Cresime a Campomaggiore

Cresime a Campomaggiore

Care sorelle e cari fratelli,


 


sono le prime cresime che celebro qui a Terni e la prima parrocchia che visito. E sono molto contento di stare in mezzo a voi. Contento di rivivere la Pasqua anche con voi. E’ la prima Pasqua di questo secolo, è la prima volta che in quest’anno abbiamo sentito il Vangelo della risurrezione. E’ stato un annuncio importante fatto da un angelo bianco a tre povere donne al mattino e alla sera, come questa sera ai discepoli radunati nel cenacolo. Sì, questa chiesa, stasera, è un po’ come il cenacolo. E voi, tutti noi siamo come gli apostoli e le donne che si erano radunati là dentro. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci parla dell’apparizione di Gesù la sera di Pasqua e poi l’apparizione della domenica successiva.


La porta della casa ove si trovavano era chiusa per paura “dei giudei”; in verità più che le porte del cenacolo erano chiuse le porte del cuore. Così come tante volte sono chiuse quelle del nostro cuore. E sono chiuse quando pensiamo solo a noi stessi, quando ci dimentichiamo del Signore, quando non amiamo gli altri, quando non ci fermiamo accanto ai poveri e ai malati, quando ci rinchiudiamo nel nostro egoismo. Ma il Signore risorto irrompe ugualmente nella sala. O discepoli hanno la porta chiusa, ma il Signore ha un cuore largo, aperto, che ama i suoi amici sino all’impossibile. Infatti, supera persino le porte chiuse. Che grande amore ha Gesù per noi! E noi? Basta paco, davvero poco per dimenticarci di lui, per fermarci davanti a qualsiasi piccola difficoltà. Gesù entra; è entrato anche qui, in mezzo a noi, questa sera. E’ entrato quando abbiamo ascoltato la sua parola, quando il Vangelo si è aperto ed è stato letto. Ci siamo tutti alzati in piedi e abbiamo cantato l’alleluia. E’ venuto Gesù e si è fermato in mezzo a noi. Subito saluta i discepoli: “Pace a voi”. La prima parola di Gesù è “pace”. Quanto ne abbiamo bisogno! Ne hanno bisogno i paesi in guerra, ma anche noi, qui a Terni e dentro il cuore di ciascuno. Sì, abbiamo bisogno di pace. E mostra subito le mani e i piedi con le ferite dei chiodi. Sì, Gesù è vivo, è risorto, ma il suo corpo è ancora ferito. E’ ferito nei deboli, è ferito nei poveri, è ferito là dove c’è ingiustizia, è ferito là dove gli uomini non si amano, è ferito là dove la violenza sembra vincere, è ferito là dove c’è la solitudine. Guardiamole quelle ferite, care sorelle e fratelli. Ma forse i nostri occhi sono ancora chiusi. Diciamo di vedere, ma in realtà vediamo solo noi stessi. Diciamo di amare gli altri, ma in realtà pensiamo solo a noi. Abbiamo bisogno di un altro spirito, perché spesso il nostro cuore è abitato dallo spirito dell’indifferenza, del fare gli affari propri, del pensare solo a se stessi. E quanti altri spiriti ancora. Ma avete sentito il vangelo? Scrive Giovanni che Gesù soffiò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo!”. Sì, oggi il Signore Gesù si avvicina a voi, cari ragazzi che state per ricevere la cresima, e soffiano su di voi, vi dona lo Spirito Santo. Si uno Spirito buono, santo, appunto. E’ lo Spirito che ci fa voler bene, è lo Spirito che ci spinge a pregare, è lo Spirito che ci guida ad amare gli altri e non solo noi stessi, è lo Spirito che allarga il nostro cuore e che apre i nostri occhi, è lo Spirito che ci rende più sapienti e intelligenti. E abbiamo bisogno di questo Spirito. Altrimenti saremo guidati solo dagli spiriti tristi e cattivi che sono dentro il nostro cuore. E questi spiriti tristi ci ronzano attorno ogni giorno e in ogni parte. Ne siamo come circondati. Oggi, voi ricevete lo Spirito Santo. E’ l’amore di Dio che entra dentro di voi e mai più vi abbandona. Questo significa l’unzione con il crisma. Il Crisma, sapete è un olio benedetto. In antico veniva versato con abbondanza sul capo. Esso significava l’abbondanza dell’amore di Dio versato su di noi. E l’olio a differenza dell’acqua non si toglie così facilmente, si appiccica addosso. Ebbene, così è dell’amore di Dio, si appiccica a noi e non ci lascia più. Certo a noi spetta di coltivarlo questo Spirito, di preservarlo. E come? Leggendo il Vangelo, venendo a Messa la domenica, ricordandosi di lui e aiutando chi ha bisogno. Abbiamo ascoltato quel che è scritto nel libro degli Atti: coloro che erano guidati dallo Spirito Santo vivevano come un cuor solo e un’anima sola, e nessuno tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano se c’era bisogno di venire incontro ai deboli e ai poveri. Questo era l’effetto della cresima, cari fratelli e sorelle. Non finiva tutto in quella domenica. La loro vita cambiava. Tutti diventavano più buoni e generosi.


Non basta infatti dirsi cristiani di nome. Tommaso era uno di questi. Voleva fare il grande, scettico e non credulone: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”.  Povero Tommaso, non aveva capito nulla! Tommaso aveva accettato che il Vangelo della Pasqua fosse solo un discorso, una parola vuota, anche se bella. Voleva vedere e toccare. Non era un uomo cattivo; era anzi, generoso. E tanti di noi forse siamo come lui, anche generosi ma non crediamo che il Vangelo possa cambiare davvero la vita. E restiamo prigioniere di noi stessi e delle nostre sensazioni. La conseguenza? E’ un mondo di egocentrici, che facilmente diventa un mondo pigro, ingiusto e violento. L’egocentrismo porta sempre ad essere increduli, perché si resta sempre e comunque prigionieri delle proprie sensazioni, di quello che si vede e di ciò si tocca. Non si crede a null’altro. Gesù accetta la sfida di Tommaso. La domenica seguente torna di nuovo, a porte chiuse, e esorta Tommaso a toccare con le mani le sue ferite. E aggiunge: “Non essere incredulo, ma credente!” La Parola del Signore, il Vangelo, distrugge la nostra presunzione, il nostro orgoglio e la fiducia in noi stessi e ci esorta a toccare le ferite di questo mondo. Il calore dell’amicizia con Gesù sconfigge l’incredulità e ci rende testimoni, ossia amici con i fatti e non solo a parole, di Gesù.