorta. E Giovenale dedicò la sua vita a questa comunità che iniziava il suo cammino di crescita. E bisogna dire che il vescovo e con lui l’intera comunità cristiana non rimase chiuso “in sacrestia”, come diremmo oggi. L’amore che Giovenale apprendeva dal vangelo lo spinse a rendere quella comunità cristiana l’anima dell’intera città. I cristiani volevano rendere la città di Narni una città sana, bella e piena di amore. È un insegnamento che noi cristiani di oggi dobbiamo continuare a vivere. E sono lieto nel vedere i segni consolanti di una ripresa nella vita della  comunità particolarmente nel campo giovanile. San Giovenale ci fa comprendere che questa via dobbiamo perseguirla con un impegno più forte e più coraggioso. Lui fece così: quando infatti le invasioni barbariche misero in pericolo la città, Giovenale non esitò a difenderla e a liberarla dall’assedio con la sua sapienza e la sua preghiera. E fu chiamato per questo “defensor civitatis” (difensore della città). Da quel giorno la comunità cristiana cominciò a crescere perché la gente aveva toccato con mano quanto fosse diverso l’amore cristiano da quell’altro amore, da quello cioè che fa pensare solo a se stessi dimenticandosi degli altri e del bene comune di tutti. C’è una


originalità nell’amore che nasce dal Vangelo che lo rende unico, persino eroico. I cristiani ancor più degli altri, sono chiamati ad amare e a spendere la propria vita per il bene di tutti, i per la città. L’amore evangelico – e l’enciclica di Benedetto XVI lo spiega con chiarezza – è un amore che cambia i cuori e li rende più solidali soprattutto verso i più poveri. Animata di questo amore la città di Narni cresceva in un tessuto di solidarietà che ne solidificava la vita E la gente vedendo questo amore si radunò attorno a San Giovenale. Si narra infatti che in un solo giorno si convertirono al Vangelo circa 2000 persone. Questo ovviamente non avvenne senza opposizioni. L’amore, quando è vero, suscita sempre oppositori e nemici, i quali non ne sopportano la crescita. Ed ecco che alcuni pagani si scagliarono contro Giovenale per costringerlo a riti contrari alla fede cristiana. Ma il vescovo, che aveva respinto l’assedio dei barbari salvando la città dalla distruzione, respinse anche l’assalto di chi voleva che tradisse l’amore per il Vangelo. E accettò il martirio per non tradire Gesù e per salvare la comunità cristiana di Narni.


 


Care sorelle e cari fratelli, sono notizie scarne e tuttavia decisive per comprendere non solo la vicenda di Narni, ma lo stesso senso della nostra vita. Sì, la vita ha senso sole nell’amore. Ed è davvero singolare che nel romanzo di Lewis, Le cronache di Narnia che hanno reso noto al mondo il nome di questa nostra città, la conclusione sia incentrata sulla morte per amore del leone. Lo scrittore inglese, uomo di profonda fede evangelica, attraverso i suoi scritti mostra la forza di un amore che si spende per il bene altrui. La nostra storia è fondata su queste radici. E importante ricordarcele e meditarle. Esse mostrano che il Vangelo resta la fonte della vita, le pagine che possono aiutarci a vivere oggi e a costruire il nostre futuro. E Giovenale ci manifesta come si deve vivere il Vangelo e come si può amare Narni. Gli Atti degli Apostoli riportano un passaggio del discorso di Paolo agli anziani della comunità cristiana di Efeso: “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge”. Giovenale, che conosceva questa pagina della Scrittura, si impegnò a vegliare su se stesso, ossia a condurre una vita esemplare nell’amore e a custodire la città perché fosse liberata dal male e vivesse nella pace. E continua a vegliare ancora oggi. È bella la frase finale dell’ultimo quadro del libro illustrato che mostra la processione del 3 maggio. Gli autori, delineano un giovane seduto sul bordo della fontana (è San Giovenale) e scrivono: “I Narnesi partecipano alle cerimonie in onore del Santo Patrono sotto lo sguardo vigile di chi mai li ha abbandonati….”.


Cari amici di Narni, è vero San Giovenale continua a vegliare su di noi e a vigilare.


Volgiamo i nostri occhi verso di lui e impariamo ad amare Narni come lui l’ha amata, come ha amato i piccoli, i giovani, le famiglie, gli anziani. Egli assieme a Gesù ci ripete le parole del Vangelo: “E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro”. Giovenale che ha accolto l’amore di Gesù e lo ha trasmesso ai narnesi del suo tempo. Oggi siamo noi a doverci trasmettere l’un l’altro questo stesso amore. Ma non è scontato viverlo. Sì, non è facile amare, non è spontaneo voler bene agli altri. L’amore vero dobbiamo invocarlo da Dio e accoglierlo nel nostro cuore come fece San Giovenale. Così cambieremo la nostra vita e quella della nostra città. Dobbiamo far crescere l’amore nelle nostre case e nelle nostre famiglie: i nostri bambini infatti vogliono vedere noi più grandi vivere nella pace e nell’armonia; i nostri anziani hanno diritto a vivere l’ultimo tratto della loro vita circondati dall’amore e non raffreddati dalla solitudine. E i giovani debbono sognare un futuro più sereno, e fin da ora debbono spendere la loro vita in una prospettiva più solidale.


 


Care sorelle e cari fratelli, non si tratta di vuote esortazioni moralistiche. Oggi, raccolti attorno al Santo vescovo e patrono Giovenale, sappiamo di avere le energie spirituali ed umane per guardare con speranza il futuro di questa nostra città. Lo so bene che non mancano i problemi sia sul versante sociale che in quello economico. La situazione del nostro paese come quella internazionale condizionano la nostra vita. Ma sappiamo anche che separati gli uni dagli altri non andremo molto lontano. C’è bisogno di una solidarietà nuova tra tutti noi, tra tutte le diverse componenti della nostra città per guadare assieme il futuro.


Le condizioni ci sono tutte, a partire da questa memoria di San Giovenale che ci richiama a quell’amore che lo spinse a dare la sua stessa vita per gli altri. Se ci stringiamo in un sentimento più solidale l’oggi e il futuro di questa nostra città è senza dubbio più prospero e


più sereno. La lunga storia culturale e sociale di Narni è un patrimonio da cui possiamo ancora attingere ideali e forza. E vorrei dire che ai nostri giovani spetta un compito particolarmente importante in questo momento storico; penso in particolare a quelli delle nostre scuole perché sognino un mondo nuovo di pace e di solidarietà, perché stiano in alto, non per rinchiudersi in difesa una rocca ma per guardare ancora più lontano. Cari amici più giovani solo affondando le radici nelle profondità dell’amore possiamo allargare i rami della vita. E a voi è chiesto sin da ora di partecipare alla costruzione del futuro di tutti.


 


San Giovenale è una fonte viva di ispirazione per noi, per questa nostra città. L’amore che lo ha guidato è una linfa forte che sa muovere ancora oggi i nostri cuori. Assieme a lui usciremo per le strade di questa nostra città, non resteremo chiusi nelle piccole sacrestie dei vari interessi di parte, e costruiremo un nuovo futuro, una nuova speranza per tutti. Il signore sta davanti a noi e ci guida come buon pastore. E noi con il salmista siamo certi che


non mancheremo di nulla, su pascoli erbosi ci fa riposare e ad acque tranquille ci conduce.