Preghiera del Rosario con le famiglie

Rosario con le famiglie in occasione della Pentecoste

Erano passati cinquanta giorni dalla Pasqua e centoventi seguaci di Gesù (i Dodici con il gruppo dei discepoli assieme a Maria e alle altre donne) stavano radunati, come abitualmente facevano, nel cenacolo. Dalla Pasqua in poi, infatti, non avevano smesso di ritrovarsi assieme per pregare, ascoltare le Scritture e vivere in fraternità. Potremmo dire che anche voi, da tre anni, continuate a raccogliervi spiritualmente per pregare il Signore in compagnia di Maria. Sì, “Le famiglie di Maria” formano come un cenacolo spirituale, un cenacolo fatto di cuori di carne non di mattoni; e in questo cenacolo, voi tutti e voi tutte, con Maria invocate assieme il Signore perché mandi il suo Spirito a proteggere le vostre famiglie. Sono rimasto contento quando ho saputo di questa iniziativa. E ho voluto che questa sera, come a ricordare i primi giorni di giungo del 2000, quando iniziò questa recita del rosario, ci ritrovassimo in cattedrale qui a Terni. Perché? E’ l’anno della preghiera con il rosario per la pace. Giovanni Paolo II ha invitato l’intera Chiesa cattolica a pregare con questa santa catena perché la pace scenda sulla terra, perchè terminino le guerre, perché l’amore finalmente prevalga sull’odio e sull’indifferenza. Il mondo intero, a partire da ciascuno di noi e delle nostre famiglie, ha bisogno della Pentecoste, ha bisogno di una grande effusione d’amore.

Alla viglia di questa memoria così importante ci siamo raccolti insieme per recitare il rosario e celebrare questa santa liturgia eucaristica. Vogliamo prepararci a vivere con cuore aperto la fetsa della Pentecoste, la festa dell’effusione dello Spirito. Sentiamo vere le parole che Gesù aveva detto ai discepoli nel giorno dell’Ascensione: “voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”(Lc 24,49); e durante l’ultima cena: “E’ meglio per voi che io me ne vada; poiché se non me ne vado, il Consolatore non verrà a voi”(Gv 16,7). I discepoli avevano bisogno di un Consolatore. E chi di noi, care sorelle e cari fratelli, non ne ha bisogno? E non ne hanno bisogno i nostri figli, i nostri mariti, i nostri genitori, i nostri nipoti, questa nostra chiesa diocesana e l’intero mondo? Scrive Paolo: “Tutta la creazione geme e soffre fino alle doglie del parto”. Sì, il mondo aspetta la pace, e geme finché non arrriva. C’è troppo poco amore in giro, c’è troppo egoismo nel mondo e dentro i cuori degli uomini e delle donne. E noi tutti lo sappiamo bene. Abbiamo ascoltato il racconto della Torre di Babele. Gli uomini volevano costruire una torre alta che avrebbe dovuto raggiungere sino al cielo. Insomma volevano essre padroni anche del cielo, anche di Dio. Era il loro orgoglio. Era come se dicessero: non abbiamo più bisogno di Dio, ce la facciamo da noi! Ma cosa accadde? Ben presto l’egoismo di ciascuno prevalse. E, come ben sappiamo per esperienza, quando ciascuno lavora solo per sé, immediatamente vede l’altro come concorrente, come nemico. L’orgoglio che li univa, subito li travolse. Non si compresero e si dispersero (Gn 11,1-9). La dispersione della Torre di Babele è un racconto antico; ma in esso si descrive la vita ordinaria dei popoli sulla terra, spesso divisi tra loro e in lotta. Ma è anche la storia vicina a noi: spesso si vive ciascuno per proprio conto, ciascuno pensando solo a sé, e nessuno bada al bene comune, al bene della famiglia, al bene della comunità, al bene di tutti gli uomini. E così termina la pace e inizia la guerra.


La Pentecoste pone termine a questa Babele di uomini in lotta tra loro. Lo Spirito Santo effuso nel cuore dei discepoli da inizio ad un tempo nuovo, quello della comunione e della fraternità, non quello dell’indifferenza e dell’odio. La Pentecoste è il contrario di Babele. A Babele gli uomini si divisero. A Gerusalemme, nel giorno di Pentecoste, èpur essendo di lingue diverse furono tutti uniti dallo Spirito Santo. Dal cielo – narrano gli Atti degli Apostoli – scese una pioggia come di lingue di fuoco le quali si posarono sul capo di ciascuno dei presenti. Cos’era questa lingua di fuoco? Era la lingua del Vangelo. Gli apostoli la dicevano e tutti capivano nella loro lingua. Il Vangelo varca i confini stabiliti dagli uomini e tocca i loro cuori perché si commuovano. Il miracolo della comunione inizia a Pentecoste, dentro il cenacolo e davanti alla sua porta. E’ qui – tra il cenacolo e la piazza del mondo – che inizia la fraternità cristiana, la Chiesa: i discepoli, pieni di Spirito Santo, vincono la loro paura e iniziano a predicare. Hanno la stessa lingua: Il Vangelo. Questa è la nostra lingua, quella che ci unisce. E noi, nella recita del rosario, non facciamo altro che parlare questa lingua. In compagnia di Maria meditiamo il Vangelo, stiamo vicini a Gesù. E Maria, che lo conosce meglio di tutti noi, ci aiuta. Il Papa Giovanni Paolo II ha voluto aggiungere al rosario i “misteri della luce” perché voleva che accompagnassimo Gesù anche nei tre anni della vita pubblica. Il volumetto del rosario commentato, che consegnerò a ciascuno di voi questa sera, vuole essere la proposta di vivere ancor più profondamente questa preghiera. Sì, in questo modo il rosario ci lega sempre più a Gesù attraverso la compagnia di Maria.


Mi raccomando, care “Famiglie di Maria”, praticate con frequenza questa lingua del Vangelo! Sapete bene che se uno non parla diventa muto. Ebbene, recitate il rosario e saprete parlare anche voi. E tutti vi comprenderanno. Non è accaduto così per voi? Avete iniziato in pochi ed ora siete in molti, e non solo a Terni, ma anche in altre città d’Italia. E’ quel che accadde a Pentecoste: Pietro iniziò a parlare e tanti lo ascoltavano parlare nella loro lingua. Insomma davvero il Vangelo è di fuoco, appunto come quelle lingue come di fuoco che scendevano sul capèo dei discepoli riuniti nel cenacolo con Maria. Del resto Gesù cosa ci ha detto? “Chi ha sete venga a me e beva…e fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo cuore”. Care sorelle e cari fratelli, il rosario ci fa bere l’acqua pura dalla fonte. Beviamola tutti i giorni, beviamola sempre. E noi stessi diventeremo sorgenti di misericordia, di amore, di bontà, di fraternità. Insomma la “lingua” del Vangelo è come una fontana zampillante, è come una fiamma di fuoco. Tutti vengono dissetati, tutti vengono bruciati di amore. E’ quel che accadde quel giorno a Pentecoste. E’ quel che mi auguro continui ad accadere qui a Terni e in altre città italiane e, perché no, anche del mondo.