Pasqua 2007 – Giovedì santo

Pasqua 2007 - Giovedì santo

Care sorelle e cari fratelli,


 


con questa santa celebrazione entriamo negli ultimi tre giorni della vita terrena di Gesù. Sono giorni davvero santi che la Chiesa, madre e maestra, ha circondato di grande attenzione perché vivendo le diverse celebrazioni, da questa che ricorda la cena, alla visita ai sepolcri, alla celebrazione della croce di domani pomeriggio, alla via crucis domani sera e alla veglia pasquale della notte di Pasqua, noi potessimo stare accanto a Gesù e comprendere fin dove è giunto il suo amore. Il Vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato inizia proprio così.


“Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Ecco, in questi giorni vedremo cosa significa che Gesù ci ha amato “sino alla fine”. In genere noi abbiamo dell’amore un’idea piccola e talora anche distorta. E, a differenza di Gesù, in genere amiamo solo fino ad un certo punto, e spesso è un punto che termina poco oltre se stessi. E se talora ci capita di fare qualche eccesso nell’amore lo facciamo solo se riguarda noi personalmente, mentre per gli altri mettiamo tanti paletti, come quando diciamo: “sono stanco e non posso fare di più per te”, oppure: “ho da risolvere problemi miei e non posso pensare a te, ho da fare e non ho tempo di ascoltarti, ho tanti problemi per conto mio come faccio a pensare ai tuoi”, e così via. La conclusione è che ciascuno di noi pensa anzitutto a se stesso, e solo se resta tempo facciamo qualcosa per gli altri.


 


Per Gesù è vero il contrario. Egli ama gli altri più che se stesso, non pone nessun limite all’amore, appunto, un amore “sino alla fine”. E Gesù in questi giorni ce lo fa vedere. E fin da questa sera, nell’ultima cena con i discepoli. Nel Vangelo di Luca Gesù dice ai discepoli: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della passione”. E’ un desiderio struggente; sa che lo prenderanno e lo uccideranno, e vuole stare assieme ai suoi, ai suoi amici che ha amato curato, difeso. Ha bisogno della loro compagnia. E vediamo già in questo desiderio una prima nota dell’amore “fino alla fine”: il bisogno di stare con i fratelli, il bisogno di non rinchiudersi in se stessi, il bisogno di amare prima di essere amati. Invece, amare solo se stessi diviene un modo di vivere. Ma così restiamo tutti più soli. E la solitudine diventa la condizione normale. A volte essa viene imposta, come quando si allontanano gli anziani da casa, o i poveri e gli zingari dalla città. Altre volte la scegliamo, quando ci rinchiudiamo in noi stessi, quando pensiamo solo alle nostre cose, ai nostri affari. Per Gesù non è così. Seguiamolo sin da questa sera, in questa santa cena che celebriamo quasi alla stessa ora nella quale la celebró Gesù. E se accoglieremo nel cuore anche solo una goccia di questo amore “sino alta fine”, gusteremo la gioia di essere suoi discepoli. Tutti e quattro gli evangelisti narrano l’ultima cena. Ma c’è una differenza tra loro. I primi tre, Matteo, Marco e Luca raccontano soprattutto l’istituzione dell’Eucarestia, mentre Giovanni narra solo la lavanda dei piedi. In questa nostra celebrazione ricordiamo ambedue gli eventi, sia l’istituzione dell’Eucarestia che la lavanda dei piedi. Sono due momenti diversi, ma ambedue manifestano cosa vuol dire amare “sino alla fine”. Sia nell’Eucarestia che nella lavanda dei piedi l’amore di Gesù travalica il normale modo di sentire degli uomini, supera in maniera impensata il nostro modo di amare. Davvero solo uno come Gesù poteva amare così. Care sorelle e can fratelli, cosa è l’Eucarestia se non un inimmaginabile atto di amore di Gesù il quale, per restare con i suoi discepoli di allora e di oggi, quindi anche noi, ha inventato di essere presente nel pane e nel vino consacrati? Potremmo dire che non si è accontentato di stare vicino ai suoi durante gli anni della vita terrena, e ha inventato — perdonate questo modo di esprimermi l’’Eucarestia per restare sempre con noi. Per questo l’Eucarestia è frutto dell’’amore “sino alla fine” di Gesù. Si è fatto nostro cibo e nostra bevanda. Cosa attendersi di pin?


 


Eppure Gesù è andato ancora più in basso. Ha amato i discepoli sino a lavare loro I piedi. E’ l’esatto contrario delle regole normali, tanto che Pietro, scandalizzato di questo eccesso di amore cerca di fermare Gesù. Ma ricevette un duro rimprovero. Povero Pietro non aveva capito il senso dell’amore, di quell’amore che giunge appunto “sino alla fine”. Pietro fra poche ore mostrerà cosa vuol dire invece amare fino ad un certo punto: alla domanda di una serva nella casa del Sommo Sacerdote risponderà di non conoscere Gesù. Gesù lo sa, e per questo gli risponde. E poi dice a tutti: “Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene perché lo sono. Se dunque io, il Maestro e il Signore, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete Lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto 10, facciate anche voi”. Se tra gli uomini è normale stare in piedi per difendere la propria dignità, per Gesù, e quindi anche per i suoi discepoli, il primo è colui che serve, colui che dona la propria vita per gli altri. C’è un detto attribuito a Gesù che dice: “lo sono venuto tra voi non come colui che sta sdraiato, ma come chi serve, e voi siete cresciuti nel mio servizio come colui che serve”.


 


Care sorelle can fratelli, al termine dell’istituzione dell’Eucaristia Gesù ha detto:


 


“Fate questo in memoria di me”, e al termine della lavanda dei piedi ha ripetuto: “Come ho fatto 10 fate anche voi, lavatevi i piedi gli uni gli altri”. Da quella sera sino ad oggi, l’Eucaristia e lavanda dei piedi, continuano a mostrare ai cristiani cosa vuol dire amare “sino alla fine”. Eccoci questa sera, ancora una volta raccolti attorno a questi due sacramenti dell’amore, l’Eucaristia e Ia lavanda dei piedi. Sono due sacramenti inscindibili, il sacramento dell’altare e il sacramento del fratello, in ambedue c’è Gesù, in ambedue si manifesta l’unico suo amore, quello che fa amare gli altri prima di amare se stesso, quello che spinge a dare prima ancora di ricevere. Questo amore è la salvezza per noi, per questo nostro mondo, per I più poveri.


 


Gesü ci dice di lavarci i piedi gli uni gli altri, per farci comprendere che dobbiamo amarci come 1111 ci ha amati. Purtroppo non è possibile ripetere alla lettera questa pagina del Vangelo. Ma quest’anno ho voluto che il rito della lavanda dei piedi fosse più esplicito degli altri anni Ho chiesto ad alcuni che hanno scelto di dare un po’ del loro tempo e del loro cuore al servizio dei poveri di venire a questa celebrazione e di aiutarmi ora a lavare i piedi ad alcuni fratelli e sorelle. Questo significa che tutti dobbiamo amare i poveri, che tutti dobbiamo e possiamo fare qualcosa per loro, magari anche solo un gesto, una preghiera, una parola, un’elemosina. Se è vero che senza l’Eucarestia non c’è salvezza, è altrettanto vero che senza l’amore per i poveri troveremo chiusa la porta del cielo.


 


Care sorelle e cari fratelli, impariamo da Gesù l’amore. Non restiamo sdraiati nelle nostre abitudini, alziamoci da tavola, togliamo le vesti della cosiddetta dignità, che altro non è che l’amore per noi stessi, e mettiamoci l’asciugatoio dell’amore del Signore Gesù. Non solo comprenderemo cosa significa amare, gusteremo anche quell’altra affermazione di Gesù:


 


“C’è più gioia nel dare che nel ricevere”.