Pasqua 2000

Pasqua 2000

Abbiamo iniziato questa santa celebrazione alle porte della chiesa, quasi a voler imitare le donne di cui parla il Vangelo di Marco. Esse di buon mattino, quand’era ancora buio, andarono verso il sepolcro di Gesù. L’affetto che le legava a quel maestro le spinse ad andare presso quella tomba. Era ormai passato un intero giorno da quando lo avevano sepolto, e volevano compiere un ultimo gesto di tenerezza e di affetto. Il loro cuore era profondamente triste e il loro animo ormai rassegnato; una pietra pesante, pesante come la morte, stava lì, con la sua freddezza e la sua mole, a separarle per sempre da quel maestro, da quell’amico che le aveva capite e le aveva salvate da una vita senza senso.
Nessuna di loro lo aveva tradito e abbandonato come avevano invece fatto i discepoli, ma anch’esse erano convinte che ormai non c’era più nulla da fare. La splendida avventura con Gesù era definitivamente chiusa. E cosa poteva significare la tristezza di quel gruppetto di uomini e donne rimasti più o meno fedeli, di fronte al sollievo che la morte di Gesù aveva portato alla grande maggioranza degli abitanti di Gerusalemme? Tutto era finito. Per quelle donne restava solo un problema: come togliere la pietra pesante che chiudeva il sepolcro.
Non sapevano che Gesù, come era vissuto da vivo così si comportava anche da morto: “Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8, 20). Potremmo dire che neppure da morto pensò a se stesso. La tradizione della Chiesa vuole che nel giorno del Sabato Santo Gesù sia sceso agli inferi. Si! E’ sceso a chiamare e a liberare tutti coloro che lo avevano preceduto in questo mondo, da Adamo sino al Battista, per condurli tutti assieme a lui nel suo regno. Anche a loro disse: “Oggi, sarete con me in paradiso”. Ma Gesù continua a scendere anche negli inferni di questo mondo, nei luoghi dimenticati, là dove la vita è come sotto terra, là dove gli uomini e le donne sono schiacciati dal male, dall’ingiustizia, dalla guerra, dall’oblio, dalla dimenticanza, dalla crudeltà, dalla morte violenta, ingiusta.
Queste donne – una assoluta minoranza, allora come oggi – ci stanno davanti questa sera e ci conducono accanto al sepolcro di Cristo e ai sepolcri dei tanti “poveri cristi” di oggi, sui quali il male continua ad accanirsi. E’ la loro compassione – non la presunta giustizia o la cosiddetta saggezza degli uomini – che ci fa guardare con occhi nuovi gli oppressi di questo mondo; sono esse a farci spendere tempo e denaro (non ci dice il Vangelo che andarono a comprare gli aromi?) per alleviare le ferite dei deboli, dei poveri, dei dimenticati; sono esse a farci uscire da noi stessi, persino dai nostri dolori, per incamminarci verso chiunque ha bisogno di aiuto.
La risurrezione parte di qui, da una tomba, dalle tante tombe degli uomini, dai tanti luoghi di dolore e di afflizione. Se non sentiamo la preoccupazione – la stessa di quelle donne – di recarci verso questi luoghi di dolore; se non entriamo dentro le ferite che il male procura agli uomini, non potremo comprendere cos’è la resurrezione, e neppure capire l’annuncio di questa notte. Quelle donne, come accade per noi, vedono due angeli apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. A loro, impaurite, essi dicono: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato”. E’ un annuncio breve, semplice, ma sconvolge letteralmente la terra (nei Vangeli si parla di un terremoto).  E’ l’annuncio di cui ha bisogno il mondo e il secolo appena iniziato. Questa notte, per la prima volta nel nuovo millennio, risuona l’annuncio della Pasqua. Sì, care sorelle e fratelli, anche a Terni viene e dato l’annuncio della risurrezione. Questo nuovo tempo che abbiamo davanti, il 2000, tanto atteso dai popoli, ode finalmente una parola di speranza: la vita ha vinto la morte, il bene ha vinto il male, la luce ha sconfitto le tenebre. La storia di Gesù non è finita con la sua morte, come avviene in ogni storia umana. E la morte in croce, avvenuta non con un attentato ma con un preciso itinerario legale, voleva allontanare definitivamente anche il solo ricordo di Gesù. Ma quelle donne videro che la sua tomba era spalancata. Il Signore Iddio aveva sollevato dalla morte il suo Figlio sottraendo il suo corpo alla corruzione. Questa è la Pasqua! E’ il passaggio di Gesù dal buio della morte alla luce della vita. Un passaggio difficile ove Gesù e il “male” si sono affrontati in un estremo duello: ha vinto l’amore di Dio. Da questa notte il bene può vincere il male. Il progetto violento del principe del male che negli uomini ha trovato spesso solerti alleati è stato sconfitto; l’amore ha vinto l’odio, il bene ha sconfitto il male, la compassione ha superato la cattiveria, la tenerezza l’ingiustizia, la disponibilità l’orgoglio, l’amicizia l’insensibilità.
In un mondo in cui la compassione è sempre più rara e l’affermazione violenta dell’io diviene legge inesorabile, l’annuncio della Pasqua è davvero un annuncio benedetto.  E benedetti sono quelli che lo accolgono e con fretta lo spargono, come seme buono, nelle vie del mondo. Quelle donne non si fermarono al sepolcro; andarono subito ad annunziare agli Undici e agli altri quello che avevano visto e udito. Il Vangelo di Pasqua mette fretta, fa correre, fa cambiare il passo, fa superare barriere, fa vincere ogni paura. Questo nostro povero mondo, violento e violentato, ha urgente bisogno di compassione, di amore, di solidarietà, di risurrezione; ha bisogno che quel piccolo gruppo di donne riprenda a correre in fretta per annunciare a tutti che il crocifisso è risorto, che l’amore sconfigge ogni male, anche la morte. Questa nostra terra ha bisogno che quelle tre donne, le nostre tre cattedrali, che tutti noi, con fretta, ascoltiamo il Vangelo e lo comunichiamo con le parole e con l’esempio a tutti. Questa fretta è l’augurio che la Chiesa fa alla nostra città.