Cellule staminali: tra scienza e bioetica

Intervento al convegno "Cellule staminali: tra scienza e bioetica" di Roma


La frontiera delle staminali è tra le più delicate, anche perché oltre all’etica coinvolge anche il mercato e la politica, la cultura e la scienza. E’ bene pertanto che il dibattito includa l’intera società. Si aggiunge alle nuove frontiere  che l’umanità deve affrontare all’inizio di questo millennio, come la frontiera ecologia e informatica. Non dobbiamo dimenticare che per la prima volta nella storia umana ci troviamo di fronte alla possibilità da parte dell’uomo di distruggere il pianeta e di creare la vita.


Il filosofo ebreo Hans Jonas, riferendosi alla questione ecologica, in un’intervista chiamata Sull’orlo dell’abisso, si chiedeva: “E giusta la strada che abbiamo raggiunto con questa combinazione di progresso tecnico-scientifico e aumento della libertà individuale?”. Jonas, di fronte al pericolo della distruzione dell’ambiente, propone la domanda della responsabilità collettiva per prevenire il pericolo del collasso ambientale e della distruzione stessa dell’umanità. In certo modo siamo tornati all’origine, alla prima pagina della Genesi, quando Dio diede all’uomo il compito di dominare il creato. Un dominio comunque che non avrebbe dovuto alterare l’ordine. E’ qui si gioca la nota questione dell’albero del bene e del male. E’ a dire che l’uomo non è il padrone né del creato né dell’ordine morale, mentre è invitato ad operare per uno sviluppo del creato nella sapiente armonia deposta nelle sue fibre e assieme interpretata dall’uomo che resta il suo vertice. L’alternazione di questa dialettica tra dominio e creatività si trasforma in un boomerang. Nella sostanza, allora come oggi, è in questione il senso del limite. Se non se ne ha coscienza, l’uomo, volendosi porre al posto di Dio, finisce per distruggere sé  stesso e gli altri. E non è Dio che caccia l’uomo, ma l’uomo che distrugge sé stesso e il creato.



Questo non vuol dire bloccare il corso della scienza, ma neppure la scienza deve essere distruttiva del creato. Oggi più di ieri siamo chiamati a comprendere che non tutto ciò che “si può” è lecito fare; Non tutto ciò che possiamo fare è secondo ragione. E non è la scienza a poterlo decidere. Un esempio: la scienza può produrre la bomba nucleare, ma non è certo un progresso della ragione. Necessariamente debbono entrare in gioco le dimensioni dell’etica, della politica, della filosofia, della religione.  Si richiede quindi un dialogo continuo e ravvicinato tra tutti, che mai può essere definitivamente  chiuso. E’ necesssario darsi regole che potranno essere ridiscusse, ma la loro assenza è pericolosissima. Se si lasciasse senza briglia la tecnica a cosa porterebbe la tecnologia genetica? E che dire  inoltre se si “selezionassero” i geni della felicità” o quelli della “grande ansia” per determinare la socialità della persone? E gli eventuali ‘brevetti’ sui geni? Un ristretto numero di multinazionali e di governi potrebbe riuscire ad ottenere il brevetto di tutti i 100.000 geni che compongono il corredo genetico della razza umana. Tutto ciò non è per eludere le questioni, al contrario, esse vanno poste sul tavolo evitando pericolosissime semplificazioni, così pure irrispettose accuse. Questo dibattito va fatto e con grande serietà, ma nello stesso tempo non si deve bloccare la ricerca nei campi concreti. In tale difficoltà vorrei accennare ad una iniziativa che sta sorgendo a Terni. La città, ossia le istituzioni amministrative, economiche e ecclesiali, coordinate dall’Istituto Superiore di Sanità, hanno dato vita ad un progetto di ricerca per le cellule staminali adulte. Abbiamo scelto di andare oltre le barriere ideologiche, superando, ad esempio, le vecchie e stantie polemiche sull’opposizione tra scienza e fede – e non è stato facile – per rispondere concretamente ai bisogni dei malati attraverso il progresso della scienza. Davanti ai nostri occhi vi erano le malattie terribili e devastanti per le quali, nemmeno nei paesi più evoluti esistono cure, sia pur palliative; le malattie neurologiche a base degenerativa, in cui il tessuto cerebrale degenera progressivamente ed inesorabilmente, le cui conseguenze sono terribili: la demenza nel morbo di Alzheimer, i movimenti spasmodici e incontrollabili nella corea di Huntington, la rigidità e i tremori incontrollabili nel morbo di Parkinson. E c’è anche di peggio, basti pensare alla sclerosi laterale amiotrofica, in cui progressivamente e dal basso verso l’alto, si perde il controllo dei propri muscoli e si diventa prigionieri, perfettamente coscienti e sani di mente (almeno finché si riesce a rimanerlo) del proprio corpo. Anche i muscoli respiratori si bloccano, ci si sente lentamente soffocare… Orrore puro, è l’unico modo di descrivere ciò.


Come non sentire il grido di questi malati e come non accogliere e difendere il diritto ad una cura o almeno a un tentativo di terapia? Nessuno credo possa dirsi contrario a che si faccia il massimo per fornire risposte alle richieste disperate dei pazienti. Ebbene, al di fuori di ogni polemica e approccio ideologico, a anche nella appurata assenza di tentativi realmente efficaci di risolvere questo problema (si sprecano tante parole sulla libertà di ricerca, fiumi di carta sul diritto dei malati, ma poi, nei fatti,non c’è nulla) abbiamo dato il via ad una iniziativa semplice che si ripromette in breve tempo (12-18 mesi) di avviare dei  protocolli di sperimentazione clinica sull’uomo, con la finalità di sviluppare, eventualmente, delle cure efficaci  nelle malattie neurologiche incurabili. Esistono già sperimentazioni di questo genere che si stanno avviando negli Stati Uniti che sfruttano la terapia mediata dall’utilizzo delle cellule staminali del cervello. Quello che serve ora, la cosa più urgente, è la possibilità di mettere a disposizione delle varie cliniche disposte a tentare nuovi approcci terapeutici sperimentali, cellule staminali del cervello umano che siano il più possibile pure, sicure e di comportamento prevedibile e riproducibile. E questo che ci siamo proposti di fare: creare una struttura di ricerca e di laboratorio, nonché di produzione di cellule, avanzatissima e in grado di generare cellule staminali cerebrali umane certificate per uso clinico secondo la normativa europea. Dalla fine di giugno prossimo entra in funzione una struttura di laboratori deputata all’isolamento, moltiplicazione caratterizzazione e bancaggio di cellule staminali del cervello umano. Le cellule verranno isolate da reperti autoptici derivati dal cervelli di feti deceduti spontaneamente e per cause puramente naturali, con una procedura del tutto analoga a quella della donazione di organi da cadavere e scevra da qualunque problema morale.



La morte di questi essere umani verrà nobilitata dalla speranza e dalla cura che la loro “donazione” potrà offrire. La banca delle cellule staminali cerebrali umane sarà già operativa sin dal suo avvio.  Vale a dire, le cellule staminali cerebrali umane verranno prodotte sin dal primo giorno di lavoro. I successivi 8-10 mesi vedranno anche lo sviluppo e l’affidamento dei protocolli di manipolazione delle cellule, in modo da mettere a punto procedure altamente standardizzate, affidabili e riproducibili, che verranno progressivamente validate e certificate dagli organi competenti. Nello stesso tempo, la struttura stessa del laboratorio verrà  ispezionata, modificata ed eventualmente, certificata come struttura atta ad operare in questo settore e a produrre cellule staminali cerebrali “clinical grade”, ossia utilizzabili immediatamente sui pazienti. Il completamento di questa impresa – come è facile immaginare – è fortemente condizionata dai fondi disponibili, ma può essere ottenuta in un anno al massimo dal giorno dell’inaugurazione.  Da quel momento sarà possibile avviare numerosi tipi di sperimentazione clinica, anche se l’obiettivo principale è quello del trapianto nei pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica inesorabilmente condannati a morte. Questo permetterà o almeno limitare i “viaggi della speranza” verso paesi come Cina o Russia, dove sperimentazioni di questo genere avvengono senza le dovute cautele e controlli, con costi esorbitanti e disagi terribili per i pazienti, i quali non hanno alcuna garanzia di serietà del trattamento ma si espongono a grossi rischi.


Con questa iniziativa a Terni pensiamo di avviare tentativi seri di cura e aprire una nuova strada per curare altre malattie terribili. Sono quattro anni che stiamo tentando di mettere in atto questo laboratorio: si sarebbe potuto fare già da tempo. La tecnologia esisteva ma il disinteresse nei confronti di iniziative come questa ha condannato e condanna tanti malati. E’ una piccola partenza, ma concreta. Essa supera le battaglie ideologiche che rischiano di lacerare senza poi risolvere i problemi reali. Abbiamo voluto evitare di incorrere nella triste accusa che l’antica città di Sagunto rivolgeva al governo centrale: “Dum Romae consulitur, Sagunto expugnatur”.