Veglia Pasquale

Omelia del vescovo per la Pasqua

“Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato”. E’


l’annuncio che i due angeli fecero alle donne giunte al sepolcro. Erano poche donne che avevano seguito Gesù sin dalla Galilea. Sono state con lui sin sotto la croce. Ed ora, dopo la sua morte, vogliono fare un ultimo atto di  ompassione verso il corpo senza vita del maestro. Non hanno ceduto alla paura, come i discepoli, i quali prima sono prontamente fuggiti e poi si sono ritirati nella sicurezza di luoghi appartati.


Loro, invece, povere e deboli donne, non possono separarsi da quel maestro che le ha capite e che le ha amate come nessun altro. Si sono lasciate travolgere dall’amore di Gesù e hanno appreso il linguaggio del cuore tipico del loro maestro. Non hanno seguito il freddo ed egocentrico ragionare dei discepoli che facilmente li allontana dal pensiero e dalla vita di Gesù. No, quelle donne si sono lasciate vincere dal linguaggio dell’amore, dal linguaggio della pietà che non le fa abbandonare il Signore neppure da morto. Mentre si recano al sepolcro portano con sé “gli aromi che avevano preparato”. E Maria di Magdala, andando verso il sepolcro, certamente ricorda la sera


di qualche giorno prima quando nella casa di Simone il lebbroso unse di unguento prezioso il capo di Gesù. Maria vuole ungere ancora il corpo del suo maestro. Il linguaggio dell’amore e della compassione che ha appreso da Gesù continua a spingerla verso di lui. C’è una continuità tra l’unguento di quella sera e quello per la sepoltura: è la pietà che espande il suo profumo e preannunciando la risurrezione.  


Care sorelle e cari fratelli, anche noi ci siamo uniti a quelle donne e abbiamo


seguito e continuiamo a seguire Gesù. Siamo venuti qui, in questi giorni, per stargli accanto, per apprendere da lui ad amare. Noi sappiamo amare così poco! Lasciamoci guidare dall’amore di quelle donne che si sono recate alla tomba di Gesù. La Pasqua inizia sempre davanti alla tomba di Gesù, davanti alle tombe degli uomini. Il problema per quelle donne era come togliere la pietra che chiudeva il sepolcro. Certo, pensavano che tutto ormai era terminato. Anche loro erano prese dalla rassegnazione che non fa sperare più nulla. E tutti siamo un po’ rassegnati. Rassegnati al male, alla guerra, alla violenza, all’ingiustizia. Del resto, le giustificazioni non mancano. Che si


può fare di fronte a quel che sta accadendo nel mondo? Che cosa posso fare io? La pace è irraggiungibile, e la guerra è una malattia necessaria. In verità la rassegnazione è come quella pietra che chiude il mondo in una tomba buia.


 


Ma i due angeli tornano per annunciare la Pasqua. E’ l’irruzione dell’amore di


Dio che non si è rassegnato ad un mondo buio e senza pace, ad un mondo in preda al male e privo di speranza. Sì, il nostro Dio non si è rassegnato. Egli ha tanto amato il mondo da mandare il suo stesso Figlio. E lo ha fatto perché spinto da un amore senza limiti. Scrive l’evangelista Giovanni che Gesù, “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Sì, Gesù ci ha amato sino all’estremo limite. Neppure la morte ha fermato il suo amore. Nel credo diciamo che Gesù è disceso negli inferi.


Cosa vuoi dire? Che Gesù neppure da morto è stato fermo: è infatti sceso a prendere con sé tutti coloro che erano morti. E Gesù continua ancora a scendere negli inferi di questo nostro mondo, continua a scendere nei luoghi dimenticati dagli uomini, là dove la vita è come sotto terra, là dove gli uomini e le donne sono schiacciati dal male, dalla guerra, dalla violenza, dall’ingiustizia, dalla fame, dalla solitudine, dalla dimenticanza, dall’attesa della condanna a morte. Gesù continua a scendere negli inferni di questo mondo per aiutare e salvare chiunque è schiacciato dal peso del male.


 


E questa notte vuole coinvolgere anche noi nel mistero della sua risurrezione.


Egli ci rigenera ad una vita nuova, appunto quella dell’amore, quella della pietà, quella della misericordia. Quanto è rara oggi la misericordia, quanto è rara la pietà, quanto è raro l’amore. Il Signore ci dona un cuore nuovo, una vita nuova. Gesù è risorto e ha vinto la morte. Sì, la morte non è più l’ultima parola sulla nostra vita. Le tombe non sono più chiuse per sempre. La risurrezione toglie la lastra pesante e fredda che schiaccia i cuori e la vita. La risurrezione da inizio ad un mondo nuovo.


Questi nostri fratelli e sorelle che vedete rivestiti di una veste bianca ci fanno vedere visibilmente quel che deve avvenire nel cuore di ciascuno di noi. L’apostolo Paolo dice: “Rivestitevi… di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza.. .al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione” (CI 3, 12). Loro ci ricordano come ci trasforma la grazia del Battesimo: siamo rigenerati ad una nuova vita, siamo resi cittadini di un nuovo mondo, con un cuore non più freddo e indifferente, ma più caldo e generoso. Noi non siamo più figli del buio e della tristezza, ma della risurrezione. E’ questo il senso della veste bianca, segno di quella intcriore che sempre dovremo portare.


 


L’annuncio della Pasqua non si ferma a quelle donne, non si chiude nelle mura


della nostra cattedrale, non riguarda solo noi, bensì il mondo intero. Quelle donne andarono ad annunciare ai discepoli che Gesù era risorto, che la vita aveva vinto la morte, che l’amore era più forte dell’odio. Anche noi dobbiamo andare ad annunciare che il Signore ha vinto la morte. Dobbiamo dirlo a Temi e ovunque andiamo. Quelle donne, ancora una volta, ci stanno dinnanzi indicandoci che l’amore è l’unica forza che salva, l’unica via della pace stabile. Seguiamole! Quelle donne, anche se piene di timore e di spavento, avevano compreso che Gesù non è morto per sempre e che sarebbe rimasto con loro. Dobbiamo dirlo anche noi: la morte non ha più potere sulla vita; le tombe di questo mondo non sono più chiuse per sempre! Il Signore è risorto.