Pentecoste 2003

Pentecoste 2003

Erano passati cinquanta giorni dalla Pasqua e centoventi seguaci di Gesù (i Dodici con il gruppo dei discepoli assieme a Maria e alle altre donne) stavano radunati nel cenacolo. Dalla Pasqua in poi non avevano smesso di ritrovarsi assieme per pregare, per ascoltare le Scritture e per vivere in fraternità. Era domenica quel giorno e anche noi ci siamo radunati “tutti assieme nello stesso luogo” per ascoltare la Parola di Dio, per nutrirci del pane della vita e per continuare a vivere assieme nella memoria del Signore. Oggi ricordiamo, o meglio riviviamo quel giorno. Per i discepoli di Gesù fu decisivo.
Narrano gli Atti degli Apostoli che, nel pomeriggio, “venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatteva gagliardo” sulla casa dove si trovavano i discepoli; fu una sorta di terremoto che si udì in tutta Gerusalemme, tanto da richiamare molta gente davanti a quella porta per vedere cosa stesse accadendo. Apparve subito che non si trattava di un normale terremoto, come quelli tragici che qualche anno fa colpirono anche la nostra terra e che ultimammente hanno colpito la Turchia e l’Algeria. A Gerusalemme ci fu una grande scossa, ma non crollò nulla. Non crollarono le mura, ma i cuori. Dentro il cenacolo i discepoli sperimentarono un vero e proprio terremoto interiore. Videro quindi delle “lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono sul capo di ciascuno di loro; ed essi furono pieni di Spirito santo e cominciarono a parlare in altre lingue”. Fu per tutti loro – dagli apostoli, ai discepoli, alle donne – un’esperienza che cambiò profondamente la loro vita. Forse ricordarono quello che Gesù aveva detto loro nel giorno dell’Ascensione: “voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”(Lc 24,49); e compresero le altre parole che Gesù aveva detto loro: “E’ meglio per voi che io me ne vada; poiché se non me ne vado, il Consolatore non verrà a voi”(Gv 16,7). Quei discepoli avevano bisogno della Pentecoste, ossia di un evento che sconvolgesse profondamente il loro cuore, appunto come un terremoto. In effetti, una forte energia li avvolse e una specie di fuoco prese a divorarli nel profondo; finì la paura e venne il coraggio; cadde l’indifferenza e iniziò la compassione; si sciolse l’egoismo e si rafforzò l’amore. Era la prima Pentecoste. La chiesa iniziava il suo cammino nella storia degli uomini.
Il terremoto interiore che aveva cambiato il cuore dei discepoli ebbe riflessi anche fuori del cenacolo. Quella porta tenuta sbarrata per cinquanta giorni “per paura dei giudei”, finalmente si spalanca e i discepoli, non più ripiegati su loro stessi, iniziano a parlare alla numerosa folla sopraggiunta. La lunga e dettagliata elencazione di popoli indica la presenza del mondo intero davanti a quella porta: sono ebrei da Roma e proseliti, ossia pagani avvicinatisi alla Legge di Mosé. Ebbene, mentre i discepoli di Gesù parlano, tutti costoro li intendono nella propria lingua: “Li sentiamo annunciare ciascuno nelle nostre lingue le grandi cose che Dio ha fatto”, dicono stupiti. Si potrebbe dire che questo è il secondo miracolo della Pentecoste. Da quel giorno lo Spirito del Signore ha iniziato a superare limiti che sembravano invalicabili; ossia i limiti che legano ogni uomo e ogni donna al proprio luogo, alla propria famiglia, al proprio piccolo orizzonte. La Pentecoste apre il cuore dei discepoli al mondo intero. Lo Spirito Santo fa iniziare a quei discepoli una nuova storia, la stioria della fraternità cristiana che non conosce copnfini, la storia di un amore che non ha limiti di nessun genere, né di lungua, né di razza, né di condizione, né di appartenenza.
Sì, inizia una nuova storia. E come abbiamo visto, non inizia perché lo vogliono i discepoli, ma perché essi sono spinti dallo Spirito che gli brucia dentro. Non possono più restare dove sono, non possono più pensare a se stessi. L’amore li spinge ad aprire le porte, soprattutto le porte del cuore. Dal cielo – narrano gli Atti – scese una pioggia come di lingue di fuoco le quali si posarono sul capo di ciascuno dei presenti: era la fiamma dell’amore che brucia ogni asperità e lontananza; era la lingua del Vangelo che varca i confini stabiliti dagli uomini e tocca i loro cuori perché si commuovano. Il miracolo dell’amore tra tutti, nessuno escluso, inizia proprio a Pentecoste, dentro il cenacolo e davanti alla sua porta. E’ qui – tra il cenacolo e la piazza del mondo – che inizia la Chiesa: i discepoli, pieni di Spirito Santo, vincono la loro paura e iniziano a predicare. Gesù aveva detto loro: “Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera”(Gv 15,13). Lo Spirito è venuto, e da quel giorno continua a guidare i discepoli per le vie del mondo. La solitudine e la guerra, la confusione e l’incomprensione, l’orfananza e la lotta fratricida, non sono più ineluttabili nella vita degli uomini, perché lo Spirito è venuto a “rinnovare la faccia della terra” (Sal 103, 30). L’apostolo Paolo, nella Lettera ai Galati, esorta i credenti a camminare “secondo lo Spirito per non essere portati a soddisfare i desideri della carne… Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere” (Gal 5, 19-21). E aggiunge: “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”(Gal5,22). Di questi frutti ha bisogno il mondo intero, ne abbiamo bisogno noi, ne ha bisogno Terni. Care sorelle e cari fratelli, lo Spirito Santo, come quel giorno di Pentecoste, è effuso anche su di noi perché usciamo dalle nostre grettezze e dalle nostre chiusure e comunichiamo al mondo l’amore del Signore. Anche a noi è data in dono la “lingua” del Vangelo, ed io ho voluto consegnare a ciascuno di voi il Vangelo di Marco. Questa lingua, questo Vangelo è come il “fuoco” dello Spirito. Sì, chi lo legge con il cuore sente bruciare dentro, sente il calore della’mroe di Gesù, ma sente anche l’urgenza di comuniare a tutti che il Signore è l’amico vero e chiunque l’accoglie è felice, è salvo.