Notte di Natale 2006

Notte di Natale 2006

Care sorelle e cari fratelli,


 


questa santa liturgia è segnata in maniera tutta particolare dalla gioia. La cattedrale risplende di luce e la liturgia è come vestita a festa con gli abiti della solennità per la nascita di Gesù. Questo giorno è così importante da aver diviso la storia in due: in prima e dopo di Cristo. Cosa vuol dire? Che finalmente da quel giorno l’amore di Dio è sceso definitivamente sulla terra; da quel giorno nessun uomo, nessuna donna, è più solo, nessuno è più abbandonato al destino cieco del male e della morte. Ecco perché il Natale torna e noi continuiamo ad accoglierlo. Ne abbiamo bisogno. Questo Natale del 2006 trova ancora un mondo buio. E’ il buio che avvolge il Medio Oriente, la Terra santa, ove ad una guerra si rischia che se ne aggiungano altre. E’ il buio dei paesi straziati dalla fame e dalla malattia, dall’Aids. E’ il buio di quei paesi che non riescono a uscire dalla violenza. Ma è anche il buio del disastro al Clitunno ove quattro persone, di cui tre di Terni, sono state strappate alla vita dallo scoppio di un oleificio. Noi continuiamo a pregare per loro e diciamo ancora una volta alle famiglie che siamo loro vicini che non  li dimentichiamo, mentre ricordiamo l’impegno a operare in ogni modo per aiutare a non morire, tanto meno sul posto di lavoro. Ed è buio anche in quel lembo di foresta della Nigeria ove sono stati rapiti quattro operai tra cui Roberto, di Borgorivo. C’è stata oggi la buona notizia della telefonata ad un giornale italiano che ci conferma che sono in vita. Certo, speravamo di riabbracciare Roberto in questi giorni. Non smettiamo tuttavia di pregare e di sperare. Noi siamo amici dell’Africa, la casa di Roberto è come un pezzo d’Africa a Terni. Noi amiamo gli africani e desideriamo che vivano con piena dignità; per questo non debbono compiere quei crimini che spesso abbiamo visto in Occidente. Preghiamo il Signore perché tocchi il cuore dei rapitori e rilascino i rapiti ai loro cari.


Potremmo continuare a descrivere il buio di questo nostro mondo che coinvolge anche noi. Ciascuno di noi a forza di pensare solo a se stesso si sta costruendo un muro che lo difenda dagli altri, che lo allontani dagli altri, che lo separi dagli altri. La stessa libertà che tanto reclamizziamo rischia di divenire solo una pretesa per se stessi e per il proprio benessere a qualsiasi costo. E l’amore ha perso il suo vero senso di legame stabile con gli altri, di legame che fa dimenticare se stessi per aiutare gli altri. Avanza sempre più una cultura dell’amore per sé che accantona quella dell’amore per gli altri. Ma se l’amore si rinchiude non solo perde il suo senso, ma diviene egocentrismo violento ed anche crudele.


Abbiamo bisogno del Natale, ossia di un amore che privilegia gli altri prima di se stessi. A Natale accade esattamente questo. L’apostolo Giovanni, quasi a commentare il mistero del Natale, scrive: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”. Sì, Dio ama a tal punto gli uomini che chiede al Figlio di lasciare il cielo per venire ad abitare sulla terra in mezzo agli uomini per salvarli. Chiunque lo accoglie nel cuore, non importa in quale condizione egli si trovi, è salvato. E per non spaventare o incutere timore si presenta come un bambino. L’angelo, ai pastori, disse proprio questo: “Non temete, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo; oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”. Sì, il Natale è quel bambino. Egli ama a tal punto gli uomini che accetta anche di nascere in una stalla. Aveva bussato a qualche porta, ma tutte gli sono state sbattute in faccia. Ma non se ne è andato in cielo, stizzito e arrabbiato, come certamente avremmo fatto noi. No, Gesù si è fermato là dove ha trovato un po’ di spazio: in una stalla. Ecco, il mistero di amore del Natale.


Care sorelle e cari fratelli, ditemi se non abbiamo bisogno di un amore come questo! Ma noi lo abbiamo intuito ed ecco perché siamo venuti in tanti questa notte in cattedrale. C’è in effetti come un santo istinto nel venire qui, come una voce interiore che ci ha spinti ad uscire di casa e ad entrare in questa santa liturgia di Natale. Allarghiamo questo istinto ancora nascosto e poco espresso, allarghiamo cioè il nostro cuore e facciamo spazio a questo bambino. Le nostre menti, i nostri cuori sono tanto spesso occupati solo dai nostri affari o dai nostri affanni, non abbiamo tempo per pensare agli altri, talora neppure per pensare alla moglie, ai figli, agli amici, a coloro che hanno bisogno, e tanto meno pensiamo a Gesù. Dobbiamo correggere questo nostro modo di fare: dobbiamo fare spazio al Signore a partire dalla Messa della domenica e dall’ascolto del Vangelo. E’ nella partecipazione alla Messa della Domenica e nell’ascolto del Vangelo che apprendiamo ad amare, a voler bene anche agli altri. Al termine di questa celebrazione vorrei iniziare la consegna delle Lettere Cattoliche, che comprendono le tre lettere di Giovanni, le due di Pietro, quella di Giacomo e di Giuda. E’ il dono che questa chiesa vi offre. Già dal titolo potete comprenderne il senso: “Amatevi gli uni gli altri”. In queste poche parole è racchiuso il senso dell’intero Vangelo, del mistero stesso del Natale.


Sì, l’amore è il senso del Natale. E amare vuol dire fare spazio agli altri. Per questo domani, in questa basilica faremo il pranzo per i poveri. E’ un segno, come lo era quel bambino avvolto in fasce. Sì, domani faremo spazio ai poveri e li metteremo al centro di questa cattedrale, un centro non solo spaziale, ma di senso. I poveri, i deboli, i bisognosi hanno tutti diritto ad essere amati e accolti: nessuno, in qualsiasi situazione si trovi, nessuno è estraneo all’amore di Dio e quindi alla Chiesa. E i più poveri sono il sacramento di Cristo. C’è una continuità tra questo altare e la tavola preparata avanti. I primi cristiani usavano la stessa parola greca, agape, per indicare l’Eucarestia e la mensa conviviale. Questo Natale ci allarghi il cuore, ce lo renda più tenero, più dolce, più attento agli altri. E il mondo vedrà più luce e più gioia.