Tutti i muri abbattuti dal Papa

Tutti i muri abbattuti dal papa

“Gesti come la preghiera di Assisi lo hanno reso il leader spirituale del mondo”

di Lucia Pippi  

Parlare di Giovanni Paolo II non è facile. Un uomo che in soli 25 anni ha cambiato la storia non solo della Chiesa ma del mondo intero. “Una figura straordinaria di grande spessore religioso, quasi mistico”. Così lo definisce il vescovo di Terni Monsignor Vincenzo Paglia, che lo ha conosciuto sin dai suoi primi giorni di pontificato e  che ha collaborato attivamente con lui.

So che con tutta la Diocesi andrà in pellegrinaggio dal Papa per i 25 anni di Pontificato.

“Mercoledì 5 novembre la Diocesi di Terni si recherà in pellegrinaggio a Roma per stringersi attorno al Papa che ha appena celebrato i suoi 25 anni di Pontificato. Ma è anche l’occasione per ricordare il 60esimo anniversario dei bombardamenti che hanno colpito Terni, Narni e Amelia. Terni, in particolare, per i 108 bombardamenti subiti è una città martire. Ancora oggi si vedono i segni della distruzione. Non vogliamo dimenticare questa tragedia. E vogliamo che non si ripetano più gesti come questi. Perciò  ci rechiamo dal Papa e lo ringraziamo per quanto ha fatto per la pace. In questa occasione gli presenteremo anche il piccolo volume “Umbria terra di pace”. E’ stato dedicato a Giovanni Paolo II, “defensor pacis”.

Giovanni Paolo II viene ricordato, oltre che come difensore della pace, anche per aver contribuito al crollo del regime comunista per essere un campione nella lotta per la libertà. Quale è stato secondo lei il suo ruolo in questo caso?

“Ho avuto la grazia e la gioia di conoscere Giovanni Paolo II sin dai suoi primi giorni di pontificato. Immediatamente mi è apparso il suo spessore religioso anzi mistico. E penso che sia proprio questa la chiave per comprendere la forza straordinaria di questo Papa. Sono convinto che la sua forza risiede, appunto nella sua dimensione interiore, nel suo rapporto con Dio. Ed è questa dimensione religiosa che lo faceva entrare in un singolare sintonia anche con l’uomo, con l’umanità intera. Questa ragione lo spinge a lottare contro tutto ciò che opprime l’uomo. E lo ha fatto sin da giovane e poi da vescovo e da cardinale in Polonia, contro quei regimi che negavano la libertà, come il comunismo e il nazismo. Salito al soglio di Pietro, non poteva ovviamente, dimenticare la condizione drammatica dei Paesi dell’Est. E ha continuato con maggior forza a difendere la libertà e i diritti dell’uomo in ogni parte del mondo. Questa sua convinzione e questa sua tenacia, che un attentato voleva anche piegare, hanno certamente contribuito al crollo del regime comunista”.

Navarro Valls, portavoce della Santa Sede, parlando del Papa disse che Giovanni Paolo II aveva portato nella Chiesa la modernità in un momento in cui essere cattolici significava essere antiquati.

“Non c’è dubbio che i cattolici vivevano con una sorta di soggezione verso la modernità. La scienza, la tecnica e un certo pensiero comune affermavano che con lo sviluppo dell’economia e della scienza il cristianesimo sarebbe pian piano scomparso. Giovanni Paolo II ha ridato dignità (e anche orgoglio) ai credenti perché ha saputo riportare sulla scena internazionale la forza della fede. Quel grido, appena eletto, a Piazza San Pietro ‘Non abbiate paura, aprite le porte a Cristo’ risuona ancora oggi.. E quando con il pastorale, rompendo la ieraticità della celebrazione, andò verso la gente alzando il crocifisso mostrava quale sarebbe stato lo stile del suo pontificato: il mondo ha bisogno di Cristo e noi cristiani non dobbiamo aver paura di annunciarlo a tutti”.

Un milione di ragazzi a Denver, due milioni a Tor Vergata per le Giornate Mondiali della Gioventù. Cosa trovano i giovani in questa figura secondo lei?

“Ricordo che, quando il Papa ci chiamò dicendoci che voleva organizzare degli incontri con i giovani tutti i presenti rimasero sorpresi e un po’ titubanti. Come sarebbe stato possibile? Aveva ragione lui e torto noi. Il rapporto tra il Papa e i giovani potremmo dire che è stato un crescendo di sintonia, un crescendo di amore. Il segreto è che il Papa, a differenza di una certa cultura, non vede i giovani come possibili fruitori di mercato, ma come figli bisognosi di paternità e di fiducia. Spesso invece hanno solo adulatori e scettici. Il Papa rappresenta un figura di riferimento forte, sicura e che ricorda loro che il futuro è nelle loro mani. I giovani hano sentito la verità delle sue parole e questo li porta a percorrere migliaia di chilometri per incontrarlo”.

Grande è stato l’impegno di Giovanni Paolo II nel cercare il dialogo con le altre religioni. Secondo lei in questo campo quanti muri ha fatto crollare?

“Ricordo ancora quando nell’estate del 1985 lo incontrai e mi disse “L’anno prossimo sarà l’anno delle Nazioni Unite per la Pace” – c’era ancora il muro e il mondo era diviso in due ed era forte il rischio della guerra nucleare – “Bisogna fare qualcosa” e aggiunse “visto che gli uomini politici non sanno portare la pace potremmo chiamare gli uomini di fede per una grande preghiera”. Ricordo ancora il suo primo incontro con un dignitario musulmano, il Gran Muftì della Siria. Nel corso del colloquio il Papa gli chiese il parere su questa preghiera della Pace. La risposta fu affermativa. Da lì partì il cammino che portò alla preghiera di Assisi. E fu Giovanni Paolo II a scegliere Assisi come sede dell’incontro. Per noi umbri, se da una parte è motivo di orgoglio, dall’altra è anche uno stimolo a cogliere questo tesoro e a farlo fruttare. E’ ormai comune tra i rappresentanti delle grandi religioni mondiali parlare dello “Spirito di Assisi” per intendere un rapporto pacifico e dialogico tra le diverse religioni. Lo “Spirito di Assisi” è il paradigma opposto al “conflitto tra le civiltà”. Mi chiedo: noi umbri siamo coscienti di questo tesoro? L’incontro tra le religioni per pregare per la pace venne quindi da due spinte interiori del Papa: l’una è la convinzione che la pace viene solo da Dio, l’altra è il ripudio di una guerra devastante.
Giovanni Paolo II con gesti come quello di Assisi è diventato il leader spirituale del mondo. E’ in questo senso che ha fatto crollare molti muri di divisione. E non per questo ha attutito l’identità cristiana. Chi crede questo porti ad indebolire la fede o non ha capito o è pieno di pregiudizi. Anzi il Papa ha potuto radunare ad Assisi i capi religiosi proprio perché ha una fortissima identità cristiana. Insomma è tanto simile a San Francesco, il quale andando a parlare con il Sultano, non attutì il suo spirito cristiano, ma anzi lo esaltò. Il Papa ci insegna la grande cultura di pace, che è quella di non avere nemici e soprattutto di sperare per la crescita della convivenza tra popoli diversi. E’ un’utopia? Purtroppo il mondo in cui viviamo è pieno di drammi perché ci sono troppi realisti e troppo pochi che sognano un mondo di pace, un futuro di uguaglianza, di solidarietà e di benessere per tutti”.

Ha portato Cristo nella sua figura in tutto il mondo. Non c’è stato Papa che ha viaggiato di più di Giovanni Paolo II. Quale è il significato di questi suoi incontri con tutte le comunità del mondo?

“Quando incontrai il Papa per la prima volta a Castel Gandolfo, dopo cena stavamo andando verso i giardini. Mentre camminavamo mi disse “Sarà d’oro ma è sempre una gabbia”. Sentiva fortissimo il comando di Gesù a Pietro, “Va e conferma i tuoi fratelli”: è andato ovunque nel mondo a confermare la fede dei cristiani. Il Papa non vive il suo pontificato da burocrate. Egli si sente il pastore che deve ridare il coraggio alle Chiese sparse nel mondo, iniziando da quelle più povere. Alle Chiese dei paesi poveri ha dato coraggio e a quelle dei paesi più ricchi ha chiesto di allargare il cuore. E’ un papa che con i suoi viaggi ha voluto mostrare una  chiesa che sta accanto agli uomini e alle donne di questo difficilissimo passaggio di millennio”.

In questo periodo il Papa è sofferente. In questa sofferenza incarna secondo lei il Vangelo?

“Si potrebbe dire che il Papa ha ricevuto le stigmati di Cristo, prendendo interamente la croce fino a salirci. Il colpo ricevuto nell’attentato di Piazza San Pietro era come la prima stigmate ricevuta da questo Papa. Ora sta sulla croce della malattia, ma non cessa di mostrare, magari anche senza terminare le frasi, il suo amore per la Chiesa. Proprio il giorno del suo 25esimo di Pontificato, mentre parlava mi veniva in mente la scena di Gesù sulla Croce quando, invece di lamentarsi del proprio dolore, ha pensato all’anziana madre e al giovane discepolo. E’ un Papa che mostrerà il suo amore fino all’ultimo respiro”.

da “Il Giornale dell’Umbria”