Messa di Natale ad Amelia

Messa di Natale ad Amelia

Care sorelle e cari fratelli,


il giorno di Natale sta per terminare e noi ci ritroviamo ancora per celebrare la nascita di Gesù. E’ la terza Messa che la Liturgia di questo giorno prevede, dopo quella celebrata nella notte e quella del mattino. La Chiesa vuole celebrare l’intero giorno del Natale con tre celebrazione come per gustarne la straordinaria ricchezza. Nelle prime due Messe la Liturgia presenta i brani del Vangelo di Luca che narrano la nascita di Gesù: l’annuncio dell’angelo ai pastori della nascita del Bambino e la loro visita a Betlemme. Sono pagine evangeliche che ci accompagnano fin dall’infanzia e che abbiamo come visualizzato anche nel presepe. In questa terza Messa ci viene proposto il prologo del Vangelo di Giovanni. Il quarto Vangelo non ha la narrazione della nascita di Gesù, ma con questo brano che abbiamo ascoltato vuole coglierne il mistero. Potremmo dire che l’evangelista Giovanni si pone una domanda che dobbiamo fare anche nostra se vogliamo comprendere almeno un poco la profondità del mistero di Natale. La domanda è questa: “Chi è questo bambino che è nato”? E Giovanni risponde riportandoci all’inizio della creazione, alla prima pagina della Bibbia. Sì, quel Bambino dice Giovanni è il Verbo, ossia la Parola che esiste da sempre, il Figlio stesso di Dio che dall’eternità sta presso di Lui. Quel bambino è la Parola con cui Dio ha creato il mondo, come sta scritto: “Dio disse: ‘sia la luce’. E la luce fu”(Gn 1,3). E’ una parola potente che crea una cosa nuova, che fa le cose, che cambia i cuori. L’evangelista vuol dire che con il Natale si ripete in una maniera nuova e ancor più eccezionale la creazione. Quella parola si è fatta carne. La Lettera agli Ebrei scrive: Dio che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio”. Ecco il Natale: la Parola di Dio diviene carne. Dio stesso scende sulla terra per farsi uomo.


E perché Dio si fa uomo? Per salvarci dal peccato e dalla morte, per dirci il suo amore, per salvarci dalla solitudine. Scrive l’evangelista: “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”. Perché dobbiamo diventare “figli di Dio”? E, cosa vuol dire questo? Care sorelle e cari fratelli, guardiamo in faccia la vita di questo mondo, la nostra stessa vita. Se apriamo bene gli occhi scopriamo che facilmente siamo soli. La società è fatta in modo tale da lasciare soli tanti: sono soli gli anziani, sono soli i ragazzi, sono soli i giovani, sono sole le famiglie. Quanti vivono senza parole di affetto, senza legami che durano, senza parole che toccano davvero il cuore! Sì, la solitudine è spesso la condizione normale della vita. La gente di oggi è come orfana, senza padre e senza madre, e ognuno è educato a pensare solo a se stesso e ai propri interessi. Ed è qui la radice dell’amarezza della vita. Quando manca l’amore nascono le guerre, crescono gli odii tra le persone e tra i popoli, si affermano idee tristi come quelle sull’eutanasia, e così oltre. Sono sempre più preoccupato per la crescita dell’amore per se stessi e la diminuzione dell’amore per gli altri. Anzi, Dio è preoccupato di questo declino dell’amore per gli altri. La gente sempre più pensa solo a se stessa. Ed ecco che Dio manda il suo Figlio dal cielo sulla terra perché vuole comprendere a noi cos’è l’amore. Se si ama solo se stessi, si mettono le radici da cui si sviluppano le guerre, lo sfruttamento, l’egoismo generalizzato, la convinzione che aiutare a morie è una cosa bella.


Dio manda Gesù sulla terra per farci capire cos’è l’amore.