Messa con i lavoratori delle acciaierie

Messa con i lavoratori delle acciaierie

Il Vangelo di questa domenica (Luca 4,21-30) riporta le reazioni degli abitanti di Nazareth alla prima predica di Gesù. Scrive Luca: “all’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò”.

Da dove nasceva uno sdegno così violento tanto da spingere gli abitanti di Nazareth a gettare Gesù dal precipizio? Aveva forse colpito qualcuno particolarmente potente o intoccabile? Si era scagliato contro interessi vitali della città? In realtà una sola era la colpa di Gesù: aver osato presentarsi come il Salvatore, ossia come colui che libera i prigionieri, che guarisce i malati e che solleva i poveri dalla loro triste condizione. E tutti erano chiamati a coinvolgersi in questa azione. Non si poteva restare estranei al messaggio che Gesù proponeva.

Di fronte a tale affermazioni, esigenti per lui e per tutti gli ascoltatori, i nazareni reagiscono violentemente: non vogliono che Gesù entri nella loro vita, che dica loro come debbono comportarsi. Essi volevano miracoli, Gesù invece li chiamava alla solidarietà; si aspettavano gesti spettacolari, Gesù invece chiedeva che fossero meno egoisti e aprissero il loro cuore a chi aveva bisogno. C’è da dire che queste reazioni le conosciamo anche noi quando non vogliamo essere disturbati nel nostro orgoglio, quando non vogliamo cambiare abitudini egoistiche. Gesù non accetta questo modo di pensare che di fatto porta a difendere solo se stessi lasciando al loro destino i poveri e i deboli. E richiama la vicenda del profeta Elia, il quale, durante una dura carestia nel paese, fu mandato solo ad una povera vedova vicino Sidone. Questa donna, dopo l’iniziale paura, accolse il profeta e gli offrì tutto quello che aveva. E poi Gesù ricorda anche l’episodio del profeta Eliseo mandato a guarire dalla lebbra solo a uno straniero, Naaman il Siro. Costui non era particolarmente credente; anzi, era uno straniero e per di più orgoglioso. Ma sia lui che la vedova accolsero i profeti e furono premiati: si affidarono al profeta che parlava nel nome di Dio e furono salvati. Insomma, fecero esattamente il contrario della reazione degli abitanti di Nazareth. Qui, nella sua città, Gesù non trovò donne come quella vedova e uomini come quel siro pagano. Essi chiedevano aiuto al Signore e trovarono risposta. A Nazareth la gente che andò ad ascoltare Gesù era gente sazia: lo accolsero sì con curiosità, vista la fama che si è sparsa di lui, ma non vollero lasciarsi toccare il cuore dalla sua parola, non vollero ascoltare il suo Vangelo. Volevano sensazioni, mentre Gesù chiedeva la conversione dei cuori; e rifiutarono di stare dalla parte di Gesù e da quella dei deboli e dei poveri. Lo cacciarono da Nazareth e volevano ucciderlo.

Questa durezza di cuore, questa incredulità impedì al Signore di operare miracoli. Nel brano parallelo del Vangelo di Marco si nota, con amarezza, che Gesù non poté (non dice: “non volle”) operare nessun miracolo a Nazareth a motivo della loro incredulità (Marco 6,8-9). L’incredulità è fermarsi ad amare solo se stessi, è stare attenti a conservare solo la propria tranquillità senza preoccuparsi della vita altrui. Gesù, al contrario, era venuto per salvare tutti, per aiutare tutti e particolarmente i più deboli e poveri. Molte sono le considerazioni che sgorgano da questa pagina evangelica. E tutte toccano il cuore nostro e di chi lo ascolta. Oggi vorrei legare queste parole evangeliche a quanto sta accadendo in questi giorni nella nostra città.

A Terni, invece dei miracoli, sono a rischio centinaia e centinaia di posti di lavoro. E’ un po’ come vedere tagliato il futuro a tante famiglie; è come cacciare via dalla città la speranza e buttarla giù dal precipizio. Di fronte a tutto questo, come tacere? Come stare a guardare? Non possiamo comportarci come quegli abitanti di Nazareth chiusi nel loro egoismo. Noi ci stringiamo accanto a quei lavoratori, una cui rappresentanza è qui tra noi e che volentieri salutiamo, che rischiano di perdere il posto di lavoro e che vedono la loro dignità calpestata e sacrificata sull’altare del dio-mercato. A tutti loro vorrei anzitutto porgere il saluto di Giovanni Paolo II. Sono stato incaricato di far sapere che il Papa sta seguendo con trepidazione gli avvenimenti che riguardano il loro futuro e dell’intera città di Terni. In quel 19 marzo del 1981, mentre visitava la fabbrica, con voce forte disse: “Cari lavoratori, ho molto apprezzato la forte e indomita volontà di continuare con determinazione e con saggezza, a difendere il vostro lavoro e la sua dignità”. Queste parole – uscite da quel Papa che per la prima volta si metteva in testa l’elmetto di operaio – risuonano chiare ancora oggi in tutta la loro forza. Sì, bisogna difendere “il lavoro e la sua dignità”. Alla voce del Papa si è unita anche quella dei vescovi umbri che esprimono la solidarietà di tutte le Chiese alla nostra città. E’ una voce che ci conforta per essere “forti come un muro di bronzo” – così dice il profeta Geremia – nel respingere l’umiliazione dell’annullamento del lavoro. Ho voluto che oggi in tutta la Diocesi, in ogni celebrazione eucaristica, si pregasse il Signore per sostenere la città in questo difficile momento della sua storia, e perché i lavoratori interessati e le rispettive famiglie potessero vedere con maggiore speranza il futuro. Come non pensare che tante di queste famiglie degli operai del magnetico sono formate da giovani coppie? Sì, ha ragione il Papa: dobbiamo difendere con determinazione il lavoro dei nostri fratelli! Sentiamo l’obbligo morale, cari lavoratori, di starvi accanto e di accompagnarvi in questa giusta difesa. Non è accettabile, infatti, che si prendano decisioni in modo unilaterale senza tenere in nessun conto la vita e la dignità di migliaia di persone. Le leggi del mercato, anche quelle ferree della globalizzazione che conosciamo bene anche noi, non possono tuttavia prescindere dalla considerazione della dignità dell’uomo e della famiglia. Se l’uomo è ridotto solamente ad uno strumento sacrificato sull’altare del mercato, siamo ben più oltre dell’atteggiamento degli abitanti di Nazareth. Così l’uomo è stato già ucciso. Ma in questo modo abbiamo cacciato tutto dalla vita, il mercato compreso.

Care sorelle e cari fratelli, noi tutti ci sentiamo davvero impegnati a difendere con decisione il lavoro di questi nostri fratelli, e lo facciamo con quello slancio di carità che l’apostolo Paolo chiedeva ai Corinzi. La carità è davvero al di sopra di tutto. Per questo vogliamo esprimere in modo concreto la nostra solidarietà ai lavoratori del magnetico assegnando loro il “Premio san Valentino” di questo anno. La rispettiva somma sarà destinata al sostegno della loro lotta. E’ un modo concreto di far sentire loro il nostro amore. C’è poi anche una riflessione ulteriore da fare e che oggi accenno appena. Quanto sta accadendo ci richiama, purtroppo in modo drammatico, a immaginare con urgenza e con maggiore creatività il futuro di questa nostra città. Non possiamo assistere impotenti a vicende che sembrano sovrastarci. C’è bisogno cioè di trovare nuove strade e nuove prospettive per lo sviluppo della nostra città. Voglio dire che, mentre difendiamo con tenacia e determinazione il lavoro esistente, tutti dobbiamo impegnarci a immaginare nuove vie di impiego e di occupazione per i nostri giovani. La città ha bisogno di trovare un nuovo futuro che renda serena la vita di chi è ormai avanti negli anni, che renda stabile la vita delle famiglie, che dia ai piccoli una città più tranquilla e che ai nostri giovani offra la speranza di costruire con il lavoro delle loro mani il futuro dell’intera città.

Siamo in un momento particolarmente difficile per Terni. E tutti dobbiamo stringerci ancor più chiaramente in una solidarietà fattiva. E’ particolarmente significativa la consonanza che ha mostrato l’intera città. Ed è bello che anche in tutte le chiese oggi si elevi la preghiera a Dio perché aiuti tutti a trovare una adeguata soluzione alla attuale vicenda. Inizia oggi il mese dedicato a San Valentino. Chiediamo a lui di proteggere la sua e la nostra Terni perché possa superare questo drammatico momento. E chiediamo anche a Giunio Tinarelli, antico operaio delle acciaierie di assisterci in questa difficile congiuntura. La difesa della dignità dei lavoratori e del loro lavoro ci impegna a immaginare e costruire un futuro nuovo e forte per la nostra città. Il Signore ci aiuti e ci benedica.