La forza della famiglia in tempo di pandemia

Sono lieto di poter partecipare a questo ciclo di incontri per il mese della famiglia. Ci avviciniamo al quinto anniversario della Esortazione Aposotolica Post-Sinodale, Amoris laetitia, ed è bene tenerne viva la prospettiva. Il Sinodo sulla Famiglia – nelle due assemblee nelle quali si è svolto – ha mostrato la sua forza di profezia in un mondo nel quale la famiglia, pur in tutte le sue fragilità, resta il pilastro fondamentale delle società. E lo stiamo vedendo anche in questo tempo di Pandemia.

 La famiglia messa alla prova

In questa crisi relazionale generata dall’esplosione della Pandemia, le famiglie hanno e stanno giocando un ruolo fondamentale. Soprattutto nei paesi dove si è attuato un lockdown particolarmente stretto, le persone si sono ritrovate, improvvisamente, a vivere settimane intere chiuse in casa, in famiglia, appunto.

Tale situazione ha messo le famiglie alla prova, le ha sottoposte a uno stress test senza pari, soprattutto nelle aree urbane e ad alta densità abitativa. Pensiamo alle megalopoli anche del continente latino-americano. Quali sono stati i risultati? Sinteticamente si può affermare che il Covid ha evidenziato, talvolta in modo tragico, le fragilità interne alle famiglie e le difficoltà sociali che dovrebbero sostenerle. Al contempo, però, le famiglie hanno mostrato risorse e potenzialità inimmaginabili, che hanno permesso alla maggioranza della popolazione di superare tale grave momento di crisi. Vorrei partire proprio da questi notevoli segnali positivi.

Il legame familiare, anche quando è fragile o anche faticoso, è stato quello che ha mantenuto la struttura sociale della vita quotidiana delle nostre città.  Se gli uomini e le donne al tempo del lockdown non hanno percepito un abbandono totale, questo è stato possibile anzitutto grazie ai legami familiari, vissuti in casa o comunque continuamente custoditi nella trama delle relazioni che abbiamo imparato a ridisegnare nelle logiche permesse dalla pandemia. La famiglia, generatrice primaria della forma relazionale dell’esistenza, ha custodito tale socialità in questa emergenza. La forza di coesione è stata più solida di numerose fragilità tutt’ora presenti. Non è poca cosa. Questo porta a dire che nonostante tutte le crisi che sta traversando, la famiglia resta ancora una dimensione decisiva del tessuto sociale. Tale forza sociale che la famiglia rappresenta è apparsa dalla particolarmente preziosa quando a essere coinvolti dalla crisi sono stati i più piccoli o gli anziani, i deboli e gli ammalati. La famiglia è apparsa prepotentemente, ancora una volta, come il luogo della cura per eccellenza, del farsi reciprocamente carico dei bisogni, della condivisione gratuita e generosa delle proprie doti. E se c’è un aspetto che ha evidenziato in modo particolare tale legame strutturale è stato la tragica impossibilità, in alcuni momenti, ad accompagnare i propri cari nei momenti della malattia e, nel momento della morte, a celebrare i funerali dei propri congiunti. Un dolore terribile, proprio perché disumano, contro natura.

Una sottolineatura particolare merita poi il tema della famiglia quale luogo di trasmissione della fede in questo tempo di pandemia. Grazie alla emergenza sopravvenuta, il ministero della trasmissione della fede da parte delle famiglie è emerso in modo sorprendente anche in quei contesti (penso al mondo occidentale e alle aree urbane) dove il fenomeno della secolarizzazione ha messo in crisi un certo modello di esperienza cristiana domestica. Le grandi domande di senso che l’emergenza sanitaria sta rendendo più forti e urgenti trovano il primo luogo di espressione tra le mura domestiche. Quanti genitori, quanti anziani, provano quotidianamente a rileggere alla luce della loro esperienza credente questo tempo difficile che sta mettendo a dura prova la vita di tutti. Quante parole di rassicurazione verso i più piccoli stanno riempiendo i dialoghi in tante famiglie! Quante discussioni con gli adolescenti e i giovani, chiamati a ripensare la loro vita quotidiana e a rimettersi in discussione con rinnovata disponibilità! Quante preghiere…! Davvero moltissime famiglie cristiane sono oggi luogo di catechesi profonde e vere, di testimonianze eccezionali per non cedere alla tristezza e alla disperazione. Se penso alle celebrazioni della Pasqua passata debbo dire che ci sono state esperienze davvero esemplari. Una menzione particolare merita la celebrazione del Triduo pasquale della primavera scorsa nelle case, a causa della sospensione delle attività liturgiche nelle chiese. È stata un’esperienza che certamente non vogliamo ripetere, ma al contempo è stata un’occasione eccezionale, soprattutto in quei casi in cui le famiglie sono state aiutate a vivere tale gesti religiosi tra le mura domestiche. Ma anche le famiglie lontane dalla vita ecclesiale o non credenti non sono da meno: offrire ragioni di speranza, e motivi di responsabilità ai figli è certo un servizio essenziale al Vangelo della vita. Non dovremo dimenticare tutta questa ricca esperienza quando, finalmente, saremo liberi dalle costrizioni della pandemia.

Accanto a questa ricchezza non possiamo però dimenticare le molte fatiche cui le famiglie sono esposte in questo tempo così difficile. Il Covid-19 ha evidenziato e amplificato fragilità, limiti, gravi responsabilità sia dei singoli che della stessa società e delle stesse famiglie. La grave crisi economica generata dalla sospensione di molte attività a causa della pandemia, purtroppo solo in parte tamponata dagli interventi straordinari dei governi, di fatto si è riversata sulla famiglia che, ancora una volta, è il primo e più efficace ammortizzatore sociale, almeno quando dotati di mezzi economici sufficienti. In realtà la crisi economica generata dal Covid-19 ha effetti devastanti su quelle famiglie già segnate da condizioni di grave e media povertà, cui si aggiungono le molte famiglie che prima della pandemia vivevano appena sopra la soglia di povertà e che si sono trovate di colpo in una condizione grave e imprevista. I numeri offerti dalla FAO relativi all’aumento delle popolazioni segnate dalla fame sono a dir poco impressionanti.

Accanto alle fatiche economiche, non vanno poi dimenticate le molte povertà strutturali e relazionali, evidenziate dal Covid-19. Case fatiscenti, strutture sanitarie insufficienti, intere popolazioni, prive di connessioni o approvvigionamenti costanti, rendono insopportabile la vita di milioni di famiglie. Infine, e il racconto qui si fa più doloroso, non possiamo tacere l’impennarsi del numero delle violenze domestiche, soprattutto a danno delle donne, così come l’aumento delle gravidanze tra giovanissime e degli episodi di abbandono dei più anziani. Il Covid-19 ci sta ricordando che, purtroppo non raramente, le nostre famiglie possono essere dei veri e propri inferni di cui nessuno si prende cura.

Ciò che abbiamo imparato in famiglia, il vivere insieme le gioie e le fatiche della vita, è ancora una volta la via maestra con cui possiamo affrontare questo tempo la cui fine sembra ancora lontana. Certamente va colto nella sua forza di speranza l’esempio di molte famiglie che in questo tempo difficile si sono aiutate e sostenute reciprocamente. Così pure va sottolineato quanto sia preziosa l’esperienza delle comunità parrocchiali che hanno aiutato i quartieri ad essere più familiari, più solidali, più fraterni. Se una indicazione viene da questo tempo è quella di intensificare i rapporti tra le famiglie e la parrocchia perché assieme siano un segno della presenza di Dio nella società. Una presenza buona che aiuta la società stessa ad essere più fraterna. L’ultima enciclica di Papa Francesco, “Fratelli tutti” è una bussola anche per le famiglie perché compiano la loro missione – inserite nel tessuto della comunità parrocchiale – di testimoniare che nessuno è orfano e solo. Siamo invece “fratelli e sorelle tutti”.

Grazie per la vostra attenzione.

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