Consacrazione di Emanuela Buccioni

Consacrazione di Emanuela Buccioni

“Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo”(At 2,1). Erano passati cinquanta giorni dalla Pasqua e centoventi seguaci di Gesù (i Dodici con il gruppo dei discepoli, assieme a Maria e alle altre donne) stavano radunati, come ormai abitualmente facevano, nel cenacolo. Dalla Pasqua in poi, infatti, non avevano smesso di ritrovarsi assieme per pregare e per  ascoltare le Scritture. Questa tradizione apostolica non si è mai più interrotta, da allora ad oggi. Non solo a Gerusalemme ma in tante altre città del mondo i cristiani continuano a radunarsi “tutti assieme nello stesso luogo” per ascoltare la Parola di Dio, per nutrirsi del pane della vita e del calice della salvezza e per continuare a vivere assieme nella memoria del Signore.

Quel giorno di Pentecoste fu decisivo per quella iniziale comunità. Abbiamo ascoltato dagli Atti degli Apostoli che, nel pomeriggio, proprio come ora, “venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatteva gagliardo” sulla casa dove si trovavano i discepoli; fu una sorta di terremoto che si udì in tutta Gerusalemme, tanto da richiamare molta gente davanti a quella porta per vedere cosa stesse accadendo. Apparve subito che non si trattava di un normale terremoto. C’era stata una grande scossa, ma non era crollato nulla. Da fuori non si vedevano i “crolli” che stavano avvenendo dentro. All’interno del cenacolo, infatti, i discepoli sperimentarono un vero e proprio terremoto, che pur essendo fondamentalmente interiore, coinvolse visibilmente tutti loro e lo stesso ambiente. Videro delle “lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono sul capo di ciascuno di loro; ed essi furono pieni di Spirito santo e cominciarono a parlare in altre lingue”. Fu per tutti loro – dagli apostoli, ai discepoli, alle donne – un’esperienza che cambiò profondamente la loro vita. Forse ricordarono quello che Gesù aveva detto loro: “E’ meglio per voi che io me ne vada; poiché se non me ne vado, il Consolatore non verrà a voi”(Gv 16,7). Quella comunità aveva bisogno della Pentecoste, ossia di un evento che sconvolgesse profondamente il cuore di ciascuno, appunto come un terremoto. In effetti, una forte energia li avvolse e una specie di fuoco li divorava nel profondo; la paura crollò e cedette il passo al coraggio, l’indifferenza lasciò il campo alla compassione, la chiusura fu sciolta dal calore, l’egoismo fu soppiantato dall’amore. La Chiesa iniziava così il suo cammino nella storia degli uomini.

La Chiesa, ogni Chiesa diocesana, non può vivere senza la forza della Pentecoste. Oggi, anche noi viviamo questa memoria in un modo più arricchito. La nostra cattedrale, divenuta un cenacolo, è come scossa da un “vento gagliardo” con la consacrazione a Dio, nell’ordine delle vergini, della nostra sorella Emanuela. Già i Vangeli ci parlano di alcune donne che, assieme ai discepoli, seguivano Gesù per servirlo. Prima tra tutte Maria, la madre di Gesù. Lei, potremmo dire, è la prima di questo ordine. La riflessione teologica, nei successivi secoli, ha infatti visto Maria, non solo come la madre di Gesù, ma anche come la sposa del Verbo. Non dimentico lo splendido mosaico di Santa Maria in Trastevere, suggerito da San Bernardo di Chiaravalle, che riporta Maria seduta sullo stesso trono accanto a Gesù il quale, con la mano destra l’abbraccia. E nel cartiglio riporta scritta la frase del Cantico: “Vieni, mia diletta, in te metterò il mio trono”. Maria, in questa icona absidale, è mostrata come la “sponsa Verbi”, la sposa del Verbo. Da Gesù in poi, sempre nella Chiesa, ci sono state donne che hanno rinunciato al matrimonio per dedicarsi totalmente a Dio e al suo servizio. Sono particolarmente significative le diverse tradizioni monastiche e religiose che raccolgono un grande numero di donne che dedicano tutta la vita a Dio. La consacrazione di queste donne avviene entrando, appunto, in una particolare comunità monastica o religiosa.

L’ordine delle vergini, che dopo il Vaticano II ha come ripreso nuovo vigore, non chiede di entrare in una comunità religiosa. Chi lo desidera sceglie di vivere all’interno della chiesa diocesana attraverso l’obbedienza al vescovo. Insomma, si vive la propria donazione totale a Dio condividendo, dentro la Chiesa diocesana,  la vita comune di tutti senza alcuna regola particolare, senza distinzione di abito o di casa. Direi che si sottolinea la radicalità della scelta di Dio seguendo la vita ordinaria degli uomini e delle donne della città. La rinuncia al matrimonio è segno del dono totale di sé a Dio. E noi ringraziamo il Signore che una nostra figlia oggi sia accolta e benedetta dal Signore nell’ordine delle vergini. E preghiamo il Signore che qualche altra possa guardare a questo ideale come vicino alla propria vita.
La Liturgia della consacrazione delle vergini manifesta la natura sponsale di questa scelta. Emanuela rinuncia a sposarsi per scegliere Gesù come il tutto della sua vita, come il suo sposo. Ecco perché questa celebrazione ha i tratti di una liturgia sponsale, secondo la tradizione biblica che presenta l’amore di Dio per il suo popolo come quello dello sposo per la sposa. Cara Emanuela reciterò tra poco la preghiera di consacrazione con la quale chiedo al Signore di rivolgere su di te il suo sguardo mentre tu deponi nelle sue mani il proposito della verginità che ti legherà a Cristo per sempre. La preghiera di consacrazione aggiunge che in questo modo tu cogli la realtà più intima dello stesso matrimonio che è, appunto, il vincolo sponsale con Gesù. E nel metterti al dito l’anello posso dirti: “Ricevi l’anello delle mistiche nozze con Cristo e custodisci  integra la fedeltà al tuo sposo”.

Care sorelle e cari fratelli, questa celebrazione ci richiama il cuore stesso della festa di Pentecoste, ossia il primato assoluto di Dio e del suo amore nella nostra vita. Ad Emanuela, infatti, non viene affidato nessun un compito e nessun ministero, come accade ad esempio nella consacrazione sacerdotale e anche nel matrimonio. Oggi si celebra solo l’amore tra Dio e una sua figlia. E basta. Questo, se lo comprendiamo, è un terremoto che sconvolge i tanti primati che ciascuno di noi, in modo più o meno nascoto,  più o meno cosciente, ha messo nelle proprie giornate. Quante volte al centro della nostra attenzione c’è il nostro io? le nostre fatiche o le nostre realizzazioni? le nostre gioie o le nostre sofferenze? Insomma, l’io in ogni modo? Ed anche nella vita della nostra chiesa diocesana non diamo a volte più peso alle strutture, agli organismi, alle pianificazioni, ai programmi, che all’amore? Non rischiamo tutti di diventare dei funzionari o dei fruitori piuttosto che degli innamorati di Dio? Dobbiamo riscoprire il principio mariano o il genio femminile nel mistero della Chiesa che è la nuda centralità dell’amore. Tutto terminerà nella Chiesa, tutti ministeri avranno fine, l’unica cosa che resta è l’amore. Ecco perché l’amore va messo al primo posto; deve avere il primato su tutto. E’ questa peraltro l’unica vera e forte testimonianza che la Chiesa è chiamata a offrire al mondo.
Cara Emanuela, oggi, donandoti a Dio ci ricordi il primato dell’amore su ogni cosa. E’ la via della santità; una via semplice e ardua. Ma lo Spirito Santo, effuso nei nostri cuori di creta, è la nostra forza, la nostra consolazione, il nostro sostegno. Abbiamo ascoltato l’apostolo che ci chiede di camminare secondo lo Spirito per non essere portati a soddisfare i desideri della carne che sono fornicazione, impurità, idolatria, inimicizie, discordia, gelosie, divisioni, invidie. Chi si lascia guidare dallo Spirito, invece, porta frutti di amore, gioia, pace, pazienza, benvolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé. Questa sera chiediamo al Signore che lo Spirito Santo prenda possesso del tuo cuore e della tua vita e possa tu essere in mezzo a noi il segno continuo del primato dell’amore di Dio su ogni cosa. E’ ovvio, ti farò lavorare nella vita della Diocesi, ma questo è solo una conseguenza. Ora ti consacro perché tu sia tutta di Dio, e questo devi testimoniare in mezzo a noi e nella nostra città. Terni, i giovani, gli adulti, glòi anziani, hanno bisogno di vedere chiara e forte la scelta di Dio come il centro della nostra vita.
Mentre ti assicuro la mia preghiera, ti consegno il libro della liturgia delle ore perché tu, senza interruzione, faccia salire a Dio la lode per noi, per questa diocesi e per il mondo intero. E lo Spirito, luce beatissima, invada nell’intimo il tuo cuore e ti riempia dei suoi santi doni. Amen.