Giornata Diocesana della Gioventù

"Sentinella, quanto resta della notte?"

Ci siamo radunati per entrare assieme a Gesù in Gerusalemme e in ogni città del mondo. I cartelli che portiamo indicano per nome, uno per uno, i drammi che come macigni schiacciano milioni e milioni di bambini, di giovani, di uomini, di donne, di anziani. Gesù non resta impassibile di fronte a questa carneficina. Poteva starsene tranquillo e dire: cosa posso fare contro il potere di Roma, contro l’ingiusto giudizio di Pilato, contro la ferocia di Erode, contro la violenza dei Sommi sacerdoti?
Non resto a guardare. Non si rassegno al realismo di chi dice che non si può fare nulla. E neppure disse: non mi interessa.


Gesù sa bene che se la gente resta sola viene uccisa; che se non c’è chi grida contro la violenza e l’ingiustizia i poveri continueranno a soffrire; che se non c’è chi si sdegna di fronte alla guerra, e di fronte ai morti per fame, per droga, per schiavitù, tutto resterà come sempre.


Questa sera  noi siamo qui per dire che non ci rassegniamo ad un mondo come l’attuale; che non ci rassegnamo ad una vita mediocre e senza sogni; che non ci piacciono più le giornate trascorse senza che nulla cambi nel mondo. E non ci stiamo più a sostenere un mondo dove chi soffre è condannato a morire di fame – come accade nei paesi poveri – e chi è ricco a morire di noia o di troppa velocità, come accade nei paesi ricchi!


Voi giovani, soprattutto voi, siete le sentinelle che debbono vigilare perché nel mondo non prevalga il male e la guerra: Quanto resta della notte? Quanto ancora dobbiamo aspettare perché sorga un’aurora di pace?


Cari amici, l’aurora inizia qui, inizia scegliendo di entrare con Gesù nelle nostre città e nei nostri paesi per stare accanto a chiunque ha bisogno. E vogliamo entrare non solo a Terni, come abbiamo fatto questa sera, ma anche a Bagdad, e a Tirana, a Sarajevo e a Pristina, in Afganistan e nel Congo, in Gatemala e in Irlanda del Nord, in Perù e in Mozambico, insomma ovunque c’è bisogno, là noi vogliamo entrare. I nomi che leggiamo su questi cartelli ce li stampiamo nel cuore! Dietro ogni nome c’è un volto, un cuore, una persona, a volte milioni di volti e di cuori.


Ebbene, accanto a ciascuno di loro c’è Gesù che continua a dare la sua vita.


C’è da dire che oggi, purtroppo, sono pochi quelli che danno la vita. Molti, moltissimi, invece, sono quelli che seminano morte. La vita non cresce quando si ammazzano e si violentano le persone, la vita non si da quando viene tolta a qualcuno. Gesù ci insegna che l’unico modo per dare la vita agli altri è offrire la propria.


Lo hanno compreso i milioni di martiri dell’ultimo secolo. Questa sera ne abbiamo ricordato alcuni. Eccoli qui, accanto a noi con al centro l’icona che li simbolizza tutti, quelli dei gulag sovietici e quelli dei lager nazisti, quelli dei paesi di missione e quelli della mafia. La croce di Gesù li raccoglie tutti, e continua a raccogliere tutti i crocifissi della terra. Noi questa sera li ricordiamo. Anzi, vogliamo stare accanto a loro. Abbiamo visto nei giorni passati immagini di guerra, con morti dell’ una e dell’altra parte. No, cari amici, non si costruisce un mondo nuovo ammazzando gli altri, fossero anche nemici. La guerra e il terrorismo non potranno mai costruire una società felice e solidale. E la felicità non è possibile gli uni contro gli altri. Solo l’amore costruisce la pace e la felicità. Solo la solidarietà con tutti, a partire dai più deboli, edifica una mondo nuovo. Per noi la pace non è solo politica è molto di più è una persona: è Gesù e, con lui, tutti i disgraziati della terra. Se abbracci Gesù e con lui tutti i disgraziati della guerra troverai la pace e costruirai un mondo di pace. Ecco perché la pace è affidata anche alle tue mani, alle nostre mani. Essa inizia da noi, e si realizza quando dai la tua vita.


La vita – ricordalo! – muore se non si trasmette; finisce se non si dona; non ha senso se è isolata. Se cerchi solo il tuo benessere e la tua tranquillità, perdi la pace e inizi una guerra. Se cerchi solo se stesso e la tua soddisfazione, infatti, chi ti sta accanto diviene un concorrente da cui guardarsi, un nemico da eliminare. Su questa strada si costruisce un mondo di soli, di uomini e donne soli, di ragazze e ragazzi soli, di anziani soli… Ed in effetti spesso l’amizia, quella vera, è rara, davvero rara.


Siamo venuti qui per apprendere cosa significa amare. Romero, Martin Luter King, Bonoheffer, Puglisi, Kolbe e tanti altri che abbiamo ricordato ci insegnano cosa vuol dire amare. Abbiamo bisogno di uomini così. Questo secolo, iniziato in modo così tragico, ha bisogno dell’amore. Di un amore capace di superare la divisione e ma morte. Dall’alto ella croce Gesù ce lo insegna. Non piange su di sé, e ne aveva anche diritto. Vede la madre e il giovane discepolo. Forse pensa: “Che ne sarà di loro?”. Rivolto alla madre le dice: “donna, ecco tuo figlio” e al giovane discepolo: “ecco tua madre”. E “da quel momento il discepolo la prese con sé” chiude l’evangelista. La solitudine di quella donna fu vinta, come pure quella del giovane. Da quella croce nasceva una nuova amicizia tra quella donna e quel giovane.


Cari amici, anche noi possiamo far fiorire dalle croci di questo mondo una nuova amicizia. Anche a noi vien detto: “prendi con te” quella donna, quell’anziano, quel malato, quel carcerato, quel povero, quell’amico solo. Con l’amore, anche la croce più dura, può fiorire. Il ramo di ulivo ne è il segno.