Messa di Natale a Narni 2004

Messa di Natale a Narni 2004

Omelia per la messa dell’aurora

 


Care sorelle e cari fratelli, l’angelo del Natale è tornato ad annunciare la nascita di Gesù. Questa notte in questa con cattedrale l’angelo ha ripetuto all’intera città di Narni: “Vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città da Davide il salvatore, che è Cristo Signore!” C’è bisogno che l’angelo torni perché il Natale non sia una memoria vuota, un momento di intimità risucchiato poi dalla grigia banalità della vita di ogni giorno. Il Natale torna perché tutti possiamo rinascere nel cuore. Un antico mistico diceva: “Nascesse Cristo a Betlemme, mille volte, ma non nel tuo cuore, saresti perduto in eterno”. Ma come rinascere? Il Vangelo che abbiamo ascoltato dice che “appena gli angeli si furono allontanati, i pastori si dicevano fra loro: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. E l’evangelista aggiunge: “Partirono senza indugio”.


Ecco come iniziare, ed ecco da dove partire per rinascere, per essere uomini e donne nuovi. Bisogna ripartire da quella grotta, da quel bambino. I pastori infatti si recarono in quella stalla e lì trovarono “Maria e Giuseppe e il Bambino che giaceva in una mangiatoia”. Il Natale è tutto qui. Raccoglierci attorno a quel Bambino che sta in una mangiatoia perché non c’era posto per lui nell’albergo. E’ un mistero d’amore inimmaginabile. Noi facciamo bene ad allestire il presepe e a commuoverci di fronte ad esso. Ma questa bella tradizione non deve farci dimenticare la dura realtà ch’essa esprime, ossia una città, Betlemme, che non ha accolto Gesù che nasceva. “Non c’era posto per loro”, scrive Luca amaramente. E quante volte anche oggi dobbiamo scrivere questa stessa frase! “Non c’è posto per gli stranieri, per i poveri, per i soli, per i malati, per i deboli, per chi non conta, per chi è lontano…!” Il presepe visto dalla parte degli uomini ha i tratti della durezza e dell’inaccoglienza. L’antico canto del “Tu scendi dalle stelle”, che quest’anno compie 250 anni, ce lo dice chiaramente: Gesù è venuto al freddo e al gelo, ma non tanto quello atmosferico, quanto quello dei cuori, e ha dovuto contentarsi del caldo del bue e dell’asinelllo,secondo un’antica tradizione popolare. Visto però dalla parte di Dio, il presepe, è un gesto di amore incredibile, fuori di ogni misura. Il Signore Gesù lascia il cielo del Paradiso e scende sulla terra. E nonostante gli uomini non lo accolgano, pur di starci accanto, accetta di nascere in una stalla. Di fronte ad un amore così grande, come non commuoversi?


Ma c’è di più: è incredibile che Dio venga sulla terra e accetti anche una stalla; ma quel che ci lascia ancor più sconvolti è che si presenti come un bambino, che tra tutte le creature è il più debole. Chi mai avrebbe solo potuto pensarlo? Eppure il Natale è tutto qui: un Dio che è un fragile bambino. “Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”, dice l’angelo ai pastori. Essi andarono e si strinsero attorno a quel bambino. Quei pastori, ritenuti tra la gente più disprezzata del tempo, furono i primi ad accorrere in pellegrinaggio attorno a quel bambino. Non dirà Gesù: “i primi saranno gli ultimi e gli ultimi primi”? Quella piccola famiglia nella grotta, circondata dai pastori, è l’immagine di cos’è la comunità cristiana, la Chiesa. Questa con-cattedrale di Narni è oggi anch’essa una nuova Betlemme. Come in quella grotta di duemila anni fa, anche oggi è il Bambino che sta al centro, non noi stessi come di solito facciamo e imponiamo a chi ci sta intorno. Oggi è il bambino che sta davanti ai nostri occhi. E noi, come quei pastori, ci stringiamo attorno a lui per apprendere da lui come amare, come voler bene, come vivere.


Fecero così quei pastori, i quali dopo aver visto il bambino “se ne tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto”. Dobbiamo imitare quei pastori, i quali senza dubbio parlarono agli abitanti di Betlemme di quell’evento straordinario. Narni ha bisogno che voi diventiate come quei pastori; Narni ha bisogno di uomini e di donne che sappiano voler bene, che non siano più ripiegati solo su se stessi e sui propri problemi, ma che sappiano toccare i cuori di coloro che non sanno aprire le porte del proprio cuore agli altri. Questo Natale può e deve essere un nuovo inizio per Narni; può e deve significare un sussulto di amore perché la via sia più felice per tutti. Sento che il tempo è venuto perché a Narni scorra un po’ più d’amore, perché si guardi oltre le mura, perché i cuori sappiano battere sui ritmi del Vangelo. Vi è stato consegnato il Vangelo di Giovanni, le cui prime parole esprimono il mistero stesso del Natale: “Il Verbo si è fatto carne”. Bisogna ripartire a leggere il Vangelo, giorno dopo giorno, perché diventi carne, ossia amore concreto, qui a Narni. È questo il senso vero del Natale. Se aprite il cuore e accogliete il piccolo libro del Vangelo e cercate di metterlo in pratica ogni giorno sentirete la gioia di quegli antichi pastori e vedrete Narni risplendere come un luogo di pace e di felicità.