Ingresso ad Amelia

Ingresso ad Amelia

Carissimi sacerdoti, autorità, fratelli e sorelle,


 


alle porte della città mi sono state consegnate le chiavi. E’ un segno di accoglienza, unico e squisito. Grazie! Non si tratta ovviamente tanto delle chiavi che aprono le porte delle mura; sono le chiavi che aprono le porte del cuore di questa città, il cuore di Amelia, il cuore di ciascuno di voi. Volentieri e con grande gioia perciò entro nel vostro cuore. E così concludo in crescendo, posso dire, il mio ingresso nella Diocesi di Terni, Narni e Amelia. Vi confesso che avevo fretta di venire in mezzo a voi, di abbracciarci con tutto il mio cuore. E vi entro nella domenica che continua quella di Pasqua. Sì, anche oggi è Pasqua, come il Vangelo ci annuncia.


L’evangelista, infatti, inizia narrando l’apparizione di Gesù ai discepoli nel giorno di Pasqua. Essi se ne stavano nel cenacolo con le porte chiuse per paura. Voi a me le avete aperte. Mi avete anzi atteso non solo con le porte aperte, ma anche con le chiavi. Ed ha un senso. Io, infatti, vengo in mezzo a voi perché assieme apriamo le porte del nostro cuore al Signore. E le chiavi stanno a dire che là dove sono ancora chiuse, le porte si possono aprire. Il giorno del mio ingresso, sulla piazza del Duomo a Terni dicevo che assieme volevamo accogliere il Signore che entrava a Gerusalemme; ora dico qui a Amelia che assieme vogliamo spalancare al Signore le porte del nostro cuore. E le chiavi le abbiamo. Senza Gesù non possiamo vivere; senza di lui anche la vita qui ad Amelia ha poco senso. Senza l’annuncio della Pasqua, infatti, senza l’annuncio che l’amore è più forte dell’odio, che l’amicizia è più forte dell’indifferenza, che la solidarietà è più forte della solitudine, che la pace è più forte della guerra, che la vita è più forte della morte, inizieremmo malissimo questo nuovo millennio. Gesù è entrato in questo nuovo secolo mentre gli uomini sono come sbarrati dentro le proprie case, rinserrati dentro il proprio egoismo, fosse personale, familiare o di nazioni. Quante porte sono sbarrate, nel mondo! Fecero così anche i discepoli. Gesù aveva dato tutta la sua vita per loro, ed essi gli chiudevano le porte in faccia. E non è una scusante dire che non lo facevano apposta. Ci mancherebbe altro. Ma Gesù risorto, che li ama più di quanto essi stessi si amano, torna e vince la loro paura e compie il miracolo di entrare a porte chiuse. Sì, l’amore compie questi miracoli. Se uno ama davvero non ci sono porte che tengano. Il problema è che noi amiamo poco e quindi tutto resta chiuso come sempre. Ecco perché tanto spesso siamo soli e perciò tristi; quando non siamo in lotta tra noi. Gesù torna, torna anche qui ad Amelia e oggi dice a tutti noi: “Pace a voi!” Sì, la prima parola del risorto è “pace”. E quanto abbiamo bisogno di pace! Ne hanno bisogno i popoli che ancora sono oggi in guerra, i popoli che soffrono ancora per al fame e per la violenza, ma ne abbiamo bisogno noi qui ad Amelia, nelle nostre famiglie, nel cuore di ciascuno di noi. Abbiamo bisogno di pace!


Apriamo le porte del cuore al Vangelo e sentiremo parole di pace. Apriamo le porte del cuore al Vangelo e sentiremo Gesù risorto camminare con noi per le vie di Amelia, per le nostre strade. Egli è l’amico che continuerà a stare con loro. Manca Tommaso. E quando gli altri gli raccontano l’accaduto egli mostra tutto il suo scetticismo: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”. Tommaso, care sorelle e fratelli, sta dentro ciascuno di noi. Tommaso siamo noi quando ci sentiamo adulti smagati e per niente creduloni. Quando ci gloriamo di essere uomini e donne concreti che non si lasciano andare all’emozione o al sentimento. Tommaso non credette alle parole degli amici. Per lui la resurrezione di Gesù, annunciatagli con gioia dagli altri apostoli, è solo un discorso, una parola vuota, anche se bella. Ed egli risponde con il suo discorso, il suo credo: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”. E’ il credo di un uomo non cattivo; anzi, generoso. E’ il credo di tante persone, le quali più che razionaliste sono egocentriche, prigioniere di sé e delle proprie sensazioni. E’ il credo di chi pensa sia vero solo quello che tocca, anche se falso; o di chi crede sia falso quello che non riesce a toccare, sebbene sappia ch’è vero. E’, in verità, il “non credo” di un mondo di egocentrici, che facilmente diventa un mondo pigro, ingiusto e violento. L’egocentrismo porta sempre ad essere increduli, perché si resta sempre e comunque prigionieri delle proprie sensazioni, di quello che si vede e di ciò si tocca. Non si crede a null’altro.


Gesù accetta la sfida di Tommaso. La domenica dopo la Pasqua, come oggi, Gesù torna di nuovo tra i discepoli. Questa volta c’è anche Tommaso. E con lui ci siamo anche noi. Gesù entra, a porte chiuse, e subito invita Tommaso a toccare con le mani le sue ferite. Perché. Senza almeno vedere le ferite di Gesù non si capisce la resurrezione. E il corpo ferito di Gesù c’è ancora oggi. Gesù è ferito nei deboli, è ferito nei poveri, è ferito negli oppressi, è ferito ovunque c’è dolore, è ferito nei malati. Oggi, a tutti noi, Gesù dice come a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano e mettila nel mio costato”. Sì, care sorelle e fratelli, guardiamo le ferite di questo mondo, e stendiamo le nostre mani. Per questo anche oggi, prima di entrare nella concattedrale ho voluto visitare i malati, stare almeno un poco accanto a loro. Sena vedere il corpo ferito di Gesù non possiamo vedere la risurrezione.  


Gesù dice subito a Tommaso: “Non essere incredulo, ma credente!” Quando si toccano le ferite e quando si ascolta il Vangelo si aprono le porte dei cuori e quelle della mente. Sì, vengono scardinate le porte sbarrate dal nostro egoismo, viene bruciata la violenza cieca, viene vanificata l’indifferenza. Per questo, care sorelle e fratelli di Amelia, apriamo gli occhi ai più deboli, apriamo le porte al vangelo e anche Amelia si aprirà al Signore e vedremo risorgere attorno a noi l’amore, la pace e la concordia. Le chiavi che mi avete offerto sono il Vangelo e l’amore per i più deboli. Usiamole queste chiavi. Le porterò sempre con me. Queste sono le chiavi della vita, della vita mia, della vita vostra, della vita di Amelia.