San Giovenale 2004

San Giovenale 2004

E’ ormai la quinta volta che, assieme a voi, celebro la festa di san Giovenale. Ci troviamo sempre in tanti per ricordare il nostro patrono; sentiamo che la sua festa tocca profondamente la vita della nostra città. Il legame tra Narni e San Giovenale è così forte che sarebbe difficile pensarli separatamente. Ed è ovvio che tale legame non si ravviva solamente attraverso forme esteriori. Forse per tanti è solo questo, una questione di folclore. E la festa diviene una delle tante saghe paesane, talora anche tristi come quando si vedono ragazzi ubriacarsi per la corsa dell’anello, magari pensando di annegare il vuoto del cuore. Il legame tra Narni e San Giovenale è profondo. Ed è importante richiamarlo.

San Giovenale, come voi sapete è venuto da Cartagine, dall’Africa. Fuggì perché c’era la persecuzione, come tanti altri africani oggi lasciano la loro terra perché i loro paesi sono dilaniati dalla guerra o dalla fame. Giovenale venne a Narni e vi predicò il Vangelo. Fu scelto e consacrato vescovo di questa città divenendovi un seminatore generoso ed efficace del Vangelo. Molti al sentirlo parlare si lasciavano toccare il cuore e aderivano alla fede cristiana. Si racconta che in un solo giorno convertì circa 2000 persone. E’ attorno alla sua opera di evangelizzazione che si è creata la città di Narni che oggi viviamo. Insomma, come le case circondano la cattedrale, così i cittadini sono stretti al Vangelo. Il messaggio di Giovenale è stato forte. E continua ad essere tale. Egli vuole una Narni più matura, più solidale, più aperta, più bella, più felice di quella che viviamo. Non so se San Giovenale sia contento della Narni di oggi, certamente non è rassegnato. Egli sogna una Narni più felice e più in grande. Potrebbe applicare anche alla città le parole che l’apostolo Paolo applica ai cristiani: “Vi esorto dunque a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto”.


E quale è la vocazione di Narni? Ci viene indicata dal Vangelo che ogni festa di San Giovenale ascoltiamo: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri”. Questo comandamento Gesù ce lo ripete ogni anno. Cosa vuol dire che è “nuovo”? Vuol dire che è il definitivo, quello fondamentale, quello più alto. Insomma, l’unico. Sì, l’amore vicendevole è l’unico fondamento su cui si può edificare la vita di questa città, la vita delle nostre famiglie, la vita della comunità cristiana. Questo è il Vangelo che San Giovenale ha predicato a Narni. Questo Vangelo da allora sino ad oggi è come un filo rosso che tesse circa 1660 anni di storia di questa città. Oggi, quella stessa parola ritorna a risuonare nelle nostre orecchie e soprattutto nei nostri cuori. Dobbiamo chiederci che ne abbiamo fatto del Vangelo dell’amore. E’ la domanda centrale di oggi. Sì, che ne abbiamo fatto del Vangelo dell’amore? Giovenale ne aveva fatto la ragione della sua stessa vita. Egli ha amato Gesù e i narnesi sino al martirio. Tutta la sua vita è racchiusa nel Vangelo dell’amore, predicato e vissuto sino al martirio. E noi, che ne abbiamo fatto noi del Vangelo dell’amore?


Sin dal primo giorno che venni a Narni ho sentito l’obbligo di continuare la predicazione di San Giovenale. Non voglio, né posso distaccarmene. Con passione, con preoccupazione, con amore, con speranza grido a tutti, a voi che state qui e a coloro che sono altrove, che Narni ha bisogno di amore! Sì, Narni, ciascuno dei suoi  abitanti: i piccoli, i grandi, i giovani, i vecchi, gli uomini, le donne, i sani, i malati; tutti abbiamo bisogno di amore. Ogni volta che sono venuto, in vari modi, con diverse parole, ho sempre ripetuto però questo stesso messaggio. Vi confesso che ho sempre riflettuto molto su quello che avrei dovuto dirvi nel giorno della festa del Santo Patrono. E ogni volta mi fermavo a ricordarvi che Narni ha bisogno di amore. Ho raccolto in un piccolo fascicolo le prime quattro omelie che ho tenuto in questa cattedrale nel giorno di San Giovenale. Vorrei darle di nuovo a tutti. Non credo sia necessario aggiungere nuove parole a quella che da quattro anni vado ripetendo: abbiamo bisogno del Vangelo dell’amore! Ma una cosa c’è da aggiungere: mettere in pratica il Vangelo dell’amore. E’ necessario amare di più; è urgente amarsi di più. Come non essere preoccupati per il fatto – e cito una cosa sola! – che negli ultimi sei mesi, a Narni, tre persone si sono tolte la vita? Nell’omelia dello scorso anno manifestavo la mia preoccupazione nel leggere i dati di una inchiesta che riportava la forte depressione vissuta dai giovani narnesi, e la loro solitudine. E nell’anno precedente avevo lanciato proprio da Narni il messaggio alla Diocesi sulla centralità della Messa della Domenica. Ero stato colpito dal fatto che qui c’era la più bassa percentuale di frequenza domenicale della Diocesi. E dissi con molta chiarezza che la partecipazione alla Messa avrebbe salvato Narni dalla tristezza, dalla banalità e da un futuro grigio. Non sono certo rassegnato ad una Narni senza un grande futuro. Continuerò a predicare il Vangelo dell’amore, e un amore alto, come quello che Gesù ci ha mostrato. Per farci comprendere come amarci aggiunge: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Sì, dobbiamo apprendere l’amore da Gesù, dobbiamo amarci tra noi come Gesù ci ha amati. Egli non si è risparmiato in nulla pur di starci accanto, pur di difenderci, pur di salvarci dalla tristezza e dalla rovina. Narni ha bisogno di questo tipo di amore. Ed è su questo tipo di amore largo, gratuito, ricco, caldo che vorrei chiamare tutti a raccolta. Sì, vorrei che ci scuotessimo dal torpore e dalla rassegnazione che vedo avvolgere i cuori come a volte la nebbia avvolge le case.


Il sole del Vangelo deve tornare a splendere nei nostri cuori, nel cuore di questa nostra cara città di Narni. Dobbiamo riprendere in mano il Vangelo che vi ho consegnato quest’anno e leggerlo, ogni giorno. Sì, ogni giorno dobbiamo nutrircene. Non mi stancherò di ripeterlo. E’ il libro dell’amore. E con commozione ho chiesto agli amici del Faro di preparare per questa cattedrale l’evangelario, chiedendo loro di consegnarlo proprio in questa giorno. A voi, cari amici del Faro, i miei più cari amici di Narni, va il mio grazie. Solo chi si avvicina al Vangelo, come voi avete fatto potrà gustare la vera felicità. Voi siete gli amici di Gesù, i suoi prediletti. E, come vi ho detto, vorrei fare con voi e con tutti i vostri amici una festa grande diocesana, la festa dell’amore.


Un altro segno vorrei che manifestasse la forza del Vangelo dell’amore: l’apertura a Narni di un centro della carità, compresa una mensa per i poveri e i soli. C’è bisogno di un sussulto di amore, e questo centro ne deve essere l’espressione. C’è gente sola che ha bisogno di compagnia, ci sono centinaia e centinaia di immigrati presenti a Narni che hanno bisogno di sentire un’accoglienza più calorosa, c’è bisogno di un luogo ove i giovani e i meno giovani possano sentirsi utili. Un giovane di Terni che ha scelto di impegnarsi nella mensa per i poveri mi ha scritto dicendomi che questo piccolo servizio è ciò che lo fa sentire utile, che gli da senso alla vita. Cari amici, dobbiamo riflettere su queste cose. E soprattutto dobbiamo lasciarci travolgere almeno un poco dall’amore. A Terni, nel centro diocesano della carità è stato aperto da un gruppo di donne medico un ambulatorio per aiutare sul piano sanitario le straniere (ma ora vanno anche uomini). Ho voluto che fosse dedicato a San Giovenale, che sapete era anche medico.


Narni ha bisogno di allargare il cuore. Ebbene, solo amando gli altri troveremo l’amore di cui abbiamo bisogno. E’ sterile e triste vivere ripiegati su se stessi. Ho pensato perciò di istituire, nel giorno della festa del nostro patrono, un “Premio della Solidarietà” verso il Sud del mondo, intitolato a San Giovenale. E’ come ripagare il debito di amore all’Africa che ci ha donato san Giovenale.