Festa della Donna
La giornata mondiale della donna mi spinge ad una seppur breve riflessione sulla questione femminile particolarmente all’interno della Chiesa. Non c’è dubbio che si tratta di uno di quei “segni dei tempi” che interpellano con maggiore urgenza e gravità la Chiesa, o meglio le Chiese cristiane. Il ritardo nella comprensione di tale questione ha spinto Giovanni Paolo II a chiedere perdono in un pubblico documento di qualche anno fa indirizzato alle donne: “Lettera alle donne”. Il Papa le presenta come “un segno della tenerezza di Dio verso il genere umano”, e non manca di spingere verso una rinnovata coscienza di questa dimensione essenziale alla Chiesa e al mondo. Non è inutile ricordare anche il significativo gesto di proclamare tre donne, Caterina da Siena, Brigida di Svezia, Edith Stein, patrone d’Europa in aggiunta ai tre protettori uomini, Benedetto, Cirillo e Metodio. Certo è che negli ultimi anni il dibattito si è fatto piuttosto acceso, e non sono mancate forti tensioni polemiche. Tutto ciò indica la centralità del tale nella riflessione teologica e soprattutto nella vita pastorale. La questione femminile, infatti, prima di fermarsi sugli aspetti funzionali (che spesso sono quelli più evidenti e più frequentati dalla pubblicistica) tocca il cuore della Chiesa nella sua essenza e nella sua fondamentale dimensione dell’evangelizzazione. Un bel volume del teologo ortodosso, Evdokimov, è significativamente intitolato “La donna e la salvezza del mondo”, quasi a voler sottolineare l’ampiezza della questione femminile. L’autore trae dalla Scrittura e dalla tradizione bimillenaria della Chiesa motivi per una sua rinnovata comprensione. Accenno solo a due piste di riflessione. Anzitutto il tema dell’uguaglianza tra l’uomo e la donna. In genere ci si ferma sul secondo racconto della creazione che narra della donna tratta da una costola di Adamo. Ma il primo racconto ha un tono un pò diverso. Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza…Dio creò l’uomo a sua immagine…maschio e femmina li creò” (Gn 1, 26-27). Sono appena due versetti; ma in essi è scolpita l’uguale dignità tra i due. Il testo fa dire a Dio: “facciamo l’uomo a nostra immagine”, e subito aggiunge: “maschio e femmina li creò”. Nel termine “uomo” sono contenuti sia il “maschio” che la “femmina”, affermando così l’originaria unità prima della distinzione. Questo passaggio verrà poi chiarito da Paolo quando afferma che in Cristo non c’è più né uomo né donna. Gesù, in effetti, con le sue parole e il suo atteggiamento con le donne non solo ha rivoluzionato le consuetudini dell’epoca, ma ha liberato radicalmente la donna da ogni inferiorità. Come si può arguire è un filone biblico piuttosto disatteso e che va invece recuperato in tutta la sua ricchezza e profondità. Altrettanto disattesa è stata la riflessione – ed entro nel secondo punto di riflessione – su quello che possiamo chiamare il principio della femminilità nella Chiesa. Esso si radica nel tema biblico di Dio, sposo del suo popolo, ove la Chiesa è sintetizzata al femminile. E Maria ne è l’immagine più chiara. In tale prospettiva von Balthasar parla di “principio mariano” nella Chiesa: la donna è custode della santità e della forza dello Spirito Santo. E il citato teologo ortodosso Evdokimov prosegue: proteggere il mondo degli uomini in quanto madre e salvarlo in quanto vergine, dando a questo mondo un’anima, la propria anima, è la vocazione della donna. Ed è in questo versante che, a mio avviso, sarebbe necessaria una rinnovata riflessione. In tale prospettiva mi pare suggestiva questa indicazione che viene dal Corano: “Il paradiso sta ai piedi della madre”. E Giraudoux, in “Sodoma e Gomorra”, a proposito di una ipotetica e infausta epoca in cui la donna non saprebbe più amare e non saprebbe più donarsi, afferma: “è la fine del mondo!”
Vincenzo Paglia
Dal “Corriere dell’Umbria” dell’8 marzo 2002