Commemorazione dei defunti
Care sorelle e cari fratelli,
è una significativa tradizione ritrovarsi assieme qui, nel cimitero della nostra città, per ricordare tutti i defunti. Oggi li vediamo tutti nel cielo. Questa celebrazione infatti ci apre uno spiraglio sulla vita dei nostri morti. Quante volte ci capita di chiederci dove sono i nostri cari, dove sono gli amici che ci hanno lasciato. Vogliamo saperlo perché il distacco ci pesa; perché la separazione è dolorosa. Ed è difficile rassegnarsi alla loro perdita. E abbiamo ragione. Come accettare la separazione da chi abbiamo amato? Come rassegnarsi a non vedere più, a non toccare più, a non parlare più con chi ci è stato caro, amico, confidente e di sostegno? Nessuno di noi vuole che il legame con loro termini. E’ questa una delle ragioni che ci porta qui al cimitero, una tradizione che a Terni è fortunatamente molto radicata. È bene che sia così!
Facciamo bene perciò a venire, a conservare questa tenera tradizione. C’è in essa questa verità profonda.
L’apostolo Paolo ci invita a guardare il nostro futuro, quello che Dio ha riservato ai suoi figli: “Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli… E se siamo figli siamo anche eredi”, scrive ai romani. E aggiunge: “lo ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi”. Oggi, questa santa liturgia, schiude ai nostri occhi uno spiraglio di questa “gloria futura”. Per noi che siamo qui, questa gloria dovrà venire; per i nostri cari morti è svelata. Essi abitano su quel monte alto ove il Signore ha preparato un banchetto per tutti i popoli. Il velo “che copre la faccia” e che non ci fa vedere il futuro, per loro è stato definitivamente strappato; i loro occhi contemplano il volto di Dio, nessuno di loro versa più lacrime di tristezza; e semmai ci sono lacrime nel cielo, sono lacrime di una dolce e tenera commozione senza fine. Oggi la Parola di Dio ci aiuta a vedere dove sono i nostri cari e dove noi andremo.
C’è una separazione tra loro e noi, ma anche una unione salda. Non è visibile agli occhi del corpo, ma non per questo è meno reale. Anzi, è ancor più profonda perche fondata sul mistero dell ‘ amore di Dio che tutti raccoglie e tutti sostiene. L’ amore che viviamo tra noi, che stringiamo con i nostri cari, l’amore che ci lega a chi vogliamo bene, l’amore che comunque si instaura tra le persone, non andrà perduto. Vorrei dire che è il modo per costruire il nostro futuro. L’ amore è la sostanza della vita perché tutto passa, anche la fede e la speranza. Solo l’amore resta.
E’ quanto il Signore Gesù ci dice nel brano evangelico che abbiamo ascoltato.
Sì, l’unica cosa che conta nella vita è l’amore; l’unica cosa che resta di tutto quel che abbiamo detto e fatto, pensato e programmato, è l’ amore. E l’ amore è sempre grande, anche quando si manifesta in gesti piccoli come dare un bicchiere d’acqua a chi ha sete, un pezzo di pane a chi ha fame, una visita a chi è solo, una parola di conforto a chi è malato o carcerato, una mano a chi non ce la fa. L’amore è davvero grande perché scende dentro e si radica nella vita. È forte perché è sempre una scintilla di Dio che salva la terra. Beati noi se seguiremo le parole Vangelo che abbiamo ascoltato. Ci sentiremo dire al termine dei nostri giorni: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo”, e la nostra gioia sarà piena. Questa pagina evangelica ci dice che la morte non riesce ad annullare i vincoli di amore, non distrugge i legami, non annulla i gesti di affetto, di aiuto, di bontà che ci siamo scambiati lungo la vita. Tutto questo è salvato. Se dovessimo chiederci cosa ci portiamo dopo la morte, la risposta è semplice, non le proprietà, non i soldi, non la carriera; solo l’amore, solo i gesti di amore che abbiamo fatto lungo il corso della nostra vita. Sì, care sorelle e fratelli, l’unica cosa che si salva dalla morte è l’amore; solo i gesti di amore resteranno per sempre. Ecco perché se vogliamo costruire davvero una città e una vita che siano belle per tutti dobbiamo amare.
Queste parole ce le sentiamo oggi dire di qui, dal nostro cimitero, che è come la sponda da cui partiamo per raggiungere l’altra riva. Di qui sono partiti tutti i nostri cari. Questo luogo è come il segno di quel legame che non termina con la morte. Sì, il cimitero ci ricorda che l’amore è più forte della morte. È un luogo santo e facciamo bene a curarlo. Per questo ho voluto che un sacerdote, oltre ad un diacono, si prendesse cura specificamente di questo chiesa perché la nostra preghiera è il modo per vivere più intensamente il nostro rapporto con i defunti. Sì, sia questa piccola chiesa un luogo di amore, di preghiera, di consolazione, di conforto. E ho chiesto a padre Mario di prendersi cura anche della piccola cappellina dell’obitorio dell’Ospedale di santa Maria perché il momento drammatico della morte sia almeno un poco consolato dai segni dell’amore e della preghiera.
DIES IRAE