Pasqua 2010 – Veglia pasquale
Care sorelle e cari fratelli,
in questa notte celebriamo il mistero centrale della fede cristiana: la risurrezione di Gesù. La Chiesa, consapevole di questa centralità, organizza l’intero anno liturgico attorno alla Pasqua. E’ un mistero talmente luminoso da accecare. Abbiamo bisogno di contemplarlo per poterne cogliere la forza dirompente. Il fatto che siamo venuti in tanti, e a quest’ora, sta a significare che ne intuiamo la straordinarietà. E’ facile però ignorarlo a motivo della nostra superficialità. Eppure è il cardine della fede cristiana. Intendiamoci, non è scontato accoglierlo. Le narrazioni evangeliche sembrano sottolineare le difficoltà che ebbero i discepoli e le donne a credere alla risurrezione di Gesù.
Il vangelo che abbiamo ascoltato mostra le donne rassegnate alla morte di Gesù. Si alzarono presto la mattina del giorno dopo il sabato per fare un ultimo gesto di affetto verso quel corpo morto. E tutti gli apostoli senza eccezione alcuna erano increduli. Quando le donne dissero loro che Gesù non era più nel sepolcro le presero per sciocche. E poi ricordate Tommaso: se non vedo e non tocco non credo. Eppure Gesù più volte lo aveva detto agli apostoli. Nel Vangelo di Luca l’angelo dice a quelle donne: “Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”(Lc 24, 6). Ma gli apostoli e le donne non lo avevano preso sul serio, come in genere noi facciamo con il Vangelo.
In verità quella notte Gesù ha sconfitto la morte ed è risorto. Non sappiamo bene cosa questo significhi, ma è certo risorto con il suo corpo. Per questo Gesù mostra agli apostoli le mani e il costato con i segni dei chiodi. Quel Gesù risorto è lo stesso che è stato crocifisso. Ma è un corpo spirituale. Non mi dilungo su questo per fermare un poco l’attenzione su quel che questo significa relativamente alla nostra risurrezione. Anche noi risorgiamo con Gesù e come Gesù, ossia con il nostro corpo. E’ questo che la Chiesa ci fa dire con le parole della nostra professione di fede: “credo nella risurrezione della carne”. Non tutti però comprendono cosa significa questa affermazione. Molti ad esempio poi pensano che dopo la morte ci aspetta una realtà confusa, informe e senza contorno alcuno. La Pasqua invece ci dice che dopo la morte c’è la concretezza dei nostri corpi risorti, seppure in maniera spirituale, appunto come Gesù. Noi cristiani dovremmo dire – per essere precisi – che crediamo non tanto all’aldilà ma nella nostra risurrezione. Insomma, l’aldilà è pieno di “care”, ossia affollato di persone, di storia, di eventi. Nulla delle cose buone, persone e case, appunto la “carne”, viene perduto perché Cristo ci salva E’ la novità del cristianesimo. L’apostolo Paolo scrive che vana sarebbe la nostra fede se non ci fosse la risurrezione.
La risposta più saggia che l’antichità ha trovato alla domanda sulla vita dopo la monte – è la risposta che diede Socrate – salva solo l’anima, non il corpo, considerato come una prigione da cui liberarsi. Il cristiano non vede il copro come una prigione, ma come una realtà creata da Dio che Gesù è venuto a salvare dai suoi limiti e rendere quindi eterno. Chi ha letto gli Atti degli Apostoli ricorda bene la disputa tra San Paolo e i sapienti di Atene. Quei filosofi ascoltarono Paolo con interesse mentre parlava della dimensione religiosa della vita e anche di Gesù di Nazareth. Ma quando Paolo iniziò a parlare della risurrezione di Gesù dai morti lo interruppero: “Su questo ti ascolteremo un’altra volta”. Essi ammettevano l’immortalità dell’anima ma non la risurrezione della carne. Noi cristiani crediamo invece nella risurrezione di tutta la nostra persona, appunto, come è avvenuto per Gesù nel giorno della Pasqua. Per il credente la morte non è la fine. Il Signore risorto ci coinvolge nella sua stessa risurrezione.
E vorrei qui, care sorelle e cari fratelli, aggiungere ancora una riflessione per evitare che si pensi alla risurrezione come una realtà che viene come in maniera magica al momento della morte. No. C’è un altro passaggio del Credo a cui debbo accennare. Noi cristiani – lo dicevo prima – non crediamo nell’aldilà, come se la nostra vita fosse divisa in due parti, la prima sulla terra e la seconda nel cielo. Questo è vero ma solo in parte. Noi crediamo in una vita che non termina più. E questo a motivo della risurrezione di Gesù. Egli è il primogenito dei risorti dai morti. Per questo la mia vita, la tua vita, la nostra vita, a motivo della risurrezione, una volta iniziata i destinata ad essere eterna. Per questo nel canto alla luce del cero abbiamo cantato “felice colpa” quella di Adamo perché ha spinto Dio a mandare sulla terra il suo Figlio perchè ci liberasse dalla schiavitù della morte e del nulla.
Ma questo, care sorelle e cari fratelli, sta a dire che la risurrezione non opera solo dopo la morte. Essa opera sin da ora. Il risorto ci rende partecipi sin da ora della sua risurrezione, tanto che siamo chiamati “figli della risurrezione”. E’ il mistero del nostro battesimo, quando veniamo immersi con Gesù nella morte per risorgere con lui. E questa notte lo ricorderemo rinnovando le promesse del Battesimo e saremo aspersi dall’acqua che rigenera. In quel giorno è stato deposto nel nostro cuore il seme della risurrezione. E anche ogni volta che ascoltiamo il Vangelo vengono seminate in noi parole di risurrezione. E quando ci comunichiamo al corpo e sangue del Signore partecipiamo alla sua morte e alla sua risurrezione. E tutte le volte che il nostro cuore si commuove per gli altri, quando operiamo per il bene di tutti, quando ci impegniamo per cambiare la nostra città, il nostro mondo noi aiutiamo la risurrezione ad attuarsi. La resurrezione è quell’energia che rinnova il mondo, le nostre città, che ci vede presenti e attivi nella vita del mondo come seme che dà buoni frutti. Certo, noi cristiani siamo deboli e peccatori, come tutti, e tuttavia siamo chiamati ad essere lievito di vita, sale che rende sapiente la vita, luce che sa indicare la bellezza dell’amore. Il Signore Gesù risorto ci rende partecipi del suo sogno di far risorgere il mondo dalla tristezza del peccato, delle guerre, delle ingiustizie, da tutti quei mali che ancora oggi in questa Pasqua 2010 rendono la spesso senza gioia. E’ questa capacità di avere uno sguardo generoso sul mondo, uno sguardo che ci fa superare ogni chiusura, ogni ripiegamento, e ci inserisce in quel disegno universale di Dio che vuole tutti i popoli riuniti in una convivenza pacifica che abitano la creazione nella pace. Questo sguardo che non ci fa dimenticare chi soffre e al contempo essere solidali con chi è in difficoltà cominciando da quegli operai delle nostre città che rischiano di perdere il posto di lavoro. Questa è la missione di ogni cristiano, di ogni credente: avere una grande visione su questa terra, su Terni e sul paese. Questa è la risurrezione di Cristo, primogenito di tutte le creature e dello steso creato.