Messa alle acciaierie

Messa alle acciaierie


Care sorelle e cari fratelli,


 


anche quest’anno la Messa di Natale in fabbrica ci raccoglie tutti. E’ un momento significativo per ritrovarci sul luogo del lavoro anche con le famiglie. Quando Hespenan me lo propose l’anno sorso l’accolsi molto volentieri, è davvero una bella iniziativa. Quest’anno è ancor più significativa, proprio perché segnata dal dolore per la tragedia che ha coinvolto gli operai dello stabilimento della Thyssen di Torino. Già altre volte negli anni passati ci eravamo stretti ai nostri amici di Torino nei momenti difficili che lo stabilimento stava vivendo. E si è creato un singolare legame tra le nostre due città, Terni e Torino. Ed anche per questo, noi tutti abbiamo vissuto da vicino, con il dolore, con la solidarietà, con la preghiera, questa terribile tragedia che ha stroncato la vita di Antonio, di Roberto, di Angelo e di Bruno, uno di loro fino a due giorni prima aveva lavorato qui assieme a voi. A loro si aggiungono Rocco, Giuseppe e Rosario che, sul letto del dolore, affrontano la loro battaglia per la vita. Sette nomi, sette famiglie con le mogli, alcune ormai vedove, e i loro figli, alcuni orfani; tutti straziati dal dolore per l’irreparabile perdita dei mariti, dei padri.


Per loro è un Natale duro, durissimo. Questa Messa vorrei celebrarla per questi morti, perché il Signore li faccia rinascere ad una vita nuova, e viverla con i vivi, perché il Signore li aiuti in questi difficili momenti e li protegga nei giorni futuri. E’ il regalo più grande che possiamo fare loro. E Natale si arricchisce così di significato. Ho voluto che si aggiungessero a noi anche le famiglie degli operai di questa nostra terra che ultimamente sono morti sul lavoro. Questa catena di morti ci ha visti ogni volta raccoglierci come in una lunga via crucis. Sì, in queste morti è Gesù stesso che è morto. Carissime sorelle vedove, ho voluto che foste anche voi oggi in mezzo a noi: siete la memoria viva di questa tragedia. In questo Natale, durissimo anche per voi, sentite il nostro affetto, la nostra vicinanza, la nostra solidarietà! Vorremmo, come scrive il Vangelo che abbiamo ascoltato a proposito di Giuseppe, “prendervi con noi” come lui prese con sé Maria.


A Natale non possiamo, e neppure vogliamo, dimenticare la tragedia di morti sul lavoro. E ci rivolgiamo anzitutto al Signore con la nostra preghiera. Ricordo ancora il funerale di Mauro Cannoli. Quel giorno leggemmo il Vangelo della tempesta sedata e facemmo nostro il grido dei discepoli: “Signore, non t’importa che moriamo?”. E’ un grido che continua a salire al cielo dalle centinaia  e centinaia di famiglie italiane che piangono i loro morti. Se gli uomini talora sono sordi a questo grido, Dio non lo è. Egli ascolta la nostra preghiera. Ed è per questo che il Natale di quest’anno non è come gli altri anni. Quest’anno il Natale viene in fabbrica prima che altrove. Sì, quest’anno il Natale viene qui, nello stabilimento della Thyssen Krupp e in tutte le fabbriche; viene nei cantieri edili, nelle officine, nelle stazioni ferroviarie, in tutti i luoghi di lavoro. E non solo a Terni, ma anche a Campello, a Narni, a Torino e ovunque, in tutte le città italiane. Gesù nasce nei nostri luoghi di lavoro, si fa Emmanuele, ossia “Dio con noi”. Gesù si fa lavoratore con voi, cari operai e operaie, come per voler ridare senso e attenzione al duro lavoro manuale, talora svalutato e persino dimenticato, come se la fatica del “fare” anche con le braccia e non solo con la testa, non fosse prezioso. Quest’anno Gesù nasce in fabbrica, vuole starvi accanto, vuole aiutarvi perché la vostra vita sia non solo sicura ma bella, e vuol dire a tutti il rispetto che si deve alla vita dei lavoratori come voi perché maggiormente esposta ai rischi.


E’ vero purtroppo che talora nei luoghi di lavoro la vita non sembra trovare il posto che merita. Ed è per questo che la morte si fa largo più facilmente. Accadde così anche a Betlemme. L’evangelista lo nota amaramente: quando Maria e Giuseppe giunsero nella cittadina “non c’era posto per loro nell’albergo”. Cari amici è vero che nei luoghi di lavoro talora non c’è posto per la dignità dell’uomo, non c’è posto per un lavoro che sia l’espressione della santità di chi lavora. E rischia di ripetersi la strage degli innocenti. Il Signore Iddio ha chiamato l’uomo al lavoro per partecipare così alla sua stessa opera creatrice. Con il lavoro l’uomo ha il compito di trasformare il mondo perché diventi una casa dignitosa per tutti. Non si lavora solo per guadagnare; si lavora anche per rendere il mondo più bello per tutti. Per questo va recuperata una cultura del lavoro che metta l’uomo al culmine dell’attenzione, altrimenti i luoghi di lavoro si trasformano in fabbriche di morte. E se la catena delle morti è lunga significa che ci troviamo di fronte ad una cultura che ha fatto anche del guadagno, e non solo, il primato assoluto dell’esistenza. E sull’altare del profitto a qualsiasi costo – penso anche a quella sottile e velenosa cultura consumista – si continueranno a sacrificare vite umane. Ma, care sorelle e cari fratelli, questi altari non sono esterni a noi, sono costruiti nei nostri cuori, nei cuori di tutti. C’è bisogno di rinascere.


E rinascere significa certamente un rinnovato impegno a fermare questa tragedia di morti sul lavoro. Si tratta di un impegno complesso, ma indilazionabile. E richiede l’opera di tutti. Molte cose sono state dette in questi giorni a tale proposito. Certo è che ciascuno, nella funzione che svolge, deve sentire personalmente la responsabilità che grava anche sulle sue spalle. Non dobbiamo mai dimenticare che la vita degli altri dipende anche da me, anche dalla mia attenzione e dalla mia preoccupazione. La questione della sicurezza sul lavoro riguarda senza dubbio le procedure tecniche che non debbono mai mancare, ogni disattenzione – da parte di tutti – è pericolosissima, ma è anche una questione culturale che coinvolge noi tutti, amministratori e imprenditori, organizzazioni sindacali e singoli operai, istituzioni politiche, civili, educative e religiose. C’è bisogno, come altre volte ho ripetuto, di un sussulto spirituale e morale che coinvolge il senso stesso della vita. Il lavoro non è slegato dalla concezione che abbiamo della vita, dal senso che diamo alla nostra esistenza. Papa benedetto dice bene che la vita è molto più che successo professionale e profitto. Accade invece che la cultura del guadagno ad ogni costo talora si afferma a tal punto da mettere in secondo piano l’attenzione sulla salute, sull’integrità del corpo, sulla stessa vita. C’è bisogno di ricomprendere il senso della dignità della persona umana, di ricomprendere il valore della famiglia, di ricomprendere la centralità dei rapporti umani. Cari amici, voi lo sapete bene: non ci salvano i soldi, anche se indispensabili; ci salva solo l’amore e ci aiuta a vivere davvero solo la solidarietà tra tutti. E’ in questo contesto che si comprende anche il senso del lavoro. Ed è a partire di qui che deve formarsi una cultura industriale che non riduca l’uomo ad una macchina. Non è l’uomo per la fabbrica ma il contrario. La fabbrica c’è per rendere dignitosa la vita dell’uomo, della sua famiglia e dell’intera società. Per questo, di fronte a quanto continua ad accadere, non abbiamo bisogno di sterili e pericolose contrapposizioni, è necessario, è urgente oggi uno scatto di responsabilità da parte di tutti perché il lavoro di tutti sia una occasione di dignità e di progresso.


Care sorelle e cari fratelli, il Natale torna quest’anno perché riscopriamo il senso profondo della nostra vita e del nostro lavoro, e lo riscopriamo camminando sulla via dell’amore, anche qui in fabbrica. Sì, l’esistenza ci è stata donata da Dio perché la spendiamo per la difesa e per la crescita della vita di tutti, a partire da quella di coloro che ci sono accanto. Il brano evangelico che abbiamo ascoltato si chiude con Giuseppe che era angustiato per quel che era successo a Maria. Un angelo, ossia il Vangelo del Natale gli suggerisce di destarsi e di prendere con sé Maria e il bambino che stava per nascere. Care sorelle e cari fratelli, accogliamo anche noi il Vangelo del Natale prendiamo con noi il Vangelo dell’amore e con un cuore rinnovato incamminiamoci verso il nuovo anno che il Signore ci dona. Questa Santa Messa ci aiuta a ripartire dalla fabbrica, dai luoghi di lavoro per rinascere ad vita nuova. Il Bambino che nasce ci dona la forza dell’amore che, mentre ci rende corresponsabili gli uni degli altri, ci aiuta a rendere le nostre famiglie e le nostre città più serene e più solidali. Nel dolore della perdita degli amici questa Santa Messa sia una benedizione per questo grande stabilimento e per voi tutti che qui lavorate e per le vostre famiglie.