Introduzione all’Assemblea Ecclesiale

Introduzione all'Assemblea Diocesana

Un momento di grazia


Saluto con riconoscenza e con affetto il cardinale Camillo Ruini per aver accettato di venire tra noi a tenere la relazione di apertura alla nostra Assemblea Diocesana sull’ultima enciclica di Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia.

Il mio benvenuto va poi al metropolita della Moldavia, Daniel Ciobotea, della Chiesa Ortodossa Romena che torna nuovamente a visitarci. Dopo la sua ultima visita ha inviato a Terni un sacerdote romeno, p. Basilio, suo segretario, perché prendesse la cura pastorale degli ortodossi romeni presenti nella nostra Diocesi. E’ un segno bello di comunione tra le Chiese. Con lui saluto il ministro dei culti di Romania, il Signor Consantin Tanase, che è anche un noto teologo.
Un caro abbraccio va inoltre a Mons. Gualdrini che per tanti anni ha guidato questa nostra Chiesa diocesana. Prendo occasione per fargli gli auguri per il suo ottantesimo genetliaco. Ad multos annos! caro Mons. Gualdrini.

Saluto, inoltre, tutti voi, care sorelle e cari fratelli, che partecipate a questa importante Assemblea Diocesana d’inizio d’anno.
E’ un momento particolare di grazia perché, raccogliendoci, si realizza quel che Gesù ha detto: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Sì, il Signore sta in mezzo a noi. Questo sta a dire che c’è una grazia speciale nel ritrovarsi fisicamente assieme, nel sentirsi gli uni accanto agli altri. Chi non c’è, poveretto, si priva di questa grazia. Beati noi invece che siamo venuti, perché se ci lasciamo guidare dallo Spirito del Signore cresceremo nell’amore e nella comunione. C’è, insomma, una grazia in più nell’assemblea ecclesiale riunita. Sant’Agostino e Sant’Ambrogio sottolineavano, a tale proposito, la grandezza del mistero della comunità: mentre i cristiani, presi singolarmente, sono figli, quando si radunano nell’assemblea litugica diventano “Ecclesia-Mater”, hanno cioè una forza e una funzione nuova.

Sentiamo particolarmente attuali le parole di Paolo ai Corinzi: “Vi esorto ad essere unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensieri e di intenti” (1Cor 1,10).

Sì, dobbiamo crescere verso quella “perfetta unione di pensieri e di intenti” che l’apostolo auspica e per la quale il Signore ha dato tutto il suo sangue. Certo, l’unione perfetta è un punto di arrivo del nostro cammino. Ma tale convinzione non solo non rallenta il nostro passo, al contrario deve spingerci a proseguire con pazienza e con grande determinazione il nostro cammino diocesano. L’assemblea ecclesiale è tra i momenti più significativi della vita di una comunità cristiana. E’ un momento di grazia e di benedizione per l’intera Chiesa e per ciascuno di noi.


L’Eucarestia


Nel novembre del 2000 – era la mia prima assemblea con voi – ponemmo la nostra attenzione sulla centralità della Domenica nella vita della nostra Chiesa. Molti si domandarono il perché questa scelta. Vari furono i motivi. Certamente eravamo preoccupati della scarsa frequenza alla Messa domenicale nella nostra Diocesi, tra le più basse d’Italia. Nello stesso tempo però eravamo anche desiderosi che la partecipazione alla Santa Messa, da parte di coloro che frequentavano, fosse ancor più consapevole. Sapevamo poi, e lo sappiamo ancora, che la cultura dominante spinge a considerare la Domenica sempre più come il fine settimana, il week-end, che il Giorno del Signore, il giorno del riposo, il giorno della preghiera, della carità, della famiglia, insomma il giorno da dedicare a Dio. Tuttavia, il motivo determinante della scelta della Domenica come tema centrale della nostra attenzione, risiede nell’antica convinzione che “senza Domenica, i cristiani non possono vivere”. Dicevano così i martiri di Abitene uccisi nel 304 perché colpevoli di partecipare alla Messa della Domenica. Perché affrontare il martirio pur di partecipare alla Messa della Domenica? Perché è la Pasqua della settimana. E se al cristianesimo togliamo la Pasqua togliamo tutto.

Fummo confortati tre anni fa, quando scegliemmo di fermare la nostra attenzione sulla Domenica, dall’enciclica di Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte, che ripropose all’attenzione dell’intera Chiesa appunto la riscoperta della Domenica come la dimensione centrale della vita cristiana. E noi, obbedendo all’invito pressante del Papa, che ci ripeteva l’invito di Gesù a Pietro “Duc in altum!”, abbiamo “preso il largo” proprio dalla riscoperta della centralità della Domenica nella vita della Diocesi. Tutto nella nostra Diocesi abbiamo pensato e vissuto a partire dalla Domenica, decidendo di restare su questo tema per tutto il tempo necessario. Sentiamo ancora una volta le parole del Papa sulla centralità della scelta della Domenica: tra le attività pastorali “nessuna è tanto vitale o formativa della comunità quanto la celebrazione domenicale del giorno del Signore e della sua Eucaristia” (35).

E continuava sulla sua attualità: “Stiamo entrando in un millennio che si prefigura caratterizzato da un profondo intreccio di culture e di religioni anche nei paesi di antica cristianizzazione. In molte regioni i cristiani sono, o stanno diventando, un ‘piccolo gregge’. Ciò li pone di fronte alla sfida di testimoniare con maggior forza, spesso in condizione di solitudine e di difficoltà, gli aspetti specifici della propria identità. Il dovere della partecipazione eucaristica ogni domenica è uno di questi” (36). E aggiungeva: “L’Eucarestia domenicale, raccogliendo settimanalmente i cristiani come famiglia di Dio intorno alla mensa della Parola e del Pane di vita, è anche l’antidoto più naturale alla dispersione. Essa è il luogo privilegiato dove la comunione è costantemente annunciate e coltivata. Proprio attraverso la partecipazione eucaristica, il giorno del Signore diventa anche il giorno della Chiesa, che può svolgere così in modo efficace il suo ruolo di sacramento di unità” (36). Come vedete il Papa  presenta l’Eucarestia domenicale come l’antidoto più naturale alla dispersione che la società contemporanea vive in modo particolarmente drammatico. E per conseguenza è anche l’antidoto alla solitudine. Sarebbe utile esaminare il rapporto stretto, direi quasi diretto, tra l’Eucarestia e la città, tra Eucaristia e creato.

E noi, nel 2001, abbiamo scelto di fermare la nostra attenzione proprio sulla Celebrazione dell’Eucarestia, che della Domenica è il cuore. Non mi dilungo su questo. Basti ricordare che ne è scaturita la Lettera Pastorale: L’Eucarestia salva il mondo. Ricordate che presentai nell’Assemblea Diocesana un testo che fu consegnato a tutti i membri dei Consigli Pastorali parrocchiali perché fosse letto, approfondito e discusso. Raccolsi, quindi, le osservazioni e redassi il testo definitivo. La Lettera Pastorale, risultato anche di questo lavoro comune, è divenuta una sorta di Direttorio per le nostre comunità perché ridessero la centralità alla santa Liturgia nella vita comunitaria e personale. E sono stato lieto nell’ascoltare le osservazioni sulla missionarietà che il cardinale Ruini ha presentato lunedì scorso al Consiglio Permanente della CEI. Ci sentiamo confermati e incoraggiati nel ritenere la Liturgia Eucaristica come “fonte e culmine” non solo della vita spirituale ma anche della missionarietà della Chiesa.
Nel riflettere su questo tema abbiamo ripercorso il cammino della nostra diocesi a partire dal Concilio Vaticano II sino ad oggi ponendo l’attenzione particolarmente alla Liturgia. E abbiamo visto il cammino di grazia che è stato compiuto! La rilettura dei testi del Magistero ci ha aiutato a cogliere la profondità dei misteri che la Liturgia ci fa celebrare. E’ stato fruttuoso riprendere in mano la Costituzione sulla Liturgia del Vaticano II e la lettera di Giovanni Paolo II “Dies Domini”. Così pure abbiamo potuto gustare nuovamente la ricchezza dei testi della Conferenza Episcopale Italiana su Il Giorno del Signore e l’altro Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Sì, ci siamo interrogati sulla fedeltà alla lettera e allo spirito del Concilio e del Magistero seguente. Sono passate davanti ai nostri occhi le tappe del cammino fatto con Mons. Dal Prà e Mons. Loiali, con Mons. Quadri e Mons. Gualdrini. Abbiamo visto i cambiamenti, constatando anche la grande ricchezza di preghiera portata dall’applicazione del Concilio! E’ stata per noi una grande lezione, per continuare il cammino tracciato sulle linee segnate dalla tradizione viva della Chiesa. Ed è proprio questo radicamento nella tradizione che ci ha fatto intravedere il cammino che ci resta ancora da fare.

Lo scorso anno abbiamo affrontato il secondo capitolo della Lettera Pastorale, quello sui celebranti. Non mi dilungo su questo; ne abbiamo parlato a sufficienza. Ma è stato chiaro il principio da sempre presente nella coscienza della Chiesa. La Liturgia Eucaristica è la celebrazione di tutta la Chiesa. E anche quando a celebrare è il solo sacerdote, è il “Christus totus”, l’intero Corpo di Gesù, l’intera Chiesa, che offre a Dio il culto spirituale. Ciascuno, secondo il ministero affidatogli, è perciò un membro attivo della celebrazione di questo grande mistero d’amore. Del resto – e lo abbiamo ripetuto più volte – la Messa non è un rito a cui partecipare, ma un incontro da fare: l’incontro con il risorto.
Sì, la Santa Messa è il nostro incontro con Gesù risorto, è la nostra Emmaus. E dentro questa icona evangelica abbiamo cercato di pensare il modo di celebrare la Santa Messa. Nella Messa della Domenica deve ardere anche a noi il cuore nel petto, deve sgirgare anche dalle nostre labbra la preghiera dei due: “Resta con noi Signore”, e debbono anche a noi aprirsi gli occhi al momento dello spezzare il pane e riconoscere Gesù, nostro Salvatore. Ecco perché la celebrazione non può essere fredda e distaccata. E’ l’incontro con Gesù risorto!

Debbo dirvi, e lo faccio con gioia e riconoscenza, che le celebrazioni domenicali sono notevolmente cresciute in intensità e in partecipazione. E in non pochi casi anche nel numero dei partecipanti. Sono anche lieto che la Divina Liturgia sia celebrata a Terni anche dai fedeli della Chiesa Ortodossa Romena e dalle altre Chiese. Vorrei dire che così cresce il Paradiso tra noi. Come non renderne grazie al Signore? Ma con la stessa franchezza con cui gioiamo di questo, dobbiamo però dirci che c’è tanto resta ancora da fare, tanto da comprendere, tanto da vivere. Non possiamo smettere di chiederci: quanti non vengono ancora a Messa? Oppure: noi che frequentiamo, come partecipiamo? E se queste domande le decliniamo nel versante giovanile, un nodo di preoccupazione ci coglie: sono pochi, troppo pochi i giovani che partecipano alla Messa della Domenica. Ecco perché spesso li vediamo tristi e preda della banalità e anche della droga che sta allunga pericolosamente i suoi tentacoli anche nelle nostre città.

Care sorelle e cari fratelli, già solo questi brevi cenni ci fanno comprendere il perché non possiamo distaccarci dal tema della Domenica. Continueremo a porlo al centro della nostra attenzione. E’ ciò che di più santo e di più delicato noi abbiamo. Terminavo la Lettera Pastorale dicendo che l’Eucarestia è la “prima opera” della Chiesa. In certo senso è “l’unica”. Non abbiamo altro, perché dalla Liturgia Eucaristica, tutto scaturisce, sia nella vita spirituale che in quella pastorale. Un santo metropolita ortodosso scriveva che la Liturgia Eucaristica non è uno degli atti della Chiesa, è la Chiesa nel suo senso più pieno, è già la Chiesa entrata nel cielo. Ecco perché non mi stanco di ripetere che le nostre Messe domenicali dovrebbero essere un pezzo di paradiso in terra. Sì, almeno una volta a settimana, se siamo attenti, possiamo vivere il Paradiso.

Se questo è vero, come possiamo dimenticare l’urgenza di andare a Messa? Come non spingere tutti i battezzati a prendervi parte? Finché ne resterà anche uno solo fuori non potrò tacere e non possiamo stare in pace. E noi non dobbiamo considerarci solo gli invitati alla Messa; siamo anche come quei servi della parabola evangelica che il Signore manda a chiamare coloro che stanno fuori perché vengano al banchetto. “Spingeteli ad entrare”, continua a dirci il Signore, anche se siamo un po’ sordi a questa parola. E’ necessario porre tra le domande del nostro esame di coscienza anche questa: ho cercato di portare altri alla Messa la domenica? So che di fronte a questa mia insistenza qualcuno ripete che la Messa vale ugualmente anche se ci sono poche persone. Lo so bene! Come sappiamo tutti che in quel Venerdì Santo, sul calvario, anche se c’erano solo 5 persone, 4 donne e un giovane, la morte di Gesù è stata salvifica. Ma questo non toglie la tristezza che Gesù fu stato lasciato solo dai suoi discepoli, dai suoi amici più cari. Vogliamo continuare a lasciare solo Gesù, perché tanto la Messa vale lo stesso? L’Eucarestia della Domenica resta l’orizzonte prioritario di tutta la nostra azione pastorale. Dobbiamo ancora riflettere molto, e soprattutto vivere con cura la Messa della Domenica per accogliere tutta la ricchezza che essa sprigiona.


La Parola di Dio


Quest’anno l’Assemblea ha come titolo “L’Eucarestia e la Parola”. I due termini, che mettono in risalto le dimensioni della Santa Messa, sono al centro di questi due giorni. Domani, per parte mia, vi presenterò il tema della Parola di Dio nella vita del credente e della Chiesa, e vi consegnerò un testo che discuteremo nei consigli pastorali parrocchiali. E’ un approfondimento del capitolo III della Lettera Pastorale. Sento urgente che ciascun credente della Diocesi, come si ciba del pane della vita e del calice della salvezza, così ogni giorno si nutra del Vangelo. Negli anni scorsi vi ho consegnato ogni anno un Vangelo da me commentato. Quest’anno, all’inizio dell’anno liturgico, vi darò il Vangelo di Matteo, sempre commentato da me, perché sia il nutrimento quotidiano della vostra vita. Ho ricevuto incredibili testimonianze del beneficio che la lettura, personale o in famiglia, del Vangelo ha portato. Quest’anno ho l’ambizione di proporre a tutti, alle famiglie anzitutto, di imparare a pregare con il Vangelo. Sì, una sorta di preghiera quotidiana con il Vangelo, una “lectio divina” per le famiglie. Aggiungo a questo anche un piccolo commento ai Vangeli della Messa di ogni giorno, perché i sacerdoti che lo desiderano, dopo il vangelo, possano leggerlo. Insomma, non ci sia Messa senza un piccolo commneto che attualizzi il Vangelo nella nostra vita.
Del resto, il Papa, nella Esortazione Apostolica “Ecclesia in Europa”, esorta così: “Chiesa in Europa, entra nel nuovo millennio con il libro del Vangelo!” (65). Questa grido risuona in tutta la sua forza anche a Terni. Il Papa prosegue: “La Sacra Bibbia continui ad essere un tesoro: nello studio attento della Parola troveremo alimento e forza per svolgere ogni giorno la nostra missione” (65). Queste parole sono ben più che una semplice esortazione. Esse definiscono la missione della Chiesa. Il Papa continua: “Prendiamo nelle nostre mani questo Libro! Accettiamolo dal Signore che continuamente ce lo offre tramite la sua Chiesa (cfr Ap 10,8). Divoriamolo (cfr Ap 10,9), perché diventi vita della nostra vita. Gustiamolo fino in fondo: ci riserverà fatiche, ma ci darà gioia perché è dolce come il miele (cfr Ap 10. 9-10). Saremo ricolmi di speranza e capaci di comunicarla a ogni uomo e donna che incontriamo sul nostro cammino”(65).


Conclusione


Prima di addentrarci nell’approfondimento della centralità della Parola di Dio, vorrei però che comprendessimo il dono che Giovanni Paolo II ha fatto alla Chiesa con la nuova enciclica, Ecclesia de Eucharistia. E’ un testo pieno di dottrina spirituale e di sapienza pastorale. Ho chiesto al cardinale Ruini di commentarla per noi. Gli dico ancora una volta il mio grazie per aver accettato di venire, doppo una settimana come quella passato e quella che si sta per aprire. Credo che tutti comprendiamo il dono fattoci. Ed io gli sono particolaremnte grato. Quante cose potrei dire del mio cardinale! Dico “mio” per l’esaltante lavoro che ho avuto la fortuna di svolgere con lui a Roma sia nel Sinodo Diocesano che nella Missione cittadina… Penso alla consegna del Vangelo di Marco alle famiglie romane e ai Dialoghi in Cattedrale, per citare alcune iniziative che sono anche a voi familiari. Ma quel che mi salda a lui in modo unico è la consacrazione episcopale. E’ lui, per me, il legame con il colleggio apostolico. Ed è lui la catena ormai indistruttibile che mi rende partecipe della successione apostolica. Non so quanti di voi erano presenti nella cattedrale di san Giovanni in Laterano il 2 aprile del 2000. Per me resta un giorno ovviamente indimenticabile. E’ per questo che con gratitudine grande accolgo il cardinale Ruini in questa Chiesa nella quale lui, in certo modo, mi ha introdotto e gli dò la parola.