Commemorazione defunti (2001)

Commemorazione defunti (2001)

“Care sorelle e cari fratelli, è una significativa tradizione ritrovarsi assieme qui, nel cimitero della nostra città, per ricordare tutti i defunti. Ricordiamo anche tutte le vittime della violenza di questi mesi, quelle delle torri di New York e quelle innocenti del centro Asia, come pure tutte quelle uccise dalle molteplici violenze che ancora insanguinano il pianeta. Li ricordiamo tutti, e li presentiamo al Signore perché li accolga in quella pace che gli uomini non hanno saputo dare. Da questo piccolo cimitero il nostro sguardo e la nostra preghiera si allargano al mondo intero come per raccogliere in un unico abbraccio d’amore coloro che sono stati violentemente strappati alla vita. Oggi li vediamo tutti nel cielo. Questa celebrazione è assieme la festa dei santi e quella dei morti. Sì, questa Messa ci apre uno spiraglio sulla vita dei nostri morti. Quante volte ci capita di chiederci dove sono i nostri cari defunti, dove sono gli amici che ci hanno lasciato. Vogliamo saperlo perché il distacco ci pesa; perché la separazione è dolorosa. Ed è difficile rassegnarsi alla loro perdita. E abbiamo ragione. Come accettare la separazione da chi abbiamo amato? Come rassegnarsi a non vedere più, a non toccare più, a non parlare più con chi ci è stato caro, amico, confidente, e di sostegno? Nessuno di noi vuole che il legame con loro termini. E’ questa una delle ragioni che ci porta qui al cimitero. E ho visto che a Terni questa usanza di visitare il cimitero è fortemente radicata. Ed è bene che sia così! Manifesta amore; un amore che vorrebbe cancellare la distanza che ci separa dai defunti, o comunque conservare oltre che memoria anche un legame fisico, concreto. L’antica chiesa chiamava il cimitero “dormitorio”, ossia un luogo ove i morti dormono in attesa del risveglio nel giorno della risurrezione. Facciamo bene perciò a venire qui; facciamo bene a conservare questa tenera tradizione, perché c’è in essa questa verità profonda. L’apostolo Paolo ci invita a guardare il futuro riservato ai figli di Dio: “Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli…E se siamo figli siamo anche eredi”, scrive ai romani. E aggiunge: “Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi”. Oggi, questa santa liturgia, schiude ai nostri occhi uno spiraglio di questa “gloria futura”. Per noi che siamo qui, questa gloria dovrà venire; per i nostri cari morti è svelata. Essi abitano su quel monte alto ove il Signore ha preparato un banchetto per tutti i popoli. Il velo “che copre la faccia” e che ci fa ripiegare su noi stessi, per loro è stato definitivamente strappato; i loro occhi contemplano il volto di Dio, nessuno di loro versa più lacrime di tristezza; semmai ci sono lacrime nel cielo, sono lacrime di una dolce e tenera commozione senza fine. Oggi ci sono dati come gli occhi del cuore per vedere dove i nostri cari sono e dove noi andremo. C’è una separazione tra loro e noi. Eppure c’è anche una unione salda. Non è visibile agli occhi del corpo, ma non per questo è meno reale. Anzi, è ancor più profonda perché non fondata sulle apparenze esteriori, tanto spesso ingannatrici, e tutti ne abbiamo triste esperienza: quante volte anche gli amici più cari ci lasciano soli con i nostri problemi? La comunione con i nostri defunti è fondata sul mistero dell’amore di Dio che tutti raccoglie e tutti sostiene. L’unione con i nostri defunti è fondata sulla Messa della Domenica, se così posso dire. E’ lì, infatti, che costruiamo tra tutti noi un legame indistruttibile. E il legame è l’amore del Signore. Questo amore è la sostanza della vita. Tutto passa, anche la fede e la speranza. Solo l’amore resta. E’ quanto il Signore Gesù ci dice nel brano evangelico che abbiamo ascoltato. Sì, l’unica cosa che conta nella vita è l’amore; l’unica cosa che resta di tutto quel che abbiamo detto e fatto, pensato e programmato, è l’amore. E l’amore è sempre grande; sebbene si manifesti in gesti piccoli come un bicchiere d’acqua, un pezzo di pane, una visita, una parola di conforto, una mano che stringe un’altra. L’amore è grande, è forte, è irresistibile perché è sempre una scintilla di Dio che infuoca e salva la terra. E beati noi se seguiremo le parole Vangelo che abbiamo ascoltato. Ci sentiremo dire al termine dei nostri giorni: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo”, e la nostra gioia sarà piena. Queste parole ce le sentiamo oggi dire di qui, dal nostro cimitero, che vorrei immaginare come la sponda da cui partiamo per raggiungere l’altra riva. Di qui sono partiti tutti i nostri cari. Questo cimitero è come il segno di un legame che resta e che ci unisce a loro. Sì, il cimitero ci ricorda che l’amore è più forte della morte. E’ vero, la morte è una separazione, ma non riesce ad annullare i nostri vincoli di amore, non distrugge i nostri legami, non annulla quei gesti di affetto, di aiuto, di bontà che ci siamo scambiati lungo la vita. Tutto questo è salvato. Cosa si salva di noi? Cosa ci porteremo? O anche, cosa si salva di Terni? Care sorelle e fratelli, l’unica cosa che si salva dalla morte è l’amore; solo i gesti di amore resteranno per sempre. Ecco perché se vogliamo costruire davvero una città e una vita che siano belle per tutti dobbiamo amare. Oggi è la festa di tutti i santi, è anche la festa di tutti defunti. Vorrei dire la festa dei defunti di Terni che si ritrovano in Paradiso. Sono raccolti, un po’ come in questo cimitero, tutti assieme, con San Valentino e gli altri: Dio li ricorda uno per uno, nome per nome. Essi, sono davanti al trono del Signore, e pregano per noi, pregano per questa nostra città, pregano per il mondo intero perché cessino le violenze e le guerre e possa venire presto la pace. Care sorelle e cari fratelli, questa visione di paradiso, ci consoli. La vera Terni non finisce qui. Di qui sale e continua in Paradiso. Ma noi dobbiamo iniziare a costruirla già da questa terra. E i mattoni di questa Terni del cielo, gli unici che resistono alla distruzione della morte, sono i gesti di amore e di misericordia: è quel bicchiere d’acqua, quel pezzo di pane, quella visita, quella parola buona, quella mano tesa, quel sorriso. Ai nostri occhi questi gesti sembrano possono sembrare insignificanti, ma agli occhi di Dio sono eterni. Sì, l’amore è sempre più forte della morte. Amiamoci gli uni gli altri e il Paradiso inizia già da questa terra. Preghiera del “dies irae” (traduzione adattata) Giorno d’ira sarà quello: il fuoco distruggerà il mondo, la tromba suonerà dovunque e tutti saranno radunati attorno al trono. Il giudice verrà a giudicare con giustizia. Sarà aperto il libro dove tutto è scritto e ciò ch’è occulto sarà svelato; niente resterà segreto. Misero peccatore che sono! Che dirò in quel giorno? A chi mi raccomanderò se appena il giusto sarà sicuro? O Re di tremenda maestà, che salvi gratuitamente gli eletti, salvami, tu che sei la fonte di ogni pietà. Ricorda, Gesù buono, che io son la causa della tua venuta: non mi condannare in quel giorno. Ti sei affaticato a forza di cercarmi; per salvarmi hai accettato la croce; non sia vano tanto tuo dolore. Giusto giudice, donami la grazia del perdono prima del giudizio. Io arrossisco di vergogna per le mie colpe. O Dio perdonami, ti supplico. Tu che assolvesti la Maddalena ed esaudisti il ladrone, dona anche a me la speranza. Le mie preghiere sono povere e poco degne. Ma tu, che sei buono e pietoso, salvami dalla dannazione eterna. Mettimi alla tua destra con le pecore e separami dai capri. Chiamami tra i benedetti e allontanami da chi è maledetto. Ti prego, con il cuore prostrato e contrito come la cenere, abbi cura di me in quel giorno, o Signore. Fa che non sia giorno di lacrime e di rovina, ma giorno di conforto e di gioia piena. Fa che questa cenere che sono sia perdonata e trasformata come il corpo glorioso del tuo Figlio. Tu, o Signore, amico buono degli uomini, abbi pietà di me e salvami!
Amen”.