Domenica delle Palme 2002 a Narni

Domenica delle Palme 2002 a Narni


Care sorelle e cari fratelli,


con la processione dalla chiesa di Sant’Agostino fino in cattedrale, abbiamo voluto ripetere a Narni quel che accadde a Gerusalemme con Gesù. Quel giorno, attorniato dai discepoli, montò su un puledro d’asina ed entrò nella città santa. Vi entrava come mai aveva fatto prima: come re. Gesù ricordò ai discepoli le parole del profeta: “Ecco, il tuo re viene a te, seduto su un’asina”. La gente lo intuì e si mise a stendere i mantelli lungo la strada e con rami di ulivo lo salutava gridando: “Osanna”. Finalmente arrivava il Salvatore. Oggi abbiamo voluto ripetere anche a Narni quell’ingresso. Non è un rito esteriore e vuoto. Anche Narni può essere liberata dalla tristezza e dall’angoscia, dalla solitudine e dalla violenza solo da Gesù. E intendo i cuori di ciascun narnese, dei piccoli e dei grandi, dei giovani e degli anziani, di chi sta male e di chi sta bene. Solo Gesù può dare senso vero e profondo alla vita. Ecco perché anche visibilmente abbiamo voluto aprirgli le strade. Gesù non ha il volto di un potente, no, il suo volto è quello di un uomo mite ed umile di cuore. E tutti abbiamo bisogno di un volto così; di un volto che ci guardi con amore e che ci venga in aiuto con generosità.


Quell’uomo che è entrato e che abbiamo accolto, care sorelle e cari fratelli, ci ama a tal punto da non esitare ad andare incontro alla morte per salvarci, per starci vicino. Ed infatti proprio perché non vuole abbandonarci va a morire per noi. E’ il paradosso di questa domenica delle Palme che ci fa vivere assieme il trionfo di Gesù e subito anche la sua passione. Il Vangelo di Matteo ci ha fatto entrare con Gesù in Gerusalemme, e subito, quasi a mostrarci la brevità dello spazio che separa l’Osanna dal Crucifige, ci ha fatto uscire di nuovo dalla città per accompagnarci sino al Golgota. Questa volta non c’è stata nessuna fuga in Egitto, come all’inizio del Vangelo, ed “Erode”, non lo stesso dell’infanzia di Gesù ma un suo discendente, ha condotto in porto il disegno omicida che aveva sin dall’inizio del Vangelo. E dobbiamo dire con amarezza che ancora oggi entrano nelle case e nelle città gli uomini dei tanti “Erode” che continuano a uccidere vittime innocenti, e non penso solo al bambino di Cogne, ma anche al vescovo colombiano, Mons. Duarte, e ancora a Marco Biagi o a Luca il giovane poliziotto ucciso vicino Perugia, e a tanti altri che nelle numerose città del mondo vengono barbaramente uccisi. Le strade delle nostre città non debbono più vedere volti pieni di violenza che seminano odio e morte, abbiamo bisogno di uomini miti e buoni, appunto com’era Gesù, che aiutino a trasformare la vita, che operino per renderla più bella.


Ciascuno di noi è chiamato a diventare come Gesù, ad essere più mite, più attento, più generoso. Abbiamo ricevuto nelle mani un ramo di ulivo. E’ segno della nostra vicinanza a Gesù, segno della nostra prontezza ad accoglierlo. Fecero così anche gli abitanti di Gerusalemme. Ma bastarono pochi giorni e quegli ulivi, nell’orto, lo vedono prostrato a terra, sudare sangue per l’angoscia della morte. Quella notte restò solo. Anche i più amici lo abbandonarono. E tuttavia, per amore nostro, Gesù non fuggì, non si allontanò, subì la condanna, prese la croce e giunse sul Golgota ove fu crocifisso. La sua morte sembrò a tutti una sconfitta. Del resto come poteva essere diversamente? In realtà fu ed è una vittoria. Su quella croce vinceva l’amore. Sì l’egoismo veniva sconfitto e trionfava l’amore per gli altri. Per la prima volta la legge ferrea dell’amore per sé sopra ogni cosa veniva sconfitto: Gesù scelse di amarci sino alla fine, anche a costo della morte. Ecco chi è entrato oggi a Narni, e chi accompagniamo nei giorni che verranno. Secondo una bella tradizione, ognuno di noi porterà a casa il ramo di ulivo benedetto. E’ un piccolo segno di questo giorno santo, il giorno dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Questo ramo resterà nelle nostre case come segno visibile della pace che nasce dalla presenza del Signore nel proprio cuore. Ma ci ricorda anche il bisogno che Gesù ha della nostra compagnia, della nostra amicizia, del nostro affetto. Proprio sotto quei secolari ulivi nel Getsemani Gesù, preso dall’angoscia della morte, volle che i suoi, quelli più intimi sui quali forse poteva contare di più, gli stessero accanto. E quanto amare sono le parole rivolte a Pietro: “Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me?”(Mt 26, 40). Il ramo di ulivo sia segno del nostro impegno a stare accanto al Signore, soprattutto in questi giorni. E’ un modo bello per consolare un uomo che va a morire per tutti.