Natale ad Amelia

Natale ad Amelia

“Buon Natale!” E’ un augurio bello. E ce lo diciamo mentre qeusto giorno sta per finire. Ma non deve finire, nel senso che il Natale significa rinascita, signfica un po’ più d’amore. Che tristezza se tutto continua come prima! Che tristezza se il Natale è solo un rito, solo una parentesi! Diceva un antico mistico: “Nascesse cruisto mille volte a Betlemme, ma non nel tuo cuore, saresti perduto in terno!” Aveva ragione. Cristo deve rinascere nel cuore di ciascuno di noi. Questo è Natale.


Il Prologo del Vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato fissa la grandezza e la tenerezza del giorno di Natale. “La Parola si è fatta carne ed è venuta a porre la sua tenda in mezzo a noi”. Quella Parola che “era presso Dio” ha scelto di scendere in basso, accanto a noi, perché tutti potessimo rinascere nell’amore. Questo è il Natale, il Natale di cui abbiamo davvero bisogno. Un Natale  di pace e di gioia. Il profeta Isaia ci grida: “Prorompete insieme in canti di gioia, perché vedono con i loro occhi il ritorno del Signore”. E, in un altro passo, canta ancora: “Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia…poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio”. Ha ragione il profeta nel dire: “ci è stato dato un figlio”. Egli, infatti, non è un nostro frutto; è il più grande dono di Dio agli uomini. E’ sceso dal cielo e, anche se rifiutato, si è contentato di nascere in una stalla pur di starci vicino. Ecco di che pasta è fato l’amore di Dio! Allestendo il presepe, tutti ci commuoviamo almeno un poco. E facciamo bene. Ma quella scena, che una bella e delicata tradizione vuole che adorni anche le nostre case, non deve farci dimenticare la triste realtà che esprime: una città, Betlemme, non accoglie Gesù. “Non c’era posto per loro”, scrive Luca amaramente. E quante volte anche oggi dobbiamo scrivere questa stessa frase! Quanta gente non è accolta anche oggi! Come allora non commuoversi per loro e come non scandalizzarsi per tanta durezza? Dobbiamo chiederci se noi non siamo spesso come gli abitanti di Betlemme, indifferenti e duri verso i deboli, gli stranieri, i poveri, i malati. Ma oggi, giorno della nascita di Gesù, siamo sorpassati dalla misericordia e dall’amore di Dio. Sì, il Natale, visto dalla parte di Dio, è un amore incredibile, fuori ogni misura: Egli scende dal cielo e pur di starci accanto viene in una stalla. Come, allora, non commuoversi?


Questo è stato il senso del pranzo dei poveri che oggi è avvenuto nella cattedrale di Terni. Una scena, care sorelle e ari fratelli, veramente evangelica. Chiunque non aveva dove stare è stato accolto nella cattedrale, case del Signore e di tutti. Se per Gesù, come scrive Luca, non c’era posto per loro nell’albergo, il Signore, invece, ha fatto posto per i poveri nella sua cattedrale. E per ognuno c’è stato anche un regalo, perché fosse davvero Natale. Quale grande amore, quello del Signore! E quale distanza tra questo amore e le abitudini del mondo! Se ogni cuore, se ogni chiesa, se ogni paese aprisse le porte per accogliere i poveri, i deboli, i senza fissa dimora, i soli, quanto diverso sarebbe il mondo! Ebbene noi vogliamo contribuire a creare questo mondo diverso. Gesù si è fatto carne, esattamente per questo, per creare un mondo nuovo, perché tutti siano amati e voluti bene, perché nessuno sia più solo e abbandonato. Anche qui ad Amelia.


Care sorelle e cari fratelli, accogliamo e leggiamo il piccolo libro del Vangelo di Marco che ci è stato consegnato. Quella Parola deve divenire vostra carne, ossia deve essere messa in pratica. Sia il vostro cuore come quella stalla dove Maria depose il piccolo Gesù appena nato. Sì, Maria è questa nostra madre Chiesa, e lei madre premurosa ha voluto deporre nelle mani di ciascuno di voi, come foste la mangiatoia, quel piccolo libro. Trattatelo come Maria trattava Gesù, leggetelo, ascoltatelo, fate la preghiera leggendolo. Così, pagina dopo pagina, quel bambino crescerà nel cuore di ciascuno di voi. E sentirete sbocciare una nuova luce, un nuovo vigore, una nuova forza, un nuovo amore. E’ Natale! Attraverso di voi anche Amelia, anche il mondo cambierà, perché non sarete più complici dell’indifferenza, non sarete più complici della freddezza che costrinse Gesù a nascere fuori Betlemme.


E c’è un ulteriore segno che ci viene donato. La decisione di fare nell’intera nostra diocesi la comunione sotto le due specie da oggi in poi in ogni celebrazione eucaristica. La ragione è semplice: obbedire alla lettera alle parole di Gesù, il quale nell’ultima cena disse ai discepoli: “prendete e mangiate” e “prendete e bevete”. Ebbene, care sorelle e cari fratelli, desidero che l’intera Diocesi si unisca ancor più visibilmente a quanto Gesù ha fatto nell’ultima cena, perché possiamo prendervi parte fino in fondo. Vogliamo mettere in pratica, alla lettera, queste parole di Gesù per divenire come lui, per amare come lui, per voler bene come lui. C’è come una continuità tra la consegna del Vangelo e la comunione sotto le due specie: unirci nel modo più profondo possibile a Gesù. La nostra mebnte e il nostro corpo divengono quella mangiatoia che Gesù ha scelto per nascere e per crescere. Sia così per noi questo Natale. Continuiamo a leggere il Vangelo, continuiamo a fare la comunione sotto le due specie e il Natale è l’inizio di un rinnovamento della nostra vita e del mondo.