Notte di Natale 2005

Notte di Natale 2005


Care sorelle e cari fratelli,


 


questa notte siamo venuti in tanti. E abbiamo fatto bene. Il Natale, anche se rischia di essere soffocato nel suo senso più vero, ci pone nel cuore come un istinto, quello di venire anche di notte in cattedrale per ascoltare una parola che esprime amore, bontà, misericordia.


E in effetti l’angelo ci ha detto: “Non temete! Non abbiate paura!” Ma come non temere?


come non aver paura di fronte alla forza del male che continua a mietere vittime? Ci sono ancora guerre: ben 36 sono in atto; c’è la minaccia del terrorismo; numerose e terribili ingiustizie; ci sono poi i problemi di casa, quelli legati al lavoro, alla difficoltà ad arrivare alla fine del mese, alle liti in famiglia e fuori… E comunque la vita è diventata più dura per tutti.


L’angelo del Natale però torna a dirci di non aver paura, e ne aggiunge subito il motivo: “Vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo. Oggi è nato nella città di Davide un salvatore che è Cristo Signore. Questo è per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace su una mangiatoia”.


Care sorelle e cari fratelli, il Vangelo del Natale è tutto qui: un Bambino è il nostro salvatore, è Dio stesso che ha scelto di farsi bambino per stare in mezzo a noi. E chi può aver paura di un bambino? E debole e piange come piangono tutti i bambini; eppure è il creatore


del cielo e della terra; è colui che libera il mondo dal male; è colui che dona agli uomini la felicità e la pace. Quel Bambino è “una grande gioia, che sarà di tutto il popolo”, dice l’angelo.


Il Natale infatti non è solo per noi, non è solo per qualcuno. Non è neppure solo per i cristiani.


Il Natale è per tutti, è per il mondo intero. Gesù infatti nasce per amare tutti a partire dai più deboli. Ecco perché a Natale intuiamo che c’è una gioia che traversa i cuori. Tutti dobbiamo gioire: buoni e cattivi, sani e malati, piccoli e grandi, giusti e peccatori. Tutti, tutti dobbiamo essere felici perché Gesù è venuto per amarci, per proteggerci, per non lasciarci mai più soli.



Egli non ci abbandonerà più. Quante volte ci sentiamo abbandonati! Quante volte siamo lasciati soli, anche in mezzo a tanta gente! E quanto è rara l’esperienza della felicità, della gioia! Magari proviamo qualche soddisfazione, qualche piacere; ma la felicità, e la gioia? È


diffìcile trovare un cuore pieno di gioia. La dura realtà della vita quotidiana ci ha come disabituati alla gioia. Ma il Natale che torna, e il suo angelo ci dice: “Vi annuncio una grande gioia!” E il motivo è la vicinanza di Gesù a ciascuno di noi. E’ facile però non accorgersi di lui. Del resto non è che un bambino. Che cosa può fare?


Cosa può cambiare? Gli abitanti di Betlemme non ci badarono anche perché erano presi dai loro problemi, dalle loro preoccupazioni, dai loro interessi. E nessuno fece lo sforzo di accogliere quel giovane e quella donna incinta di nove mesi che bussavano alle porte. E Gesù dovette nascere in una stalla. Quanta tristezza in quella frase di Luca: “Non c’era posto per lui nell’albergo”! E quante volte, ancora oggi, si deve ripetere per milioni di persone: “non c’è posto per loro!” E non parlo solo dei profughi e degli immigrati, penso anche a noi che tanto difficilmente ci accogliamo l’un l’altro. Spesso le nostre vite scorrono parallele, senza accorgerci gli uni degli altri, senza mai accoglierci vicendevolmente. Gesù non si è comportato come noi. Egli non è restato nel suo paradiso; è sceso sulla terra per starci accanto. E nonostante gli abbiamo chiuso la porta in faccia si è fermato in una stalla. Perché? Perché ci ama. E ci ama a tal punto da non poter fare a meno di noi; sebbene siamo noi a non poter fare a meno di lui. L’amore di Gesù per gli uomini è davvero inconcepibile. La percezione di questo impossibile mistero è la ragione segreta che ci ha spinti a venire qui: un amore così non si è mai visto sulla terra, non era mai accaduto, nessuno aveva mai neppure immaginato con la fantasia che Dio si facesse bambino per starci accanto. Questo è il mistero del Natale: un Dio fattosi bambino. E noi siamo venuti ad incontrarlo. Non restiamo indifferenti, lasciamo che il Vangelo ci illumini.


 


San Francesco sentì la stessa urgenza. Nel 1223, a poche miglia di qui, a Greccio, mentre stava perdendo sempre più la vista, disse al suo amico Giovanni Velita disse: “Quest’anno voglio vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato Gesù nel nascere”. Non voleva realizzare una sacra rappresentazione, come in genere si pensa. No, Francesco voleva “vedere” con gli occhi del corpo l’amore di Dio che pur di starci accanto accettò di nascere nel freddo di questo mondo. Era il freddo dell’egoismo e della fame, il freddo delle ingiustizie e delle guerre. È il freddo che sentono questa notte i tanti che non hanno casa, che non hanno nessuno che li ami. Gesù è venuto per ridare agli uomini, soprattutto a chi è solo, il calore dell’amore. Ebbene, il Natale, questo mistero di vicinanza di Dio si realizza ogni volta che si celebra la Messa. Ogni Messa è Natale. San Francesco lo diceva spesso ai suoi frati: “Vedete, ogni giorno il Figlio di Dio si umilia, come quando dalla sede regale scese nel grembo della


vergine, ogni giorno viene a noi in umile apparenza; ogni giorno discende dal seno del Padre sopra l’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi Apostoli apparve in vera carne, così ora si mostra a noi nel pane consacrato”. E quella notte, a Greccio non si fece una sacra


rappresentazione, come quelle che facciamo anche noi; fu la celebrazione della Messa su una mangiatoia, nel freddo e nella povertà di una stalla. Questo fece san Francesco. E, al momento del Vangelo, Francesco cantò il vangelo del Natale, come gli angeli lo cantarono nella notte ai pastori. Fu questo il presepe di Greccio; la celebrazione di una Messa su una mangiatoia. Il Natale si realizza ogni domenica. Questa cattedrale è come quella grotta è l’altare come quella mangiatoia dove viene adagiato Gesù sotto le specie del pane e del vino.


Care sorelle cari fratelli, ogni domenica il Verbo si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi, anzi dentro di noi quando lo accogliamo nell’Eucarestia. Non dimentichiamo questo mistero che ogni domenica ci viene donato. E’ facile essere distratti. È facile che accada a noi quel che successe anche a Betlemme, e si dica con tristezza anche per noi: “non c’è posto per lui” nel nostro cuore. Pensiamo, invece, allo stupore di Maria mentre guardava il bambino, e alla cura che aveva quando lo prendeva tra le mani! Non dobbiamo avere anche noi lo stupore guardando il pane santo e il calice della salvezza? E non dobbiamo avere Io stesso cuore nell’accogliere il Vangelo? Vorrei che in questo anno sorgesse tra noi l’amore per la Bibbia e per l’Eucarestia. Apriamo la Bibbia e leggiamola ogni giorno: è la via per conoscere e per amare Gesù. Veniamo a Messa la domenica: gusteremo la stessa gioia che sentirono i pastori e saremo rafforzati nel cuore.


Questa notte abbiamo ascoltato la prima pagina del Vangelo. Apriamolo ogni giorno e cresceremo anche noi come cresceva Gesù, in sapienza, età e grazia. Questo vuol dire rinascere: avere un cuore nuovo, un cuore che sa amare, un cuore che sa mettere gli altri anche davanti a sé, un cuore che sa fare spazio anche agli altri, soprattutto ai più poveri. Cari amici, da quella grotta partì una nuova vita, un nuovo mondo, un nuovo tempo. Non era la grande Roma al centro del mondo in quella notte, e neppure la grande Atene con tutta la sua salienza. Quella notte il centro del mondo era quel bambino attorniato da un piccolo gruppo di persone. Di lì nasceva il tempo dell’amore, del perdono, della misericordia. Da quel bambino e non da Cesare Augusto si iniziarono a contare gli anni, il tempo nuovo dell’amore.


E i primi ad accorrere furono pochi poveri pastori. Ma il Natale vero è solo così: un gruppo di poveri pastori – e anche noi possiamo somigliare a loro – che si stringono attorno a quel Bambino.


Noi vorremmo in certo modo rivivere questa scena evangelica, qui in cattedrale. Ma non con una rappresentazione, bella, e che commuove anche. Noi vogliamo offrire un momento di festa a chi domani sarebbe solo. Vedete qui davanti preparata una tavola per il pranzo.


Domani l’intera cattedrale, dopo la messa di mezzogiorno, sarà allestita con tanti tavoli come questo per accogliere più di 200 poveri. Voi sapete che per loro è aperta tutti giorni la mensa, ma domani il pranzo è qui, in duomo. Sarà una grande festa. Potremmo dire che è il presepe preparato da Gesù; un presepe alla rovescia: se, quando viene il Signore, noi gli diamo una stalla, il Signore, quando arrivano i poveri apre le porte della cattedrale e prepara per loro un banchetto. E’ un piccolo segno per aiutarci a comprendere quanto è grande l’amore del Signore. Care sorelle e cari fratelli, felici noi che siamo venuti qui questa notte e beati quelli che verranno domani per il pranzo.

Il Natale in questo modo è vero e pieno di gioia. E auguro a me e a voi la stessa felicità che domani gusteranno i poveri che saranno accolti in questa cattedrale.

UN MOMENTO DELLA CELEBRAZIONE