San Giovenale 2003

San Giovenale 2003

Signor Sindaco, autorità, care sorelle e cari fratelli tutti,


quest’anno la festa di San Giovenale cade in un momento difficile per la storia del mondo e del Mediterraneo in particolare. C’è stata una guerra di cui non si conoscono bene le conseguenze, e c’è il fondato timore che le tensioni si allarghino. Nelle rive del Mediterraneo si rimbalzano tensioni e paure. E nel mondo continuano indisturbate decine di guerre. La pace fa fatica a reggere e ad affermarsi. Un mondo così è difficile da accettare. Difficile per noi, ma soprattutto per gli orfani e per le vedove delle guerre ancora aperte nel mondo, per i giovani costretti a uccidere e a morire, per i milioni di uomini, di donne e di bambini che continuano a morire di fame, per tutti coloro che  in ogni parte della terra sono schiavi della violenza, dell’ingiustizia, dell’oppressione. Anche noi, che stiamo nei paesi dell’abbondanza, non siamo contenti. E’ strano, c’è l’abbondanza ma non c’è la felicità. Anzi ci si lamenta e si è tristi. Chi non si lamenta della vita che fa? Chi non sente di aver bisogno di qualcosa in più? Chi non invoca per sé un miglior trattamento, più giustizia, più attenzione?
Care sorelle e cari fratelli, non c’è felicità perché non c’è amore. Non si può, infatti, essere felici da soli; e tanto meno si può essere felici contro gli altri. Sì, non si può essere felici da soli, senza gli altri. Non si può vivere chiudendosi agli altri e al mondo. Giovanni Paolo II non cessa di richiamare tutti, particolarmente i cristiani, a non rassegnarsi di fronte alle tragedie che sconvolgono il pianeta, e spinge noi dei paesi ricchi a non rinchiuderci nei nostri orizzonti disinteressandoci di quel che accade attorno a noi e nel mondo. Quest’uomo, vecchio e malmesso, ha come raccolte tutte le sue forze per un estremo grido contro la guerra, contro la violenza, contro le ingiustizie, contro l’egoismo montante di chi sta bene e cerca solo la propria tranquillità. Vi ricordate il suo grido contro la guerra, e le drammatiche parle nella Via Crucis al Colosseo? Sì, lo ascoltano poco i potenti di questo mondo. Ma anche noi rischiamo di snobbarlo quando ci chiudiamo in noi stessi e nelle nostre piccole beghe. In questi ultimi mesi, c’è stata una eccezione: in tanti nel mondo ci siamo uniti a lui per pregare per la pace, per difendere la pace. Abbiamo fatto bene a farlo. Ed è bene continuare, anche a Narni.
Ma dobbiamo chiederci come lavorare per la pace oggi? come custodirla? come farla crescere? come essre anche noi felici? come vivere meglio nel mondo e anche a Narni? Questi interrogativi ce li poniamo nel giorno della festa del nostro patrono, san Giovenale. Certo, ciascuno di noi può dire: ma che posso fare io contro le guerre che ci sono nel mondo? Chi mi sta a sentire? Quali mezzi ho per intervenire? E poi come posso cambiare le cose? Il mondo è andato sempre così!  Di fronte a questi interrogativi è facile sentirsi impotenti e irrilevanti. La conseguenza? Ciascuno si ritira a pensare a se stesso, a rannicchiarsi nel suo piccolo mondo, nel suo piccolo gruppo, nella sua piccola cittadina, nella propria rocca.
Si vive così di pessimismo e di paura, di solitudine e di noia, alla ricerca di qualcosa che possa soddisfarci o farci evadere, qualunque cosa sia. Tale ripiegamento in noi stessi o nei nostri piccoli mondi avviene con molta facilità e porta conseguenze tristi. Faccio un solo esempio. Mi hanno fatto impressione i risultati di un’inchiesta fatta ai giovani delle nostre scuole di Narni. I dati dovrebbero farci pensare molto. Le conclusioni dell’inchiesta mostrano che i nostri giovani sono scontenti e soli. Uno dei ricercatori, tra l’altro, diceva: “Una percentuale di giovani compresa tra il 9 e il 15% dichiara di sentirsi sola e depressa. Il 26% dice di sentirsi stanco tutti i giorni, irritabile e ansioso…e il 35% dice di bere alcool e super alcolici tutti i giorni”. Ma quel che appare come il dato più preoccupante è la solitudine che sentono i nostri giovani.
Care sorelle e cari fratelli, non possiamo non allarmarci. Qual è, infatti, il domani di questi giovani? E qual è il futuro dei nostri bambini? In che mondo li lasciamo? Ecco perché è bene rivolgerci ancora a san Giovenale e chiedere a lui l’aiuto. Dobbiamo apprendere da lui ad essere cristiani generosi e cittadini sapienti di Narni come lui lo fu. Egli non restò dov’era, dall’Africa è venuto a Narni. E qui ha vissuto e predicato il Vangelo, qui ha pregato, qui ha aiutato i poveri, qui ha amato fino all’effusione del sangue. E per questo i nostri padri lo hanno proclamato patrono, difensore della nostra città. Oggi sta davanti a noi. Guardiamo il suo cuore, imitiamo la sua passione, seguiamo il suo amore, invochiamo la sua protezione. Un altro santo della nostra città, san Cassio, trasse la forza per difendere Narni da Totila che voleva distruggerla, pregando sulla tomba di san Giovenale.
E san Giovenale ha tratto la forza per amare e per vincere la paura dal Vangelo che anche abbiamo ascoltato: “Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri; come io ho amato voi, così voi amatevi gli uni gli altri”. San Giovenale ha tratto di qui la sua forza. Ha accolto l’amore di Gesù ed è divenuto forte. Accogliamo anche noi l’amore che il Signore ci dona. Questo amore è luce di Narni. Ho accolto qualche giorno fa il cero offerto dalle varie città italiane convenute a Narni. Ieri sera i vari castelli hanno portato i loro ceri e oggi lo portano le parrocchie. Se restano spenti non servono a nulla. C’è bisogno che si accendano. E noi vogliamo che l’amore si accenda nei nostri cuori per illuminare Narni e renderla bella e splendente per tanti. Ieri sera abbiamo liberato 6 giovani imprigionati nelle carceri del Mozambico. Ecco è un bell’inizio! Così si accende l’amore. E’ come ripagare il debito che abbiamo verso l’Africa che ci ha donato san Giovenale. Ma sono ancora pochi i carcerati liberati, molti di più dobbiamo liberarne. Presto poi si aprirà qui a Narni un centro di ascolto per i poveri e gli abbandonati. Vorrei che il cuore di Narni si apra sempre più a chi ha bisogno. Venite a collaborare con generosità. E’ con gesti come questi che Narni rinasce e risplende di pace. Oggi, amore e pace sono sinonimi. Se non si ama non c’è pace. Ma se il tuo cuore inizia a commuoversi su chi è debole e bisognoso, la pace muove i suoi primi passi e tu diventi operatore di pace, e sarai chiamato figlio di Dio, come dicono le beatitudini.
Care sorelle e cari fratelli, lo scorso anno, vi ricordate, espressi la mia profonda preoccupazione per la scarsa partecipazione alla messa della domenica. Con piacere ho visto che è divenuta anche vostra preoccupazione. Lo sottolineo ancora perché è nella Messa che si riaccendono i cuori, che si colmano le solitudini, che si riempiono i vuoti, che si riceve una energia di pace. Sì, a messa tutti apprendiamo a “comportarci in maniera degna della vocazione che abbiamo ricevuto”, come ci esorta san Paolo. La nostra ambizione non è quella di stare all’ombra di un avaro e sciocco campanilismo. No, ben più ambizioso è il Signore su Narni. Egli vuole che il nostro amore risplenda e si veda da lontano. Oggi lo vedono dal Mozambico. Allarghiamo il cuore, aumentiamo la luce e la nostra gioia sarà grande. Così accadde per san Giovenale: l’amore lo portò a Narni. Impariamo da lui a seguire il Vangelo e ad amare la pace.