Funerale di don Giovanni Zanellato

Funerale di don Giovanni Zanellato

 


“Io, Giovanni, vostro fratello e vostro compagno nella tribolazione…rapito in estasi, nel giorno del Signore, udii dietro di me una voce potente che diceva: Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese”.


Caro Mons. Gualdrini, cari sacerdoti, care sorelle e cari fratelli,


con queste parole l’apostolo Giovanni, ormai alla fine della sua vita, inizia il libro dell’Apocalisse. Le ho scelte per questa santa celebrazione perché penso che potrebbe ripeterle oggi a tutti noi anche don Giovanni che, dell’apostolo che Gesù amava, porta non solo il nome ma anche la predilezione. Anche questo nostro fratello carissimo, come l’apostolo Giovanni, è stato rapito in estasi nel giorno del Signore, ossia in questo tempo di Pasqua in cui celebriamo la vittoria della vita sulla morte, la vittoria della luce sul buio della notte. Se c’è un tempo nel quale con maggiore evidenza vediamo che la morte non ha l’ultima parola sulla nostra vita è proprio questo tempo. E il Signore Gesù, come prolungando la tenera scena del cenacolo quando Giovanni posò la sua testa sul petto del Maestro, continua a carezzarlo e a proteggerlo dagli assalti del male che da tempo martoriava don Giovanni e che tentava in ogni modo di sottrarlo alla vita.


La sua morte, care sorelle e fratelli, è per noi una dolorosissima separazione, ma per lui è un’estasi, per lui è essere rapito nel cielo e poter finalmente contemplare il volto del suo Signore, di quel Gesù che egli ha amato e servito per tutta la vita. Abbiamo ascoltato le parole dell’Apocalisse, che potremmo applicare a don Giovanni e alla sua morte: “Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, mi disse: non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre”. Sì, queste parole dell’apostolo le può ripetere a noi dal cielo don Giovanni: “Io ero morto, ma ora vivo per sempre”. Il male, che da tempo lo teneva prigioniero, sembrava avesse vinto su questo nostro fratello, in verità il Signore Gesù è venuto ancora una volta sulle sponde della vita di don Giovanni e ancora una volta è stato lui a chiamarlo perché dove era Lui stesse anche questo suo discepolo. Non aveva del resto detto “Voglio che dove sono io siate anche voi”? E don Giovanni ha riconosciuto la voce del maestro, quella voce che tanti anni addietro, come abbiamo ascoltato dal Vangelo, lo aveva chiamato sulle rive del lago, quand’era ancora ragazzo a Padova. Fu allora che per la prima volta egli sentì la voce del maestro che lo chiamava: “Giovanni, seguimi, ti farò pescatore di uomini!” Lo ascoltò e, lasciate subito le sue reti e la sua vita di ragazzo spensierato, si mise a seguire Gesù. E da quel giorno ha sempre obbedito, sempre, ad ogni chiamata, soprattutto da quando quella chiamata si fece più robusta e più esaltante proprio qui a Terni quando venne ordinato sacerdote dal suo vescovo Mons. Dal Prà. E in questa diocesi ha servito il Signore in tutta umiltà ma con larghezza di cuore parroco a terni, a Piediluco, poi come rettore del seminario, e quindi il suo ministero lo ha portato a Collelicino, a Collescipoli, di nuovo a Narni e infine qui nella parrocchia di san Paolo divenuta crocevia di misericordia. Da quella prima chiamata in poi don Giovanni è divenuto davvero un “pescatore di uomini” nella nostra diocesi. L’ha percorsa a lungo e in ogni direzione, anche come Direttore della Commissione Missionaria Diocesana. Quante volte ha gettato le reti nel mare della vita per raccogliere chiunque avesse bisogno di aiuto e di conforto! Quante volte il suo cuore si è allargato, anche a dismisura, perché nessuno di coloro che gli erano stati affidati andasse perduto! Quante volte, anche se pochi lo sanno, ha dovuto lottare con il male e la cattiveria perché non sommergessero con le loro onde i suoi figli e le sue figlie! Quante volte ha rivolto la sua preghiera per voi, cari fedeli di San Pietro! Suo era l’anelito di Gesù che non aveva dove posare il capo; sua era la compassione di Gesù che si faceva tutto a tutti per non perdere nessuno. E questo sino alla fine della vita. Nel pomeriggio di martedì aveva terminato di preparare la celebrazione della prima comunione. “Voglio farla io, anche da seduto”, aveva detto alla fine. Poche ore dopo, don Giovanni ci ha lasciato. E’ una perdita incolmabile per la nostra diocesi. Lo ricordo con tenerezza incredibile il giorno del mio ingresso in diocesi, quando in carrozzella è voluto salire ugualmente in alto sull’altare per darmi il suo abbraccio di pace. E nella settimana successiva, sempre sulla sedia, ma con il cuore senza confini, non ha mancato di raccomandarmi di raccogliere aiuti per i sacerdoti dell’Eritrea. E l’ho fatto.


Caro don Giovanni non ci dimenticheremo di te, non ti dimenticheranno quelli che ti hanno conosciuto, quelli che hai amato, che hai custodito, quelli che hai fatto nascere alla fede con il battesimo, quelli che hai perdonato nel nome di Dio, quelli che hai nutrito con il pane eucaristico, quelli ai quali hai benedetto le nozze, quelli che hai consolato, quelli che hai aiutato. Tu oggi entri nel cielo. Questa santa liturgia è per te la porta del paradiso. Hai voluto che i paramenti della celebrazione fossero bianchi, quelli della festa. E hai chiesto che anche le campane suonassero a festa, come ad annunciare al cielo che tu stai arrivando. Sì, care sorelle e fratelli questa santa liturgia vuole come avvisare gli angeli e i santi del cielo perché si radunino su quella porta beata. E tu, caro don Giovanni, tra poco vedrai davanti a quella porta Gesù che ti apre le sue braccia, assieme a Maria, madre anche tua, eppoi si fanno largo tra la folla tua mamma e tuo papà che finalmente possono riabbracciarti e assieme a mons. Dal Prà ci sono tutti coloro che hai accompagnato al cielo, tutti i poveri e i malati che hai consolato lungo gli anni della tua vita. Sì, è una folla innumerevole che si accalca per salutarti, per toccarti, per esprimerti tutta la loro festa. Per noi è triste lasciarti, è duro dirti addio. Per loro e per te è una festa. Caro don Giovanni ricordati di noi dal cielo, di tua sorella Maria, che ti ha custodito con infinito affetto, di Giuseppe, l’amico che volevi accanto a te; ricordati di tutti noi sacerdoti della tua cara diocesi di Terni, Narni e Amelia, perché possiamo avere il cuore largo come il tuo; di questa tua parrocchia che hai amato senza risparmiarti, perché continui a tenere sempre aperta la porta del cuore; e ricordati in particolare dei bambini che faranno al loro prima comunione perché ti sentano accanto come un amico che non cesserà più di accompagnarli nella loro vita. Ricordati di noi; preparaci un posto accanto a te, perché di certo saremo vicini a Dio.


Care sorelle e fratelli, sta scritto nel prologo del quarto Vangelo: “Venne un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni”. Sì, è venuto in mezzo a noi un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni. Grazie Signore per questo dono, per averci inviato don Giovanni, testimone del tuo amore e della tua misericordia senza limiti. Possa egli vivere la felicità senza fine e possa dal cielo continuare a riempire la nostra vita della sua misericordia e del suo amore.