Natale a San Faustino

Natale a San Faustino

Care sorelle e fratelli ho voluto che questa notte ci trovassimo tutti assieme qui, attorno a Gesù. Se il terremoto ha ferito le nostre case e la nostra chiesa, costringendoci ad andare fuori, non è tuttavia riuscito a incrinare il nostro amore e la nostra solidarietà. Noi siamo qui assieme, anzi più numerosi ancora per testimoniare quanto l’amore del Signore sia forte, più forte del terremoto. Questa notte siamo felici, anche sotto una tenda, come furono felici Maria e Giuseppe in quella grotta quando quel bambino venne al mondo. Tutti abbiamo bisogno certo di una casa, ma soprattutto abbiamo bisogno di amore, del calore di qualcuno che ci voglia bene, non per un momento, non per un periodo ma per sempre. Questa notte noi siamo venuti qui, qui dove la terra ha tremato, per vedere un bambino che non trema, che ha scelto di stare con noi. Noi siamo qui per vedere Gesù, un bambino. E non è per caso che siano stati i bambini, i nostri bambini, ad aiutarci a venire attorno al Signore. Il Natale, a volte, è così rumoroso che non ci fa neppure vedere quel piccolo ch’è nato per noi. Oggi, qui, il Natale è più vero che in altre parti. Sì, perché il Natale non è la nostra festa, ma la festa di Gesù, la festa di chi ha scelto anche una tenda pur di starci accanto. E qui, se il terremoto voleva cacciare Gesù, noi siamo stati più forti delle scosse e abbiamo preparato un posto a lui.


Il senso più vero di questo giorno è racchiuso tutto nel venire a vedere Gesù. Anche a noi, come ai pastori, è stato rivolto l’invito di andare a Betlemme. E noi, assieme a loro, abbiamo detto: “andiamo fino a Betlemme, fino a San Faustino, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Si! Siamo venuti a vedere. Fece così anche Francesco d’Assisi. Francesco si trovava a Greccio e disse a Giovanni9 Vellita, un suo amico: “Giovanni, vorrei vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato il bambino per la mancanza di cose necessarie ad un neonato, come fu adagiato in una mangiatoia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”. Francesco voleva “vedere” il Natale. Il giorno dopo il terremoto sono venuto qui tra voi e vi ho consegnato il Vangelo di Luca, proprio quello che narra la nascita di Gesù e che Francesco voleva mettere in pratica alla lettera. Dice il Celano che “il desiderio di Francesco era quello di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente… gli esempi del Signore”. Per questo volle ripetere il Vangelo della nascita così com’era. Lui, con tutta la gente di Greccio, divenne come quei pastori che si dicevano l’un l’altro: “Andiamo a vedere quel che è accaduto e che il Signore ci ha fatto sapere”. Quella notte, questa notte,  tutti sentiamo la stessa gioia di quei pastori che “trovarono Maria, Giuseppe e il bambino che dormiva nella mangiatoia”.


Sì, questa notte anche San Faustino è divenuta una nuova Betlemme. Qui, infatti, possiamo “vedere” il piccolo Gesù, solo lui, senza tanti ornamenti. Quel bambino è l’origine della nostra salvezza. Care sorelle e fratelli, per trovare la salvezza, per trovare la nostra felicità, non dobbiamo andare oltre quella stalla, oltre questa tenda, oltre quel piccolo Vangelo che vi ho consegnato nelle mani. Chi vede questo bambino si rende conto che le costruzioni basate sul proprio orgoglio sono deboli, basta una scossa e facilmente crollano. Chi vede questo bambino non confida più poi così tanto nelle proprie ricchezze, non si affida più tanto ai potenti di questo mondo. Certo, non è normale affidarsi ad un bambino. Per Gesù, infatti, “non c’era posto nell’albergo”, come spesso non c’è posto tra gli uomini per coloro che sono deboli e indifesi. Molti subiscono lo stesso destino di Gesù ancora oggi. Molti non trovano posto nelle case, ma soprattutto nel cuore degli uomini. Sono i profughi, gli stranieri, gli abbandonati, gli oppressi, i condannati a morte, le vittime delle guerre e della violenza. Care sorelle e cari fratelli, come quei pastori, come San Francesco, anche noi dobbiamo recarci a “vedere” questi numerosi presepi reali e tragici, ed accoglierli nel nostro cuore, nelle nostre preoccupazioni, nella nostra vita. Continuare ad allestire il presepe nelle nostre case, ricordandoci che non possiamo più chiudere le nostre porte ai piccoli e ai deboli. Così come questa notte. Questo è il primo Natale del nuovo secolo. Siamo sotto una tenda, ma pieni di gioia per la presenza di Gesù. Egli ci ha tanto amato da lasciare la sua dimora del cielo per venire a porre la sua tenda in mezzo a noi. Con una amico così non abbiamo più paura e possiamo entrare nel nuovo secolo con una speranza e una forza nuova. Buon Natale.