Messa di Natale alle acciaierie

Messa di Natale alle acciaierie


“Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi”. Con queste parole dell’apostolo si apre la liturgia di questa terza domenica di Avvento, chiamata la domenica “gaudente”, la domenica della gioia. Anche il profeta Sofonia esorta Gerusalemme a rallegrarsi: “Gioisci, figlia di Sion, esulta Israele e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!”. Il motivo della gioia è chiaro: “rallegrati perché il Signore è vicino”, scrive Paolo (e lo scrive mentre sta in carcere a Roma, forse con la prospettiva della morte: ma l’apostolo esorta alla speranza). E Sofonia, da parte sua, continua: “Rallegrati Gersualemme, il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico… Il Signore tuo Dio è in mezzo a te… ti rinnoverà con il suo amore”.


Gerusalemme stava per essere librata, l’assedio a cui era stata costretta si allentava, il nemico stava allontanandosi e la città poteva tornare a vivere: il Signore l’aveva salvata. Potremmo dirlo in qualche modo anche noi. Ci paiono davvero lontani gli anni scorsi e siamo lieti di poter guardare con maggiore serenità il nostro futuro anche qui in fabbrica. Certo non mancano in questa nostra terra motivi per essere tristi. Possono essere motivi personali, familiari, ma anche tante drammatiche situazioni vicine o lontane da noi. Penso alla tragedia abbattutasi vicino a noi sua alcune famiglie nelle settimane scorse per l’esplosione dell’oleificio del Clitunno: quattro famiglie, di cui tre di Terni, sono state segnate drammaticamente dalla morte. Vogliamo che queste famiglie, ci sentano vicini e sappiano che, seppure il vuoto creatosi a casa è incolmabile, noi stiamo e continueremo a stare accanto a loro, mentre diciamo ancora e con forza che il lavoro non deve essere mai più forte di morte ma solo di vita. E non possiamo non ricordare anche il nostro concittadino Roberto, lavoratore anche lui, rapito in Nigeria. Questa messa vogliamo offrirla al Signore per i quattro operai morti perché vivano nella pace e per Roberto perché torni presto a casa e sia riabbracciato dalla moglie e dai famigliari.


Ci sono poi anche le tante tragedie del mondo che vediamo alla televisione o leggiamo sui giornali.


Ma, pur con queste notizie tristi, questa messa ci invita alla gioia, per non dimenticare le tragedia e neppure per la spensieratezza di qualche giorno. No, noi siamo chiamati a gioire perché è Natale, perché il Signore scende sulla terra per stare con noi, per aiutarci a vivere meglio, per salvare il mondo dalle tragedie. Sì, non siamo più soli. E’ questo il motivo della nostra gioia del Natale. Dice il poeta: “Il Signore tuo Dio in mezzo a te  è un salvatore potente”. E l’apostolo Paolo esorta: “Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità e esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti” e vi confesso che mentre ringrazio il Signore per quanto è avvenuto qui ala ThyssenKrupp, sto pregando Dio perché si risolva positivamente la vertenza per uno stabilimento del polo chimico a Narni, che in questi giorni dovrebbe risolversi, spero positivamente. Preghiamo insieme anche per i nostri amici operai di Narni perché possano guardare con serenità al loro futuro.


Questa messa è un invito a preparare il nostro cuore, anche quello delle nostre famiglie, per accogliere il Signore. Sì, vogliamo che anche la fabbrica si apre ad accogliere Gesù. Cari amici, un cuore che accoglie il Signore riesce a rendere umana la vita ovunque sia. E’ facile infatti che ciascuno di noi, a casa, in fabbrica, a scuola, si lasci prendere solo da sé e dai propri problemi, dimenticando quelli degli altri. Da soli non si vive e tanto meno si fa festa. E questa celebrazione ne è un esempio. Chi di noi oggi non è toccato almeno un poco dalla felicità? E’ questo il Natale: tutti, piccoli e grandi attorno ad un bambino. L’evangelista Luca scrive che “il popolo era in attesa”. Sì, attendevano qualcuno che li liberasse dall’oppressione, non solo da quella dell’impero romano, ma dalle tante altre che comunque schiacciavano la vita e la rendevano dura e triste. Soprattutto i deboli e ipoveri attendevano guarigione, conforto, comprensione, sostegno. Per questo molti lasciavano le loro città e i loro villaggi per recarsi nel deserto e incontrare quell’austero predicatore che era Giovanni Battista. Giovanni è colui che per primo attende un mondo nuovo, e per questo parla a tutti coloro che come lui aspettano il Signore. Alcuni pensavano fosse lui il Messia, e si mettevano in fila per farsi battezzare. Lui rispondeva confessando tutta la sua piccolezza. “Io vi battezzo con acqua, ma viene uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure i legacci dei sandali: egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. Giovanni non è rinchiuso in sé stesso. Egli sa che non è lui la salvezza di sé stesso. Egli l’attende da fuori. Quanto abbiamo da imparare! Giovanni è un uomo umile, ma non pauroso: è ben cosciente dei suoi limiti, ma non si tira indietro, non si chiude nel silenzio, non si ritrae in una pigra, avara e superba umiltà. La sua umiltà lo spinge ad uscire da sé stesso e dalle sue abitudini per attendere uno che è più forte di lui.


Ma chi è Giovanni, oggi in mezzo a noi? E’ il Vangelo. In questi giorni apriamo il Vangelo, leggiamolo assieme. Sentiremo il cuore aprirsi per accogliere il Signore che nasce nel cuore. E ce ne accorgeremo perché sentiremo sentimenti migliori spuntare dal terreno del cuore. LA gente che era accorsa da lui chiedeva: “Che cosa dobbiamo fare?”. La risposta è semplice: “Chi ha due tuniche, ne di una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”. La carità è la prima risposta.