Riflessione sulla pace

Rfilessiones sulla pace

“La pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire istaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio”.

Queste parole che aprono l’enciclica Pacem in terris restano un’indicazione chiara per sottolineare quanto la pace sia desiderata dai popoli e dove passi la sua via. La salvaguardia della dignità umana e la difesa dei diritti umani restano il fondamento della pace. Sono passati quaranta anni dall’emanazione dell’Enciclica e i quattro pilastri restano ancora oggi saldi: verità, giustizia, solidarietà e libertà.
La pace cresce nella libertà che, oggi, si presenta, in alcuni casi, come la lotta contro le dittature ma che si configura essenzialmente come libertà di accesso al libero mercato globale perché non siano solo i grandi potenti economici a condizionare la politica delle nazioni e degli organismi internazionali.

Non bisogna necessariamente essere cristiani per sapere che Dio non vuole la violenza e la guerra. Il ripudio della guerra sta scritto nel cuore di tutti gli uomini. Dio non vuole che il sangue umano sia sparso con la violenza e con la guerra. L’arcobaleno è un segno di quell’alleanza di pace che Dio ha fatto con tutti gli uomini e le donne qualunque sia la  loro lingua, la loro terra, la loro età. Per questo, tante volte, gli uomini guardano il cielo e chiedono pace.

Più volte negli ultimi decenni l’Umbria, soprattutto per la testimonianza di San Francesco, è divenuta un crocevia di pace. Giovanni Poalo II, potremmo dire umbro tra gli umbri, parla di Assisi come di un “luogo che la figura serafica di Francesco ha trasformato in ‘Centro di fraternità universale’ per il santo assisiate la pace non era una semplice questione morale, era piuttosto la sostanza della sua vita. La pace significava per lui una fraternità radicale, utopica. Non c’è dubbio che ancora oggi la sua testimonianza è scritta in questa terra, come in un singolare intreccio tra santità e territorio, tra pace e natura. Salgono dall’Umbria un’ansia di pace, una cultura di pace. Sono affidate a noi per essere  vissute e testimoniate. E sono talmente radicate nella terra che riescono ancora oggi a ispirare credenti e non credenti, religiosi e laici e i tanti giovani che si fanno promotori e partecipi d’iniziative e manifestazioni, quegli stessi che invaderanno domenica la strada tra Perugia e Assisi.

I credenti non devono solo parlare di pace, ma operare per costruire una società di pace, come si costruisce una civiltà in cui il rapporto tra le persone e le creature è retto da un atteggiamento di concordia e non di conflittualità. Dall’Umbria ecco allora che si leva un messaggio di pace.  Si tratta di un impegno che interpella tutti nella gravità della situazione contemporanea. E’ necessario ritrovare nuove ragioni di solidarietà tra le nazioni dell’occidente. L’Europa deve superare le logiche particolaristiche per esprimersi con voce comune, coscienti che l’interdipendenza tra i popoli è una crescente realtà e che, se si vuole costruire la pace, non c’è alternativa alla composizione di rapporti improntati alla cooperazione e alla solidarietà tra le nazioni. Occorre, inoltre, contrastare il nemico sottile e per questo ancor più pericoloso dell’indifferenza che si presenta sotto i molteplici volti della perdita delle radici, del senso di sé e delle cose, fuga dalla realtà, disamore per la vita, individualismo esasperato. C’è necessità di un’educazione costante alla pace fornendo gli strumenti di conoscenza e promuovendo itinerari di approfondimento di discussione e di verifica.

Un grande uomo di pace, Dom Helder Camara, vescovo brasiliano, in un cartoncino di auguri natalizio, aveva fatto disegnare una colomba che voleva con la testa rovesciata all’ingiù e le ali sopra la pancia. Era una colomba “debole” eppure forte perché continuava a portare nel becco il ramoscello biblico dell’ulivo. Sotto c’era questa scritta:” Per compiere la missione sacra di allevare la pace, volo in qualunque maniera, in qualsiasi direzione, con il vento e senza vento, con forza o senza forza, fino a cadere, fino a morire”.