Mercoledì Santo 2003

Messa Crismale

Care sorelle e cari fratelli,
con grande emozione oggi sono entrato in cattedrale.
Esattamente tre anni fa, alla stessa ora, facevo il mio ingresso in questa Chiesa diocesana. Permettetemi, perciò, anzitutto, di ringraziare il Signore per il dono che mi ha fatto inviandomi a servire questa Diocesi e tutti voi. Guardando a questi tre anni passati, parafrasando il salmista, potrei dire: “tre anni per me son come un giorno”, tanto sono trascorsi veloci, e “un giorno son tre anni”, tanto è stato intenso l’amore. Sì, sono felice di stare qui con
voi. Molto felice. Sono stati tre anni straordinari e appassionanti.
Ho cercato – dico “ho cercato”, perché non sono mancate colpe e inadempienze, di cui chiedo perdono al Signore e a voi – ho cercato di amare la Chiesa universale, alla cui cura il sacramento dell’Ordine mi ha posto inserendomi nel collegio dei vescovi, e di amare questa Chiesa di Terni-Narni-Amelia che il Papa mi ha affidato. L ‘ho abbracciata con amore. L ‘ho desiderata e la desidero bella e splendente, locale e universale, attenta qui e preoccupata per il mondo. Non mi sono stancato di amare questa Chiesa e tutti voi,
anzi l’amore è cresciuto; non riesco a trattenerlo e talora neppure a regolarlo. Sì, sento un amore che a tratti può apparire esagerato e persino intemperante. E ve ne siete certamente accorti. Ma è come un fuoco che mi brucia, dentro e fuori. E vorrei che si accendesse sempre più e che coinvolgesse l’intera.nostra Chiesa, ognuno di, voi, ogni parrocchia, Ogni comunità, ogni persona! Lo so, forse è un
sogno ingenuo! Sento, infatti, le voci di chi cerca di calmarmi e mi dice di stare buono, di non tirar troppo la corda. E forse ha ragione.
E poi mi giungono altre obiezioni: le cose sono sempre andate così; non si può pretendere più di tanto dalla gente; eppoi si lavora già  abbastanza. E, in alcuni casi, come dare torto? Ma il problema, care sorelle e cari fratelli, è l’amore. Come frenarlo?
La Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci ricorda la forza
irresistibile dell’amore. Lo ricorda a me vescovo, perché 1’unzione travolga ancor più il mio cuore, la mia mente, le mie forze. Lo ricorda a voi, cari sacerdoti e diaconi, a voi carissimi che state nella missione di Ntambue, perché l’unzione vi trasformi in Gesù, il quale era a tal punto appassionato della gente da non avere neppure dove
posare il capo; lo ricorda a voi, cari fratelli e sorelle, membri dei consigli pastorali e comunque consacrati con la santa unzione, perché siate membra vive e forti dell’unico Corpo di Cristo che è la  Chiesa. Quel giorno di Nazaret, quando Gesù entrò in sinagoga, è il nostro giorno. E’ questo giorno. Sì, oggi, anche su di noi – a meno
che non vogliamo rendere vane le parole evangeliche -anche su di  noi scendono le parole del profeta: “Lo Spirito del Signore è su di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore”. Tutti noi,
che siamo l’unico Corpo di Cristo, dopo aver ascoltato queste parole  del profeta dovremmo continuare con Gesù: “Oggi, si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”. Sì, oggi noi veniamo invasi dallo Spirito; oggi, veniamo travolti dall’amore.
Il Signore, infatti, ci ha presi non perché ci mettiamo al servizio di noi stessi e neppure perché svolgiamo semplicemente il nostro dovere. Noi siamo stati scelti, tutti, a partire da noi sacerdoti, per proclamare un tempo nuovo per la gente, per far gioire i poveri e i deboli, per consolare chiunque è afflitto, per sollevare chiunque è nel dolore, per accogliere chiunque è nella solitudine e nella tristezza. Noi abbiamo ricevuto l’unzione per edificare la famiglia di
Dio in questa nostra terra, perché sia segno dell’unità di tutta la famiglia umana.
E’ questo il senso più profondo dell’impegno che in questo
tempo l’intera nostra Chiesa sta ponendo per vivere il grande e santo mistero dell’Eucarestia. Sono particolarmente toccato dal fatto che Giovanni Paolo Il domani, Giovedì Santo, firmerà l’enciclica intitolata “La Chiesa vive dell’Eucarestia”. Sento provvidenziale per
la nostra Chiesa questa consonanza con il Papa. Già nella “Novo Millennio Ineunte” Giovanni Paolo II aveva richiamato la centralità dell’Eucarestia per la vita della Chiesa e noi ci eravamo mossi in quella linea. Con questa lettera enciclica riceviamo un ulteriore dono per la nostra vita personale e comunitaria. Troveremo il modo
di presentare in modo adèguato alla attenzione di tutta la diocesi il ricco testo papale. Questa sera vorrei porre attenzione ad un punto  particolare, riservandomi di sottolinearne qualche altro nella celebrazione della Cena del Signore di domani. Prendo quella parte dell’Enciclica che si riferisce più direttamente alla riflessione che stiamo conducendo sulla partecipazione di tutti i fedeli alla
celebrazione eucaristica. Ce lo stiamo dicendo da tempo: la Messa non è del prete, è della Chiesa intera. Ebbene, il Papa nel capitolo  terzo dell’ enciclica riprende proprio il tema, che più volte abbiamo trattato: l’Eucarestia edifica la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucarestia. E lo fonda sulla celebrazione che Gesù fece con i Dodici la sera del
giovedì prima di morire. In quella Santa Cena, che resta unica e che noi continuiamo a ripetere ogni domenica, e ogni giorno, in quella santa cena c’ è il mistero stesso della Chiesa. Si potrebbe dire che la Chiesa nasce dall’Eucarestia e porta all’Eucarestia. Nei prossimi mesi tutti i consigli pastorali parrocchiali saranno chiamati a riunirsi
per riflettere, appunto, sulla comunità cristiana come “celebrante” della Liturgia Eucaristica. Non sono solo i sacerdoti a celebrare la Messa ma l’intera comunità cristiana riunita. Lo ripeto: la Chiesa fa l’Eucarestia. Il fondamento di questa verità è proprio nei Dodici riuniti attorno a Gesù in quel giovedì notte. Il Papa sottolinea che i Dodici rappresentano sia l’intero popolo di Dio, quindi tutta la
Chiesa, sia i ministri ordinati. Ciò significa che questa sera, noi, qui, continuiamo la Chiesa apostolica. Tutta la comunità è quindi apostolica e tutta celebra la Santa Cena. Ogni volta che ci raduniamo per la Santa Liturgia celebriamo la stessa Cena del giovedì santo. E’ questo il mistero della nostra fede e della nostra salvezza! Comprendete quanto sia triste allora ogni distrazione, ogni
freddezza, ogni dimenticanza, ogni lontananza e ogni tradimento!
Accorate sono le parole del Papa per noi sacerdoti, quando ci ricorda che l’Eucarestia è il centro e la radice della nostra vita e assieme l’antidoto più efficace contro la dispersione nel nostro ministero pastorale. L ‘Eucarestia “è la principale e centrale ragion d’essere del Sacramento del sacerdozio” (31), nota il Papa. E, nel sottolineare la bellezza della celebrazione quotidiana, aggiunge che essa “è sempre atto di Cristo e della sua Chiesa, anche quando non è
possibile che vi assistano i fedeli” (31). In questo contesto sono particolarmente lieto di annunciare alla Diocesi la prossima ordinazione presbiterale di tre nostri diaconi: Giovanni, Andrea e Andrej. Carissimi, vi affidiamo al Signore già da questa sera. E voi, affidatevi a Dio e immergetevi nell’ amore di questa Diocesi.
Cari diaconi, il Papa scrive anche a voi questa Lettera. Siete
direttamente chiamati in causa nell’indirizzo. Siate lieti e onorati di essere ordinati al servizio della mensa del Signore. Fatelo con passione e con amore. Un saluto particolare va ai nuovi diaconi ordinati qualche giorno fa. E voi, care sorelle e fratelli tutti, sappiate che anche nelle vostre mani è affidato questo mistero grande. Ripeto
quanto dicevo lo scorso anno: sono assillato perché la Messa della domenica, non sia una delle tante cose che facciamo. No, non è uno degli impegni. La Messa è, in certo modo, 1 ‘unica cosa che dobbiamo fare. Il Concilio dice: “Ogni celebrazione liturgica, appunto perché opera di Cristo sacerdote e del suo corpo che è la Chiesa, è azione sacra in senso eminente, la cui efficacia non è raggiunta allo stesso titolo e allo stesso grado da nessun’altra azione
della Chiesa”. La celebrazione dell’Eucarestia è “l’azione” della Chiesa, è il momento di congiunzione tra la terra e il cielo, è il “culmine” della storia umana, e quindi l’inizio del paradiso.
Care sorelle e cari fratelli, dobbiamo tutti prendere sempre
più coscienza che oltre l’assemblea eucaristica non abbiamo
null’altro. Qui c’è tutto. Capite perché insisto nel dire che tutti siamo celebranti? Perché vi voglio tutti pieni di Cristo, tutti felici, tutti santi, tutti partecipi del paradiso fin da qui.