da “La voce”
L’anno liturgico sta per iniziare un tempo nuovo, l’Avvento, che non è scandito dai ritmi degli uomini ma da Dio. E mentre gli uomini in tante parti del mondo, come in Pakistan e in Iraq, vivono il dramma del terrorismo e di guerre che non sappiamo dove portano né quando finiranno, la Parola di Dio ci accompagna verso l’attesa della nascita del Signore con una visione di pace. E’ il sogno di un tempo nuovo, mentre poche sono le visoni sul mondo. Gli uomini e le donne sono presi da paura e da timore. Tutti ci sentiamo più insicuri, e per questo il rischio di rinchiudersi nel proprio piccolo mondo dove stare sicuri è sempre più evidente. L’Avvento viene a svegliarci dal sonno del realismo, della paura e dell’egocentrismo, e ci chiede di essere svegli e attenti, pronti all’ascolto del Signore, a sentire il grido dei poveri e dei deboli, a cogliere i segni che il Signore non manca di inviarci. Questo tempo è segnato dall’attesa del Signore. E’ vero che Gesù viene a noi in ogni tempo, anzi dimora con noi ogni giorno, come disse ai discepoli prima di salire al cielo, ma c’è una grazia particolare di questo periodo liturgico che risponde anche ad una grande domanda che sale dal mondo intero: il bisogno di salvezza, di pace, di incontro. Questo tempo ci aiuta a comprendere che Gesù è “colui che viene”, anzi sta ormai vicino.
Ed in effetti l’Avvento viene a dirci che prima di essere noi a muoverci verso Gesù, è lui che ci viene incontro; è lui che viene a porre la sua tenda in mezzo a noi. Il problema è che noi, immersi nelle nostre preoccupazioni, nel nostro egocentrismo o, come dicevano i santi padri, presi dalla filautìa, madre di tutti i peccati, non ce ne accorgiamo. Il Vangelo di Matteo è piuttosto chiaro sul modo in cui Gesù viene e sul perché gli uomini non se ne accorgono. Scrive l’evangelista: “Gesù disse ai suoi discepoli: Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche della venuta del Figlio dell’uomo”. È un monito grave e severo che ci fa pensare anche al modo egocentrico di vivere. Le parole di Gesù vogliono certamente stigmatizzare la decadenza morale di molti comportamenti, ma soprattutto richiamare tutti i credenti alla vigilanza operosa per il tempo nuovo che egli stesso sta per inaugurare. Certamente a forza di pensare a noi stessi ci appesantiamo, diveniamo insensibili. E non c’è dubbio che purtroppo ci troviamo di fronte ad un generale stravolgimento di valori, al rischio di un individualismo generalizzato, alla perdita della tensione universale. Sì, questo tempo di Avvento viene a dirci che c’è bisogno di ricentrare il nostro sguardo su Gesù perché si formi in noi un uomo nuovo.
La Parola di Dio in queste settimane che precedono il Natale ci sorprende nel richiamarci ad uno stile di vita attento e non distratto, ad un comportamento vigile che sa cogliere la volontà di Dio. Bisogna avere gli occhi limpidi, il cuore attento, le orecchie sensibili per cogliere i segni del suo passaggio. In tal senso il tempo di Avvento è tempo opportuno per “svegliarci dal sonno”. È a dire che in questo tempo di preparazione al Natale dobbiamo ascoltare con maggiore assiduità la Parola di Dio, dobbiamo avere una maggiore attenzione alla carità verso i poveri, dobbiamo essere più affabili con chi ci sta accanto: sono modi semplici ma concreti per restare “svegli” nell’attesa di Gesù.
da “La voce”