Te Deum 2005
Gentili autorità cittadine, care sorelle e cari fratelli,
l’ultimo giorno dell’anno – come sapete – non è una festa particolare della Chiesa. Ma ha un senso profondo: quello del tempo che trascorre. E il tempo – lo sappiamo tutti – non è una dimensione secondaria della vita: è la vita. E, come la vita, il senso va colto, va compreso.
C’è chi dice che “il tempo è denaro”, ma è davvero una definizione parziale. Semmai dovremmo dire che il tempo è la vita. E, come la vita, potrebbe scorrere in maniera vuota. Il rischio che corriamo infatti è che le nostre giornate passino senza un senso, appunto, vuote di significato; magari sono anche piene di cose da fare, piene di impegni che magari non ci danno neppure tanta soddisfazione, e così il tempo diventa pesante, triste. Quante volte il tempo è difficile e alienante! Eppure è un dono di Dio. È come la vita. Ed è un dono che Dio dona a tutti, più o meno largamente. E si tratta di un mistero grande di fronte al quale dobbiamo stare attenti e rispettosi. Per questo la Chiesa da sempre difende il tempo come difende la vita.
Il tempo è così prezioso che anche Dio, potremmo dire, ha deciso di regalarselo. Sappiamo che Dio è eterno e senza tempo. Ma un giorno – permettetemi questo linguaggio simbolico – Dio si donò il tempo. Si fece questo dono quando decise di creare l’uomo e quindi la storia. Da quel momento Dio si è come mischiato con il tempo, con la nostra storia. E non se ne è mai allontanato. Sempre è stato accanto all’uomo perché la storia che viviamo crescesse sempre più nell’amore. Dio si è dato il tempo per amare l’uomo o, in altre parole. Dio ci ha creato per amarci e perché ci amassimo gli uni gli altri. Quindi il senso del tempo, il senso delle giornate, il senso della storia, è l’amore. Sì, l’amore è la sostanza del tempo; l’amore Io rende benedetto, l’amore è il senso dell’anno, l’amore è il senso della nostra stessa vita. E Dio ha continuato ad amare gli uomini per tutto il tempo della storia. Purtroppo è accaduto che gli uomini si sono allontanati da Dio, e ogni volta che lo hanno fatto il tempo si è fatto triste e violento. Ma Dio non ha diminuito il suo amore. Anzi è cresciuto in lui l’amore per noi. Lo intuiamo da quanto dice Paolo nella lettera ai Galati: “quando venne la pienezza del tempo mandò il suo Figlio per riscattare quelli che erano sotto la legge perché ricevessimo l’adozione a figli”. La pienezza del tempo è la pienezza dell’amore di Dio? E l’evangelista Giovanni
scrive: “Dio ha tanto amato il mondo da inviare il suo Figlio nel mondo perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”, ossia abiti la pienezza del tempo.
Care sorelle e cari fratelli, la nostra storia, questo nostro anno che è passato, è segnato da questo amore di Dio per noi. Sì, lo vogliamo ringraziare perché in questo anno ci ha donato sempre il suo Figlio, ci ha sempre rivolto la sua parola con il Vangelo, ci ha sempre accompagnato con la sua benedizione. E noi questa sera ci stringiamo ancora una volta attorno a quel Bambino di Betlemme, come fecero i pastori, perché in quel Bambino c’è il culmine dell’amore e del senso delle nostre giornate, del senso dell’anno. Noi siamo nati per stare accanto a quel Figlio, per poter amare con lui e come lui. Perché il tempo? Per stare accanto a Gesù. È quel che fecero i pastori. Giunti alla grotta – scrive Luca – si stupirono per quel che vedevano, ascoltarono quel che Maria disse loro del Bambino e, una volta partiti, parlavano di lui a tutti quelli che incontravano. Il tempo di quei pastori non era più quello scandito tristemente dalle notti buie della Palestina restando persone senza alcun peso.
Quell’incontro riscattò il lavoro e il tempo di quei pastori. Scoprendo quel Bambino, continuavano ad essere pastori, ma erano stati inseriti in una nuova storia, la storia dell’amore. Divennero i primi predicatori del Vangelo. Prima erano disprezzati da tutti, ora furono scelti per amare e comunicare l’amore. Ed ha ragione i cristiani che vennero dopo – ammirati dalla forza di quel Bambino – iniziarono a contare anche gli anni da quella nascita.
Il tempo aveva avuto il suo vero senso: quel Bambino da conoscere, da amare e da far conoscere.
Anche il tempo della nostra Diocesi scorre come quello dei pastori di allora. Anche noi, lo scorso anno, siamo come ripartiti da quella grotta e abbiamo cercato di conoscere, amare e far conoscere Gesù. Come sapete è stato importante la scelta fatta di porre al centro della nostra attenzione la Parola di Dio, appunto da conoscere e da far conoscere. E dobbiamo ringraziare il Signore che continua ad accompagnare e a benedire l’itinerario che la nostra Diocesi sta compiendo da qualche anno. Le diverse assemblee diocesane scandiscono questo impegno di amore. E quest’anno abbiamo voluto ricordare i quaranta anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II. Com’è cambiata la nostra Diocesi da allora! E mi piace ringraziare il Signore per i vescovi che dal Concilio hanno guidato questa diocesi. Grazia al Signore per aver dato a Terni un pastore come mons. Dal Prà, che ha avuto la grazia di partecipare alle sessioni conciliari con il compito di iniziare ad applicare il Concilio nella Diocesi. E grazie per mons. Quadri che ha dovuto irrobustire l’applicazione del Concilio e, infine, grazie per Mons. Gualdrini che per 19 anni ha visto la Diocesi percorrere in profondità il solco iniziato dai due predecessori. Ed io ringrazio il Signore per avermi mandato in questa Chiesa e per questi 6 anni di vita pastorale che sono stati per me affascinanti. Sono convinto che dobbiamo trovare il momento per una riflessione più organica sulla vita della Diocesi in rapporto al Concilio.
Lo stesso Papa Benedetto, che il Signore ha donato alla Chiesa proprio nel corso di questo anno, ha voluto sottolineare l’importanza del Concilio per la Chiesa, in continuità con la sua storia. Come dimenticare l’incontro che con lui abbiamo avuto nell’udienza di ottobre.
Era impressionato del numero e del calore con cui lo abbiamo circondato. Il Signore che lo ha scelto lo aiuterà nel suo compito di pastore e di guida del popolo di Dio in questo non facile momento della storia. E il nostro pensiero va anche a Giovanni Paolo II che ha amato e difeso questa nostra città. Ricordo personalmente l’incontro che ho avuto con lui sul letto del gemelli nell’ultimo mese della sua malattia. Non dimenticherò mai quegli occhi pieni di dolore e di affetto. È stato un papa indimenticabile e, unendoci a Papa Benedetto, anche noi continuiamo a vederlo affacciato dalla finestra del cielo che ci benedice. Come non riandare con la mente a due anni fa, quando vedendo gli operai delle acciaierie in piazza san Pietro, chiese che venissero rispettati i diritti dei lavoratori?
All’inizio di questo anno che sta per chiudersi ci siamo ritrovati con il problema della chiusura del Magnetico. È stato un passaggio difficile e doloroso, ma – ringraziando il Signore – abbiamo superato la crisi e speriamo che l’anno prossimo sia senza problemi. Nella Messa di Natale celebrata in fabbrica con i familiari degli operai abbiamo vissuto un momento di solidarietà bella che ha rafforzato i nostri cuori. E ho potuto vedere che in tutte le Chiese della Diocesi le celebrazioni del Natale sono state particolarmente affollate, più degli anni scorsi.
Penso sia un segno che tutti dobbiamo cogliere. Abbiamo bisogno di protezione, di amore, di sostegno, di speranza. Ed è in questo contesto che vedo con piacere abbellirsi le nostre Chiese, perché siano sempre più luoghi di preghiera e d’incontro con Dio. Dobbiamo ringraziare il Signore perché due nuove Chiese stanno sorgendo, a Borgo Bovio e a Campomicciolo. E sono lieto di accogliere il dono del Calice da parte dell’amministrazione comunale che consegnerò il giorno dell’Epifania alla comunità di Campomicciolo come augurio da parte di tutti noi.
Tante cose vorrei aggiungere per ringraziare il Signore. Mentre cresce la vita spirituale nella nostra diocesi, abbiamo però bisogno di un ulteriore slancio, di un ulteriore impegno da parte di tutti. Vorrei dire all’intera Diocesi che è venuto il tempo di alzare i nostri occhi sia verso il cielo che verso gli altri. Gesù, guardando i campi biondeggianti, disse ai discepoli: “Alzate i vostri occhi e osservate i campi che già biondeggiano per la mietitura”. C’è bisogno che ciascuno diventi operaio o, se volete, come quei pastori: contemplare e comunicare l’amore. Ed è bello vedere che nella Diocesi è cresciuto l’impegno per aiutare i poveri e i paesi poveri. Ad Amelia è stata attivata una piccola mensa ed è cresciuto molto l’aiuto ai paesi poveri: dal Congo al Kossovo, dall’Albania al Perù, dal Mozambico al Guatemala, dall’India all’Angola. È segno di quella vitalità che abbiamo visto nascere attorno alla grotta. Care sorelle e cari fratelli, rendiamo grazie a Dio per questo anno, rendiamo grazie a lui per averci dato questa diocesi e chiediamo a lui di donarci la sapienza e l’audacia per l’anno che viene: i campi già biondeggiano per la mietitura. Il Signore ci dia la sapienza e la forza di essere operai della sua vigna.