Paglia e Manconi, nuove parole

di Paolo Matta

L’idea e il nome furono di Benedetto XVI, oggi papa emerito: aprire un cortile dei gentili , uno spazio cioè per «favorire il dialogo tra credenti e non credenti»: quei “pagani”, i gentili appunto, che a Gerusalemme potevano accedere al tempio solo in quei pochi metri che a loro, non ebrei, venivano riservati. Spazio che può essere anche quello di un libro, come certamente è quello scritto a quattro mani da Luigi Manconi (già parlamentare, oggi editorialista di «Repubblica» e «La Stampa») e monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita.

I grandi perché?
In un angolo, di questo pacifico ring , un arcivescovo, dall’altro un sociologo e militante politico. «Un confronto tra due concezioni del mondo distanti e, per certi versi, inconciliabili», scrivono i due contendenti : «una ispirata da un profondo senso religioso, l’altra immersa nelle contraddizioni e sofferenze della società». Paglia e Manconi, si interrogano sulle grandi questioni che costituiscono «il senso della vita», titolo del volume: la libertà e i suoi limiti; l’autodeterminazione del singolo e la responsabilità verso gli altri; le preferenze sessuali, le nuove famiglie e il significato attuale di genitorialità; l’accanimento terapeutico e l’eutanasia; l’ingiustizia e il peccato.
Il prete e il poco credente.

Libro che nasce con la pandemia, «piccolissimo essere, neppure vivente, parassita, che si è diffuso nel mondo e ci ha messo tutti in ginocchio», dice monsignor Paglia. Libro che ha nel suo dna letterario smarrimento e angoscia, incarnati da un Papa, anziano e claudicante che, da solo, moderno patriarca e pontifex , in un indimenticabile Venerdì santo, da una tetra e deserta piazza san Pietro, elevò a quel cielo di piombo una preghiera, ecumenica e laica, perché l’umanità fosse liberata da questa moderno flagello biblico. «Pandemia che ci costringe ad approfondire temi che, fino ad allora ci erano sembrati sì importanti, ma non urgenti. Il Covid e i suoi effetti li hanno resi incalzanti e ineludibili».
A testa bassa «Siamo entrati nel terzo millennio a testa bassa, senza visioni», incalza Paglia.
«Siamo in pieno cambio di epoca e avremmo bisogno di pensieri lunghi, di passioni forti per muovere gli spiriti verso un domani più sereno. Se non riprendiamo a sognare già da oggi, il domani sarà senza dubbio peggiore del passato». E così, muovendo da posizioni e vissuti lontani e dalla profonda differenza fra chi coltiva una fede religiosa e chi no, si snoda una lunga conversazione. Un confronto a volte difficile, in cui pareva impossibile trovare una lingua comune… «eppure capace di portare, attraverso mutamenti e accordi, a sorprendenti intese.
» L’anno della paura L’anno trascorso è stato definito dal rapporto Censis «l’anno della paura»: il sentimento prevalente per il 73,4 per cento degli italiani.
Papa Francesco non cessa di ripeterlo. Il sogno è quello di un umanesimo planetario o, in altri termini, di una «fraternità universale».
La replica, laica e razionale, di Manconi: «Se questo libro verrà letto quando l’ondata più virulenta del Covid si sarà placata, a prevalere sarà un collettivo sospiro di sollievo e la soddisfazione per lo scampato pericolo, come dopo la fine di una guerra. Tendo a escludere, quindi, che ciò possa ispirare una diffusa consapevolezza delle nostre responsabilità verso noi stessi, i nostri figli, e verso la Terra. Sto dicendo, in altre parole, che non scommetto su una nuova e più profonda consapevolezza.
E che, addirittura, potremmo essere tentati semplicemente di voltare pagina, e non pensarci più».
Una speranza corta Manconi definisce la sua «speranza corta, pragmatica e concretissima», mentre Paglia sente l’urgenza «di scrivere tutti insieme una nuova pagina di storia: c’è un mondo da immaginare e costruire. Non si tratta di voltare pagina, come tu pensi che la maggioranza farà. La pagina dobbiamo scriverla da zero. Migliore, se possibile. E assieme». Un incontro in otto riprese nel quale i due autori non raggiungono un accordo, ma non cercano neanche un farisaico compromesso: rimane il dialogo, via via più sciolto anche se su un fondo di lontananza, di vedute e di composizione.
L’abbraccio finale «Eppure», affermano monsignor Paglia e Luigi Manconi «questi due punti di vista, che restano distanti su molte problematiche, potrebbero forse convergere in un nuovo umanesimo , dove la riscoperta di un «noi» solidale, nella prospettiva di una cittadinanza universale, sappia valorizzare, e non mortificare, l’autodeterminazione dell’individuo. Un match senza vincitori e vinti. Nessun fuori combattimento o getto della spugna. Il gong finale sancisce l’abbraccio di due ricerche che decidono, senza rivincite, di volersi incontrarsi ancora.