Morte di Cinzia Perissinotto
Care sorelle e cari fratelli,
appena ho sentito la notizia della morte di Cinzia mi è venuto come spontaneo pensare al brano evangelico di Giovanni che abbiamo appena ascoltato e mi sono salite alla mente le parole che Maria riferiva a Gesù: “hanno portato via il mio Signore!” Sì, come non dire che, in certo modo, Cinzia ci è stata portata via? Che è stata portata via alla sua famiglia e alla nostra diocesi? E questa santa liturgia è un po’ come Maria che sta vicina al sepolcro e piange. Le nostre parole si fermano, mentre il cuore è come lacerato da questa separazione. Ci viene in soccorso proprio lei che anche negli ultimi giorni, quasi dimentica del suo male, cercava di consolare chi era afflitto e preoccupato. Anzi, usava, se così possiamo dire, la gravità della sua malattia per consolare chi era meno grave di lei: “se io, che sono in queste condizioni di dico di stare più tranquilla, credimi!” Ed è forse proprio lei che oggi, non più con le parole ma con la forza della sua fede, ci dice le parole che Gesù risorto disse a Maria: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre mio; ma và dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e al Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Sono, potremmo dire, le sue ultime parole che ci dice da qui, da questa terra a tutti noi. Noi vorremmo trattenerla, noi vorremmo averla ancora con noi. Lo vorresti tu Stefano assieme a Tommaso e a Marta, lo vorreste voi genitori e noi tutti. C’è un mistero, quello del male, che ci lacera e che non comprendiamo.
E’ il Vangelo che oggi alza almeno un poco il velo da questa morte e ci fa intravedere con gli occhi della fede un abbraccio, un abbraccio che è così profondo e intimo da non poterlo vedere con i nostri occhi. E’ l’abbraccio tra Gesù risorto, quel giardiniere di cui parla Giovanni, e questa sua figlia. E’ il mistero di un amore che ha segnato profondamente la vita di Cinzia, un abbraccio che oggi vince anche la morte. Sì, sta scritto: più forte della morte è l’amore. Abbiamo ascoltato l’inno della carità che l’apostolo Paolo scriveva ai cristiani di Corinto. E’ l’inno che Cinzia e Stefano vollero leggere nel giorno del loro matrimonio. Non fu una scelta d’occasione, ma il frutto della fede. E’ stato un brano che ha come protetto e conservato la vostra vita, ora conserva la vita di Cinzia. Non dice forse Paolo che “la carità non avrà mai fine”? Tutto scompare: le profezie, la scienza e persino la fede e la speranza, l’unica cosa che resta è la carità. E se in questa terra Cinzia, come dice l’apostolo, vedeva come in uno specchio, in maniera confusa, ora vede Dio faccia a faccia. Se prima conosceva in modo imperfetto, ora conosce perfettamente. Ed è perfettamente conosciuta e amata da Dio.
Noi non la dimenticheremo. Cinzia resta un tesoro per Terni e per la nostra diocesi. Il Signore Gesù che oggi l’abbraccia con amore tenero ed eterno iniziò a guardarla da bambina, da ragazza, negli anni del ginnasio, a scuola, quando prese a far parte del movimento studenti dell’Azione Cattolica. Passata poi al liceo, scelse di dedicarsi totalmente e con passione nella vita parrocchia di San Paolo, con don Domenico prima e don Giovanni dopo. E con lei nacquero i primi gruppi dei ragazzi dell’ACR e poi i gruppi giovanili. E fu presto chiamata ad estendere la sua carità nel campo più vasto della diocesi. Si dedicò alla cura del raccordo tra i diversi gruppi parrocchiali, mostrando una apertura non solo di cuore ma anche di intelligenza pastorale. E per questo il vescovo Mons. Gualdrini la chiamò poi alla responsabilità della presidenza diocesana dell’Azione Cattolica. Un incarico che non prese a cuor leggero: sapeva, infatti, quanto fosse delicato questo compito e quanto necessario un spirito di servizio. E fu la sua passione di annunciare il Vangelo a farle superare ostacoli e difficoltà, sia personali che di altri. Come quando si rivolgeva a chi restava un po’ indietro e magari era bloccato da qualche diffidenza, lei gli diceva, con quel suo carattere deciso ma anche amorevolmente furbo: “dai spettegoliamo un po’ insieme”. E preparava così lo spazio dell’incontro con Gesù. Quanto ci sarebbe poi da dire sul suo impegno, portato avanti assieme a Stefano, per l’educazione e l’accompagnamento dei fidanzati e delle giovani coppie! Io l’ho conosciuta come responsabile dell’ufficio diocesano della pastorale familiare. E ho potuto constatare come con mano la passione e la decisione con cui si impegnava in questo campo.
Sì, Cinzia ha amato questa chiesa diocesana, e l’ha amata da donna, da laica, da sposa e da madre. Tu, caro Stefano, mentre più di tutti noi vivi il dramma della separazione, sai anche che quel che con lei hai legato sulla terra, sarà legato anche nel cielo. Come lei sarà legata, dal cielo, a te, a Tommaso e alla piccola Marta. Vi continuerà ad aiutare e a seguire con amore indicibile. E restano saldi anche i suoi legami con i tanti ragazzi e ragazze che lei ha aiutato perché incontrassero e amassero Gesù. E la catena continua con le tante coppie di giovani sposi ai quali ha dedicati gli ultimi ani della vita. Ricordi, Stefano, me ne parlavate in uno degli ultimi incontri: come seguire le giovani coppie che erano state accompagnate fino al matrimonio! Non si dovevano e non si debbono abbandonare.
E fui personalmente colpito anche dalla sua attività di studiosa. Voi tutti conoscete meglio di me questo aspetto della vita di Cinzia che rendono ancor più dura la sua partenza da noi e da questa città. Dagli estratti dei suoi studi si vede bene la sua passione per le radici storiche e culturali che le facevano amare questa terra che l’aveva vista nascere 39 anni fa e da cui aveva appreso un carattere volitivo e cordiale. Ora, mentre l’anno giubilare si avvia alla conclusione, anche lei si avvia verso il cielo e noi ci stringiamo in ultimo saluto come per non lasciarla.