Settimana Santa

I giorni della Pasqua, sin dalle origini, sono stati al centro della memoria cristiana, al punto da organizzare attorno ad essi tutto il calendario liturgico. Erano i giorni decisivi per la vita dei cristiani ed anche emblematici sul piano umano. In seguito, l’intera settimana verrà chiamata “santa”. In questi sette giorni succede tutto: la folla grida “Osanna” a Gesù che entra nella Domenica delle Palme, passano cinque giorni e non esita a urlare “Sia crocifisso!”; ci sono amici che si dichiarano pronti a morire per Lui, ma non aspettano un momento per fuggire o per rinnegarlo spergiurando di non averlo mai conosciuto; l’uomo fidato che tiene la cassa lo vende per trenta denari eppure è chiamato “amico” appena lo bacia per tradirlo; la magistratura ne riconosce l’innocenza ma lo affida ugualmente agli ingiusti accusatori; un giusto – scrivono i Vangeli che “ha fatto bene ogni cosa” – viene condannato e un malfattore liberato. E’ davvero una settimana singolare per i tanti eventi, e comunque sono giorni di passione per quel poveruomo di Nazareth. Una passione che in verità era iniziata fin dalla sua nascita quando non trovò posto a Betlemme. Ora, nella capitale, non trovava posto neppure per morire. La drammaticità dei contrasti che segnano questa settimana la rendono diversa dalle altre, “santa”, appunto. E’ bene viverla avendo gli occhi fissi su Gesù. Dopo l’ingresso nella Città santa, Gesù inizia gli ultimi tre giorni con una cena. Si mette a tavola con i discepoli e ad un certo punto si alza per lavare loro i piedi: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve”. Non ha le vesti di un eroe, ma solo un asciugamano. Anche noi possiamo imitarlo. Poco dopo, nell’orto degli ulivi, si prostra a terra angosciato. Cerca conforto e non lo trova. I tre amici più vicini – dimostrando di non essere poi tanto amici – si addormentano e lo lasciano solo. Il giorno dopo, il venerdì pomeriggio, mentre sta inchiodato sulla croce si sente rivolgere da tutti lo stesso ritornello: “Salva te stesso! E ti crederemo”, oppure: “Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso?” Parole beffarde. Sono l’antivangelo. Gesù infatti diceva il contrario: sono venuto per servire, non per essere servito, per salvare gli altri non per salvare me stesso. Mentre tutti – anche noi – cercano di salvare se stessi, il Vangelo ci presenta Gesù che salva gli altri, che guarisce malati, che dà il pane agli affamati, che ridà la vista ai ciechi, che soccorre i bisognosi, che offre amicizia a chi è solo e perdono a chi lo chiede. Insomma, non si è risparmiato in nulla; come del resto aveva detto: non c’è amore più grande di colui che dona la propria vita per i suoi amici. Nella Settimana Santa queste parole diventano vere fino in fondo, sino all’ultimo respiro, quando arriva la Pasqua: Gesù “passa” (Pasqua vuol dire “passaggio”) dal buio della morte alla luce dell’amore senza limiti. La logica dell’amore per sé è sconfitta definitivamente dall’amore per gli altri, per noi. La Settimana santa è la nuova creazione. In essa è racchiusa la vita nuova di ogni credente, anzi la stessa storia del mondo.