Incontro giovani ad Assisi

Incontro giovani ad Assisi

“Beati gli afflitti perché saranno consolati!” Questa beatitudine evangelica è risuonata in questi giorni tra voi ad Assisi, ma oggi risuona soprattutto nel cielo. Sì, oggi, gli afflitti, ossia i defunti, sono consolati: essi sono davanti a Dio e vivono la pienezza della felicità. La Chiesa li pone oggi sono davanti a noi, assieme ai santi. Essi abitano su quel monte alto ove il Signore ha preparato un banchetto per tutti i popoli. E su quel monte, il velo “che copre la faccia”, ossia il velo dell’egocentrismo che fa ripiegare su se stessi, è stato strappato: i loro occhi contemplano il volto di Dio. Sì, nessuno di loro versa più lacrime di tristezza. E se nel cielo ci sono lacrime, sono lacrime di una dolce e tenera commozione. Essi sono tutti consolati, felici, beati!


Come si può intuire, la consolazione che Dio dona, non è una pacca sulla spalla e neppure una semplice parola buona detta in momenti difficili. No, la consolazione che Dio non è fatta di parole ma di realtà, di consolazione vera. Di questa consolazione abbiamo tutti bisogno, e ne ha soprattutto bisogno il mondo. Ne hanno bisogno quelle mamme che ieri hanno perso i figli piccoli schiacciati dalla scuola, l’edificio più recente costruito a San Giuliano di Puglia. Ne hanno bisogno i poveri che muoiono di fame in tanti paesi del mondo, ne hanno bisogno i malati di AIDS abbandonati a loro stessi, ne hanno bisogno i bambini palestinesi e i bambini israeliani vittime di giochi più grandi di loro, ne hanno bisogno gli anziani abbandonati nella loro solitudine, ne hanno bisogno milioni di giovani che si stordiscono pur di sopravvivere. E la lista è lunga, molto lunga.


Ebbene, com’è possibile che tutti costoro siano “beati”? Com’è possibile essere beati, quando si è nella povertà, nel pianto, quando non si ha da mangiare e da bere, quando vieni lasciato solo e abbandonato? Ma che Vangelo è questo? Che buona notizia è questa? Care sorelle e cari fratelli, i poveri non  sono beati perché sono poveri; e gli afflitti non sono consolati dalla loro afflizione. No, i poveri, i deboli, i malati, i perseguitati, sono beati perché Dio ha scelto di scendere dal cielo e di stare con loro. Lasciate che esageri: i poveri sono beati perché il Figlio ha scelto di “lasciare”, se così posso dire, la vita beata e felice della Trinità nel Paradiso per scendere e stare accanto a quella prostituta e aiutarla, per venire accanto a quel giovane straziato dallo spirito immondo e liberarlo, per stare accanto a quel ladrone, magari anche andando in croce, pur di salvarlo. Leggiamo il Vangelo e capiremo perché i poveri, i deboli, i lebbrosi, i malati, gli affamati, gli accattoni di amore e i cercatori di un senso per la vita, accorrevano a quel giovane profeta di Nazareth. Costoro erano beati, felici, perché finalmente avevano trovato uno che li amava e si interessava di loro.


Sì, cari amici, senza Gesù i poveri non sono beati, sono disperati. Saranno beati se saranno amati. Il Vangelo delle beatitudini, senza che sia messo in pratica, è morto. E se viene letto in Chiesa e non applicato è una terribile impostura. Ecco perché Gesù, dopo aver proclamato all’inizio della vita pubblica le beatitudini, che ieri abbiamo ascoltato nella liturgia dei santi, alla fine proclama il Vangelo della misericordia: “Avevo fame e mi avete dato da magiare!” Anzi, lo mette come regola di salvezza, come via della felicità. Sì, la via della felicità e della salvezza è dare un pezzo di pane a chi ha fame, dare un bicchiere d’acqua a chi ha sete, dare un vestito a chi è nudo, andare a trovare i carcerati, accogliere uno straniero. E l’amore è sempre grande, anche se si manifesta come un bicchiere d’acqua, come un pezzo di pane, come una visita, come una mano che stringe un’altra. L’amore è grande, è forte, è irresistibile perché è sempre una scintilla di Dio che infuoca la terra e che scalda i nostri cuori.


La consolazione, allora, non è una parola. La consolazione siamo noi che amiamo i deboli e che scegliamo di stare accanto ai poveri. E se il mondo oggi è triste e sconsolato è perché manca questo amore. E se noi siamo tristi e sconsolati è perché amiamo poco i deboli, è perché amiamo senza limiti noi stessi e a risparmio i poveri, è perché pensiamo troppo al nostro benessere e alla nostra tranquillità e poco al bene degli altri. San Francesco, non ha detto “pace e benessere”, ma “pace e bene”. Si, la pace è legata al bene dei deboli, al bene dei poveri, al bene del mondo. Purtroppo però noi tutti siamo così convinti che la felicità consista nella soddisfazione personale che facciamo ovviamente di tutto per soddisfarci. E se ci riuscissimo, andrebbe anche bene. Il problema è che viviamo in una continua illusione. I mass media ci convincono che la felicità sta nell’avere le “nike”? tutti corriamo a prenderle, ma la felicità non sta nelle “nike”. La felicità è la discoteca? tutti corriamo in discoteca, ma la felicità non la troviamo in discoteca, e allora “sballiamo” e ci ammaziamo. Cari amici, la felicità è nell’amare il Signore, è nel volersi bene davvero, è nel voler cambiare il mondo, è nel non rassegnarsi ad una vita triste, è nel volere la felicità di tutti.


Oggi ci viene messo davanti il paradiso. E ci vien detto che comincia qui, che è iniziato o continuato in questi giorni di incontro tra voi. Sì, il paradiso, come anche l’inferno, iniziano già sulla terra. E siamo noi a costruirli. I mattoni dell’egoismo e del risparmio costruiscono l’inferno. Pensate alla scuola crollata ieri a san Giuliano delle Puglie. Probabilmente è stata costruita a risparmio, per guadagnare di più. Cosa  importava a quel costruttore che non fosse pienamente stabile? A lui interessava guadagnare il più possibile. Ebbene, questa voglia di guadagnare per sé risparmiando per gli altri ha creato l’inferno. Quanti inferni noi creiamo ragionando come quel costruttore! No, non amiamo a risparmio, non pensiamo solo al nostro benessere. Noi siamo stati chiamati a costruire il Paradiso, ch’è una casa grande e larga quanto il mondo. Fu la prima cosa che Francesco capì. Si mise a mendicare pietre per ricostruire San Damiano. Le uniche pietre che resistono al terremoto di questo mondo sono i gesti di amore e di misericordia: è quel bicchiere d’acqua, quel pezzo di pane, quella visita a chi è malato o carcerato, quella parola piena d’amore detta a chi è triste, quella mano tesa a chi è nel bisogno, quel sorriso a chi ti sta accanto. Ai nostri occhi questi gesti sembrano piccoli e insignificanti; agli occhi di Dio sono eterni. Sono pietre indistruttibili. Il mondo ha bisogno di case salde nell’amore e nella misericordia. Cari amici, amiamoci gli uni gli altri, amiamo i poveri, e il Paradiso inizia già da Assisi. 


 



Preghiera del “dies irae” (traduzione adattata)



Giorno d’ira sarà quello: il fuoco distruggerà il mondo, la tromba suonerà dovunque e tutti saranno radunati attorno al trono. Il giudice verrà a giudicare con giustizia. Sarà aperto il libro dove tutto è scritto e ciò ch’è occulto sarà svelato; niente resterà segreto.


Misero peccatore che sono! Che dirò in quel giorno? A chi mi raccomanderò se appena il giusto sarà sicuro? O Re di tremenda maestà, che salvi gratuitamente gli eletti, salvami, tu che sei la fonte di ogni pietà.


Ricorda, Gesù buono, che io son la causa della tua venuta: non mi condannare in quel giorno. Ti sei affaticato a forza di cercarmi; per salvarmi hai accettato la croce; non sia vano tanto tuo dolore. Giusto giudice, donami la grazia del perdono prima del giudizio. Io arrossisco di vergogna per le mie colpe. O Dio perdonami, ti supplico.


Tu che assolvesti la Maddalena ed esaudisti il ladrone, dona anche a me la speranza. Le mie preghiere sono povere e poco degne. Ma tu, che sei buono e pietoso, salvami dalla dannazione eterna. Mettimi alla tua destra con le pecore e separami dai capri. Chiamami tra i benedetti e allontanami da chi è maledetto.


Ti prego, con il cuore prostrato e contrito come la cenere, abbi cura di me in quel giorno, o Signore. Fa che non sia giorno di lacrime e di rovina, ma giorno di conforto e di gioia piena. Fa che questa cenere che sono sia perdonata e trasformata come il corpo glorioso del tuo Figlio. Tu, o Signore, amico buono degli uomini, abbi pietà di me e salvami! Amen.