Perchè nell’arte parli il vangelo

Intervista di "Chiesa oggi"

Nella chiesa devono convergere tutte le espressioni artistiche, dalla pittura alla scultura, dal canto alla poesia. L’arte in chiesa è veicolo del magistero. In quanto tale le sue espressioni devono sorgere da un intenso dialogo tra committente e artista. L’arte è una dimensione della vita che si avvicina allo spirito e somiglia alla preghiera. Parla Mons.Vincenzo Paglia, vescovo di Terni.


Il committente, nella storia, ha sempre avuto un’importanza fondamentale per la definizione delle opere d’arte. In che modo è bene che si muova il committente ecclesiastico oggi, quando i rapporti tra Chiesa e Arte sono piuttosto travagliati?

Credo sia importante comprendere quanto sia urgente che gli edifici di culto, nella loro interezza, siano ripensati entro una prospettiva di collaborazione con gli artisti. E questo vale non solo per l’architettura, ma anche per tutte quelle arti che concorrono alla bellezza del luogo di culto: le arti figurative come la pittura e la scultura, come anche il canto, la musica, la poesia. Forse il committente ecclesiastico oggi non ha ancora compreso fino in fondo quanto sia necessaria alla vita religiosa l’espressione artistica. La chiesa deve diventare il luogo ove convergono tutte le espressioni artistiche. E al committente spetta di attivare questa collaborazione. Nel luogo di culto il messaggio evangelico trova espressione anche attraverso i diversi linguaggi dell’arte, che sono fortemente evocativi, suggestivi e simbolici. Per quel che mi concerne, nella diocesi di Terni sto cercando di avviare concretamente tale dialogo.

Vi sono scuole che formano gli artisti e seminari che formano i sacerdoti. Ma il committente in quanto tale oggi è adeguatamente formato al dialogo con l’arte?

Credo sia necessaria maggiore apertura e attenzione verso la conoscenza delle forme artistiche in tutto il clero, sia nei seminari sia fuori. La dimensione artistica ha la capacità di toccare tutte le fibre dell’essere umano, e in questo si avvicina all’esperienza religiosa. L’arte si rivolge alla sensibilità come alla ragione, al cuore come all’intuito. Questa qualità, questa propensione a coinvolgere tutto l’essere, nei suoi molteplici aspetti, la avvicina più di ogni altra forma espressiva alla prospettiva religiosa. La stessa omelia, ad esempio, deve essere vista come un’opera d’arte, capace di parlare direttamente al cuore. Ma lo stesso deve avvenire col canto, con la gestualità, con gli oggetti stessi che servono al culto, con tutto ciò che comunica con immediatezza entro la cornice liturgica. Tutto deve essere assunto entro lo svolgimento dell’azione che si apre all’incontro con Dio.

Nella forma del rito talvolta si trova invece una certa ingessatura; il rischio di una certa ripetitività…

Il rischio è quello della banalizzazione. Vorrei proporre un paragone: come nella liturgia si richiede che calice e patena siano dorate, allo stesso modo tutti gli altri aspetti della celebrazione dovrebbero essere rivestiti di bellezza e di preziosità. A volte invece ci si trova di fronte a situazioni inappropriate, per esempio a omelie sciatte, laddove invece
anche queste dovrebbero essere in un certo senso espressioni artistiche, ricche di poesia.

Forse si potrebbero abolire i sussidi….

Chissà, magari introducendo la lettura di testi dei Padri della tradizione spirituale della Chiesa. E comunque il cosiddetto arredo liturgico deve partecipare a questo afflato poetico e creare la giusta atmosfera per il luogo di culto. Certamente primario è il contenuto, ma la forma è fondamentale per la comunicazione del contenuto, e in questo l’arte – intesa,
come dicevo, nei suoi molteplici aspetti – è insostituibile.

Oggi molti praticano la via del concorso. A Terni invece Ella ha fatto ricorso alla committenza diretta…

Il committente deve intervenire personalmente. Non è un appaltatore, non può affidare ad altri il compimento di un’opera alla cui gestione egli comunque è chiamato. Per quel che mi riguarda ho creduto di scegliere alcuni artisti che meglio rispondessero alle prospettive che mi ero prefisso. L’intervento artistico richiesto è stato diretto all’edificazione e al completamento artistico di una chiesa nuova, e al restauro e all’adeguamento liturgico della cattedrale. In quanto committente mi sono riservato di intervenire, oltre che nella scelta degli artisti, nella definizione del soggetto e nella
sua elaborazione, mantenendo uno stretto dialogo con gli artisti. La dinamica è questa: all’ar tista viene proposta l’idea, per esempio, un tema biblico. A lui spetta di digerirla, di conoscerla a fondo, di assaporarla e rielaborarla fino a potere esprimerla per mezzo della sua sensibilità interpretativa. Così si forma tra committente e artista una dialettica che vive di un dialogo continuo, fino alla confezione finale dell’opera. Nel caso di quanto è stato realizzato nella diocesi di Terni, ho seguito passo passo il processo, oltre che nelle discussioni personali con i singoli artisti, esaminando e rivedendo i bozzetti che via via presentavano, mentre veniva maturando la forma finale.

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